Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2861 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 2861 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) PISTILLO ROSA N. IL 29/10/1963
avverso l’ordinanza n. 647/2012 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
18/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Eta,–Loz -7.- Cesa ■A

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Data Udienza: 11/12/2012

ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 18.5.2012 il Tribunale di Bari, investito ai sensi dell’art.

309 cod.proc.pen., rigettava l’istanza di riesame proposta da PISTILLO Rosa Filomena
avverso l’ordinanza di misura della custodia cautelare in carcere emessa dal gip
Tribunale di Bari in data 2.5.2012 per i reati di cui agli artt. 73 e 74 dpr 309/90,
essendo stata ritenuta promotrice ed organizzatrice della compagine criminosa
di Andria. L’esistenza dell’associazione veniva desunta dagli inquirenti non solo dai
contributi informativi di due collaboratori di giustizia già facenti parte del clan Pistillo
(clan dapprima operante in collaborazione con il gruppo Pesce e poi in
contrapposizione), Di Ceglia Giuseppe e Di Ceglia Lorenzo, ma anche e soprattutto
all’esito di attività investigativa con controlli sul territorio attraverso l’identificazione
dei luoghi di deposito dello stupefacente e gli atti di perquisizione che avevano
portato al sequestro di numerose armi. Si accertava che sulla piazza di Andria
veniva svolta un’intensa attività di commercio dello stupefacente attraverso il
coinvolgimento di più soggetti con svariati ruoli. Tale realtà veniva ritenuta
significativa di una organizzazione di uomini e mezzi, destinata stabilmente alla
diffusione della sostanza stupefacente , facente capo a PESCE Luigi ed ai suoi figli e
che parallelamente operava altra associazione stabilmente organizzata per la gestione
del traffico di stupefacente di ogni tipo, facente capo al gruppo PISTILLO, che si
approvvigionava tramite fornitori albanesi a cui aderirono Di Ceglia Giuseppe e
Lorenzo, entrata successivamente in fibrillazione con il sodalizio dei Pesce dando
luogo ad un’escalation di violenza. In particolare Di Ceglia Giuseppe, cugino della
Pistillo, aveva riferito che l’indagata era colei che riceveva gli incassi del traffico ( lo
stesso Di Ceglia ebbe a consegnare i proventi alla medesima), che custodiva il denaro
e che provvedeva alla ripartizione degli utili ; non solo, ma la stessa annotava debiti,
crediti, forniture, proventi , in tandem con il Di Ceglia stesso, onde avere una doppia
contabilità. Di Ceglia Lorenzo, a sua volta, aveva riferito di aver visto il fratello
consegnare il denaro provento dello spaccio all’indagata.
Il Tribunale a quo evidenziava come proprio grazie alle indicazioni di Di Ceglia
Giuseppe era stato individuato, il 2.9.2011, un deposito di armi dell’associazione; non
solo, ma il giorno successivo, era stato anche trovato altro deposito in cui vennero
rinvenuti due chili di eroina, 500 grammi di cocaina e due chili di hashish , oltre a
bilancini e fogli manoscritti con appunti. Ancora, sempre alla luce delle indicazioni dei
collaboratori, presso l’abitazione dell’indagata veniva individuato il nascondiglio
indicato dai collaboratori stessi, situato nel vano cucina dell’ abitazione dell’indagata ,
in un’intercapedine, dove la stessa avrebbe occultato il denaro provento dell’illecito
commercio.
t,

facente capo alla famiglia Pistillo, operante sul mercato degli stupefacenti della piazza

