Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28607 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28607 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANEPINTO MARCELLO N. IL 05/07/1975
avverso l’ordinanza n. 85/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del
14/10/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH;
lette/sen e le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 07/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 14 ottobre 2015, la Corte d’appello di Palermo
rigettava la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata
nell’interesse di Marcello Panepinto in relazione alla custodia cautelare in carcere
a lui applicata in relazione a delitti di associazione a delinquere di stampo
mafioso e di estorsione aggravata dall’art. 7, D.L. n. 152/1991.
La misura suddetta era stata applicata al Panepinto, in un primo tempo,

Tribunale del Riesame di Palermo quanto al delitto di estorsione aggravata; per
revoca da parte del Tribunale di Sciacca quanto al delitto associativo); in un
secondo tempo, a seguito di condanna emessa a suo carico in primo grado per i
detti reati, la misura gli era stata nuovamente applicata nel gennaio del 2011 e
si era protratta fino al 12 marzo 2012, quando la Corte d’appello di Palermo
aveva assolto l’imputato dai detti reati per non aver commesso il fatto.
Il convincimento espresso nell’ordinanza da ultimo emessa dalla Corte
palermitana poggia sul fatto che il Panepinto concorse a dare causa alle misure
cautelari a lui applicate perché era intraneo al gruppo di imprese facenti capo
alla

Calcestruzzi Beton 2000 s.r.I.,

della quale era anche socio, nonché

amministratore della Co.GEP s.r.I., società esistente solo sulla carta, la quale
aveva acquisito commesse facenti in realtà capo al detto gruppo imprenditoriale
che, attraverso l’utilizzo del metodo mafioso da parte dei congiunti del Panepinto
(ossia Panepinto Luigi e Panepinto Maurizio), aveva assunto il controllo delle
forniture di calcestruzzo nei cantieri edili operanti nel territorio di Bivona.

2. Avverso la prefata ordinanza ricorre il Panepinto, per il tramite del suo
difensore di fiducia.
Il ricorso é articolato in un singolo motivo, con il quale si censurano
violazione di legge e vizio di motivazione: deduce il ricorrente che la misura a lui
applicata si fondava essenzialmente su una frase dal contenuto minaccioso,
estratta da una conversazione con tale Ignazio Domenico Cutrò in ordine alla
titolarità di alcuni lavori nell’ambito di un appalto nel comune di Bivona; detta
frase però, come riconosciuto nelle successive fasi del giudizio, era stata
erroneamente attribuita al Panepinto, il quale é risultato perciò del tutto estraneo
al contesto malavitoso di cui si riteneva facesse parte. Ciò posto, sostiene il
ricorrente che né la mera partecipazione quale socio a una società di capitali,
senza interferire nella gestione della stessa, né l’aver dato vita a una società
operante nel campo del movimento terra costituiscono comportamenti tali da
giustificare la privazione della libertà. Il fatto che la Co.GEP s.r.l. non avesse
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dall’estate del 2008 fino alla primavera del 2009 (per annullamento da parte del

avuto modo di operare nel mercato di riferimento, essendo stata costituita solo
nel novembre 2007, non può indurre a ritenere che si trattasse di una società
operante solo sulla carta. Infine, conclude il ricorrente, la Corte di merito ha
accertato che il Panepinto non era a conoscenza dell’attività illecita dei fratelli;
perciò presupposti dell’applicazione della misura cautelare si sono rivelati del
tutto insussistenti.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte di

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é infondato.
E’ accertato, e non smentito nello stesso ricorso, che il Panepinto partecipò
quale socio nella Calcestruzzi Beton 2000 s.r.I., società la cui posizione egemone
nel campo delle forniture di calcestruzzi nella zona di Bivona é stata ampiamente
ricollegata, nei provvedimenti cautelari a suo carico, all’utilizzo del metodo
mafioso da parte dei fratelli dell’odierno ricorrente: il quale, da tale sua
compartecipazione, ricavò anche degli utili.
Sia in relazione a detta qualità, sia in relazione al ruolo d’amministratore da
lui ricoperto nella Co.GEP s.r.l. (collegata, come si é visto, al gruppo Calcestruzzi
Beton 2000 s.r.l.), deve ritenersi che la posizione del Panepinto implicava il
grave sospetto che egli fosse contiguo, se non addirittura intraneo, al sodalizio
criminoso. Del resto é difficilmente credibile che egli, in quanto fratello di Luigi e
Maurizio Panepinto – la cui posizione é di ben maggiore gravità ed esposizione in
relazione ad analoghi titoli di reato – e inserito nel gruppo suddetto per un ampio
arco temporale, non fosse a conoscenza della strumentalizzazione, da parte dei
suoi congiunti, della loro posizione egemone nel mercato locale degli appalti di
opere edili e delle forniture di inerti e calcestruzzo, posizione nella quale essi
esercitavano un predominio caratterizzato da intimidazioni e pressioni
tipicamente mafiose.
Ciò posto é noto che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione,
integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto la
condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, pur consapevole
dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua
contiguità (Sez. 4, n. 45418 del 25/11/2010, Carere, Rv. 249237; Sez. 4,
Sentenza n. 37528 del 24/06/2008, Grigoli, Rv. 241218).
Tale é il principio fatto proprio dalla Corte palermitana, che ha valorizzato i
dati oggettivi riguardanti la posizione del Panepinto nell’assetto societario
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legittimità ha chiesto il rigetto del ricorso.

suddetto, che secondo quanto emerge dagli atti richiamati risultava essere
l’epicentro dell’attività criminosa facente capo ai suoi congiunti: elementi, questi,
che erano necessariamente noti all’odierno ricorrente, il quale quindi era
necessariamente nelle condizioni di sapere che ciò comportava il grave rischio di
destare l’attenzione delle autorità inquirenti e, per ciò stesso, del suo
coinvolgimento nelle vicende processuali in cui si sono trovati implicati sia lo
stesso Marcello Panepinto che i di lui fratelli.

delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2016

Il Consig ere ste

re

Il Presidente

2. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

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