Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28603 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28603 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TREVIGLIO GIROLAMO IVANO N. IL 21/11/1979
avverso l’ordinanza n. 5773/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 28/09/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH;_,
lette/set é le conclusioni del PG Dott., ,(7.
Okt

0,2419

tz-ebt.cam.:,

Uditi d ensor Avv.;

Data Udienza: 07/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza camerale in data 28 settembre 2015, la Corte d’appello di
Bologna dichiarava inammissibile per genericità dei motivi l’appello proposto da
Ivano Girolamo Treviglio, avverso la sentenza del Tribunale di Rimini in data 21
febbraio 2011, con la quale il predetto veniva condannato alla pena di giustizia in
relazione a reato di guida in stato d’ebbrezza commesso il 18 aprile 2009.

ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la ricorrenza del vizio di
motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen.: l’esponente,
all’uopo richiamando la giurisprudenza in materia, deduce che i motivi d’appello
proposti presentano le essenziali connotazioni di specificità, sia in ordine alla
responsabilità penale che alla determinazione della pena, idonee a far sorgere il
diritto ad una riposta dalla Corte territoriale in applicazione del principio del favor
impugnationis; in base a tale principio, nel caso di specie, gli elementi che
avrebbero dovuto comportare un’analisi più approfondita da parte del giudice di
prime cure potevano e dovevano desumersi anche implicitamente dall’atto
d’appello.

3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso la Corte regolatrice
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é inammissibile, per manifesta infondatezza e assoluta
genericità.
E’ ben vero che, secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di
legittimità, in materia di impugnazioni, non possono applicarsi, in tema di
specificità dei motivi, gli stessi parametri utilizzati nella verifica
dell’inammissibilità del ricorso per cassazione (ex multis vds. Sez. 4, 7.12.2011,
n. 48469, El Katib, m. 251934; Sez. 2, n. 8345 del 23/11/2013, dep.
21/02/2014, Pierannunzio, Rv. 258529).
Peraltro, secondo un indirizzo già espresso dalla Corte regolatrice e qui
condiviso, deve considerarsi inammissibile l’appello che non contenga
l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta, in quanto il principio secondo cui la specificità dei
motivi deve essere valutata alla luce della funzione dell’impugnazione e con
minor rigore rispetto al giudizio di legittimità, non può comportare la sostanziale
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2. Avverso tale ordinanza il Treviglio, con atto personalmente sottoscritto,

elisione dei requisiti indicati dall’art.581 cod.proc.pen. (Sez. 5, n. 39210 del
29/05/2015, Jovanovic, Rv. 264686)
In base a tali principi, deve considerarsi che l’ordinanza impugnata indica
con chiarezza le ragioni per le quali l’atto di appello proposto dall’odierno
ricorrente aveva finalità meramente dilatorie e non poteva dirsi caratterizzato dal
minimum di specificità richiesto, sia sotto il profilo della mera allegazione di un
presunto malfunzionamento dello strumento usato per l’alcoltest (il che é del
resto smentito dal fatto che, come precisato nella sentenza di primo grado,

richiesta di un più mite trattamento sanzionatorio, atteso che le postulate
attenuanti generiche erano state in realtà già concesse e che l’assenza di
precedenti penali allegata dal Treviglio é smentita per tabulas, seppure il giudice
di primo grado si era determinato a concedere allo stesso il beneficio della non
menzione della condanna.
Di qui la natura meramente dilatoria dell’atto d’appello, che, in quanto
fondata su elementi del tutto privi di correlazione rispetto alla sentenza di primo
grado, deve ritenersi del tutto aspecifica e, come tale, irrispettosa dei requisiti di
cui all’art. 581 cod.proc.pen..
A fronte di ciò, il ricorso del Treviglio si appalesa inoltre del tutto generico,
limitandosi a richiamare precedenti giurisprudenziali e ad asserire che i motivi
d’appello potevano essere ritenuti sussistenti, benché impliciti, senza cioé
argomentare tali motivi con la dovuta specificità.

2. Ciò posto, pur considerando che il reato per cui si procede, di natura
contravvenzionale, é stato commesso il 18 aprile 2009, deve osservarsi che, in
presenza della manifesta infondatezza delle censure in quanto causa originaria di
inammissibilità, non può essere rilevata d’ufficio la prescrizione del reato, né se
essa é maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 33542 del
27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv.
217266), né se essa é maturata antecedentemente (da ultimo vds. Sez. U., n.
12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci. In senso conforme vds. Sez. U, n.
23428 del 22/03/2005, Bracale, Rv. 231164; Sez. 1, n. 6693 del 20/01/2014,
Cappello, Rv. 259205).
Né del resto sussistono i presupposti per l’applicabilità del secondo comma
ex multis da Sez. U, n. 35490 del

dell’art. 129 c.p.p. nei termini postulati
28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274.

3. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno
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l’apparecchio usato era regolarmente omologato), sia sotto il profilo della

2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non
sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente
va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in C
1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 7 giugno 2016.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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