Secondo il Tribunale sussistevano anche le esigenze cautelari, atteso che la
stabile rete di contatti, la continuità del traffico illecito, la realizzazione delle attività
delittuose in un contesto di tipo organizzato accentuavano i profili del disvalore e
della gravità della condotta, laddove i lauti guadagni realizzati dimostravano
l’intensità dell’attività delittuosa e il concreto rischio di continuità. Veniva evidenziato
che, seppure la Pistillo fosse incensurata, la sua condotta all’interno del gruppo con
connotazione di vertice faceva apprezzare un’elevata pericolosità sociale, tale da
presumibile ripresa in contesti meno restrittivi dell’illecita condotta.
2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa

dell’indagata per dedurre:
2.1 violazione degli artt. 273 c. 1 e 1 bis , 292 n. 2 lett. c), 192 c. 1 e 2, 195
cod.proc.pen., nonché dell’art. 74 c. 1 e 2 dpr 309/90: la difesa fa rilevare come le
dichiarazioni di Di Ceglia Lorenzo siano state valutate del tutto marginali, essendo
stato estraneo alla compagine; ragione per cui il suo assunto di aver visto il fratello
intraneo consegnare denaro alla Pistillo manifesterebbe un tentativo scoperto di
precostituzione artificiosa del riscontro di tipo circolare. La scansione valutativa in
sede cautelare doveva essere modulata secondo il criterio dell’art. 192 c. i e 2
cod.proc.pen., cosicchè una volta sottratta la dichiarazione del Lorenzo, poiché priva
di consistenza probatoria, nessuna delle circostanze e condotte materiali attribuite
alla PISTILLO ad opera di Di Ceglia Giuseppe avrebbero trovato conferma nello
sviluppo delle attività di verifica investigativa, non essendo stata rinvenuta presso di
lei la contabilità , il denaro , ovvero altra documentazione quanto alla ripartizione dei
dividendi. Nessuna valenza andrebbe attribuita alla rinvenuta intercapedine, atteso
che lo stesso Tribunale ha dovuto ammettere che si trattava di un sito molto modesto
ricavato per posizionare un elemento di un mobile e che quindi non venne costruito
ad hoc, oltre alla circostanza che il limitato spessore non avrebbe consentito il
collocamento di molte banconote.
La presenza dell’intercapedine dunque non potrebbe costituire riscontro
individualizzante in ordine alla condotta fattuale attribuita alla ricorrente, laddove la
conoscenza del dislivello tra parete di appoggio ed elemento pensile era il risultato
della frequentazione da parte del Di Ceglia dell’abitazione della Pistillo. Mancherebbe
quindi nel tracciato motivazionale un esplicito riferimento alla configurabilità in
concreto di una condotta di partecipazione qualificata al sodalizio ad opera della
ricorrente.
2.2 violazione degli artt. 274, 275 c. 3 cod.proc.pen., 133 cod.pen: sarebbe stato
del tutto svalutato il dato di personalità della Pistillo, soggetto incensurato; era certo
che la ricorrente non intratteneva contatti con fornitori e non era coinvolta nell’attività
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poter essere affrontata solo con la misura di maggiore rigore considerata la

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di traffico, con il che una volta disintegrata e smantellata la rete di acquisizione/
distribuzione della compagine verrebbe meno qualsiasi possibilità autonoma di
prosecuzione dell’attività illecita da parte dell’indagata. Dal 3.9.2011, data di
applicazione della misura, non vi sarebbe traccia di riacutizzazione o recrudescenza
del fenomeno , ricollegabile a soggetti comunque legati alla Pistillo, tanto più a fronte
della defezione dei due fratelli Di Ceglia, che avrebbero sottratto all’originaria

Considerato In diritto
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Sulla solidità del compendio indiziario, il Tribunale ha correttamente motivato
quanto alla sussistenza del sodalizio finalizzato al commercio di stupefacente e
quanto alla presenza in seno allo stesso della prevenuta, con ruolo di promotrice ed
organizzatrice, valorizzando i contributi informativi di Di Ceglia Giuseppe, già
associato al gruppo malavitoso e legato alla Pistillo da vincoli di parentela ( essendone
cugino), dunque titolare di un patrimonio di conoscenza diretta sui fatti, tanto che
sulla base proprio delle sue propalazioni vennero rinvenuti i depositi di armi e di
stupefacente del gruppo, nonché quelli di De Ceglia Lorenzo, i quali autonomamente
hanno rappresentato come la donna, pur non operando il commercio dello
stupefacente, sovrintendesse agli affari dell’organizzazione, nel senso che riceveva i
proventi dell’illecita attività e teneva la contabilità dell’illecito commercio: Di Ceglia
Giuseppe dichiarava di aver sistematicamente consegnato i proventi alla donna, che a
sua volta divideva gli utili tra i compartecipi, tenendo la contabilità unitamente a lui Di
Ceglia, onde poter disporre di un riscontro. A sua volta il Lorenzo, che partecipava
all’attività delittuosa di diffusione dello stupefacente, assumeva di aver consegnato il
denaro al congiunto che lo riponeva nelle mani della Pistillo. La dissonanza
evidenziata dalla difesa tra le dichiarazioni dei due non è affatto apprezzabile, poiché
se è vero che Lorenzo disse che la Pistillo si recava dal Giuseppe a prelevare il denaro,
quest’ultimo rappresentò che l’indagata riceveva dalle sue mani i proventi illeciti,
senza escludere che la donna sia passata direttamente presso la sua abitazione.
A corroborare la rappresentazione dei due collaboratori di giustizia concorre
sicuramente il dato che su indicazioni di Di Ceglia Giuseppe venne rinvenuto nel vano
cucina della abitazione della menzionata l’intercapedine descritta come luogo di
occultamento del denaro che, al di là della necessità che fu all’origine della sua
creazione , ben poteva costituire una fessura di sicuro occultamente dove potevano
essere infilate delle banconote; il profilo di sicuro rilievo sta nel fatto che non si
vede per quale alternativa ragione il Di Ceglia potesse essere a conoscenza di questo
nascondiglio esistente nell’appartamento dell’indagata, viste le ridotte dimensioni e

compagine le fonti di approvvigionamento.

soprattutto la sua ubicazione nascosta da un pensile. Il fatto che sia mancata
l’acquisizione ad opera degli investigatori della contabilità non può essere preso a
dimostrazione dell’Inaffidabilità del compendio, avendo il tribunale offerto una
plausibile ragione della prevedibile sparizione della stessa, in concomitanza con il
sequestro delle armi e dello stupefacente, operato -vale la pena di ricordare- sulla
base delle puntuali indicazioni di Giuseppe Di Ceglia.
Il processo inferenziale seguito dal Tribunale è corretto, essendo stato desunto
rappresentativa, rivelatisi allo stato affidabili, e da dati di natura obiettiva,
confermativi dei contributi acquisiti. La valutazione che deve essere operata in sede
cautelare verte sul grado di inferenza degli indizi e quindi sull’attitudine più o meno
dimostrativa degli stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza, anche se
non di certezza, di talchè deve concludersi che la motivazione dell’ordinanza
impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, vaglio che deve
arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai
parametri normativi di riferimento quanto all’apprezzamento del compendio indiziario.
Sulle esigenze cautelari, la valutazione operata dal tribunale, pur a fronte di
un dato di incensuratezza, deve essere ritenuta legittima, essendo stato dato conto
del ruolo centrale rivestito dalla Pistillo in ambito associativo, nonché dei profili
particolarmente allarmanti che impongono una valutazione di elevata pericolosità
sociale, pur a dispetto della mancanza di iscrizioni sul certificato penale (gravità dei
fatti desunta dall’intensità del dolo, dall’estensione temporale della condotta, dalla
continuatività dell’azione illecita, tale da consentire lauti guadagni, dal carattere
altamente professionale del traffico gestito). Considerando proprio il profilo del
carattere professionale dell’attività svolta è stato corretto ipotizzare, come ha fatto il
Tribunale, un elevato rischio di ripresa di collegamenti e contatti tali da consentire la
prosecuzione anche in tono minore dell’illecita attività che costituisce fonte di reddito
della famiglia e degli accoliti.
Al rigetto del ricorso deve seguire la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali. A cura della cancelleria deve essere trasmessa copia del
provvedimento al Direttore dell’istituto penitenziario , ai sensi dell’art. 94 c. i ter,,
disposiz. att. cod.proc.pen.
p.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

il coinvolgimento della Pistillo da un compendio rappresentato da elementi di natura

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario , ai sensi dell’art. 94 c. 1 ter , disposiz. att.
cod.proc.pen.

Così deciso in Roma, il giorno 11.12.2012

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