Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28594 del 25/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28594 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PILOTTO MATTEO N. IL 06/01/1971
avverso l ‘ordinanza n. 9/2014 CORTE APPELLO di TRENTO, del
13/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/setgite le conclusioni del G Dott. Deppeo Rocut,

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< Data Udienza: 25/05/2016 RITENUTO IN FATTO 1. La Corte di Appello di Trento, con ordinanza del 13.7.2015 rigettava l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione avanzata dall'odierno ricorrente PILOTTO MATTEO in relazione alla detenzione patita, dal 26.4.2006 al 18.5.2006 in regime di arresti domiciliari, per una serie di reati di truffa e falso finalizzati al conseguimento di erogazioni comunitarie. Il Tribunale del Riesame, già nel maggio 2006, aveva revocato l'ordinanza applicativa della misura ritenendo "l'attuale insufficienza del quadro indiziario riL'indagato, con sentenza del Tribunale di Trento, emessa in data 14.5.2009 veniva assolto da tutti i reati ad eccezione delle truffe ex art. 640 bis cod. pen. sub capi 24, 26 e 30; successivamente con sentenza della Corte di Appello di Trento, emessa in data 11.3.2011, veniva assolto dalle residue imputazioni perchè il fatto non sussiste; la sentenza veniva confermata dalla S.C. in data 4.10.2012. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, Pilotto Matteo, deducendo i motivi di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.: • Inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 314 cod. proc. pen. Carenza, apparenza ed illogicità della motivazione addotta in sede di rigetto della domanda presentata. Il ricorrente deduce che la corte di appello, nel compiere il necessario vaglio della sussistenza di condotte ostative alla richiesta di risarcimento, avrebbe valorizzato gli stessi elementi che conducevano all'assoluzione, sovrapponendo l'operazione logica del giudice della cognizione penale diretta all'accertamento del reato a quella del giudice della riparazione e travisando gli argomenti usati nel provvedimento di assoluzione. Rileva, ancora, che il giudice della riparazione avrebbe pretermesso di valutare la circostanza che il tribunale del riesame avesse revocato la misura degli arresti domiciliari, annullando l'ordinanza restrittiva sulla base degli stessi elementi e circostanze, su cui era stata disposta. Il riesame aveva ritenuto l'insufficienza del quadro indiziario emergente dalla stessa ordinanza cautelare. Il ricorrente richiama la sentenza a Sezioni Unite di questa Corte, n.32383 del 30.8.2012, che prevede, nel caso in cui l'accertamento dell'insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale avvenga sulla base degli stessi elementi a disposizione del giudice della cautela, la preclusione del diniego al diritto alla riparazione. Si ricor4 che, di fatto, quando il GIP era nelle 2 chiesto". I condizioni di negare o revocarer e_ Vo gi-grla misura, verrebbe esclusa la ravvisabilità di una coefficienza causale nella sua determinazione, da parte dell'indagato. In ogni caso, continua il ricorrente, non può sostenersi che il Pilotto abbia contribuito ad ingenerare il convincimento della sussistenza a suo carico di gravi indizi di reato, allorquando il Tribunale del riesame ha ritenuto sugli stessi elementi l'insussistenza dei gravi indizi. L'ordinanza impugnata appiattirebbe il concetto di gravità della colpa su logica contestata. Inoltre, ci si duole che la Qorte di appello nulla dica per specificare e qualificare il ritenuto carattere di gravità della colpa. Il Pilotto riporta le dichiarazioni rese in dibattimento ed il contenuto delle telefonate intercorse con il padre per evidenziare la propria buona fede nell'ambito di tutta la vicenda che dava luogo all'emissione della misura ed al procedimento. La Corte di appello avrebbe, inoltre travisato le ragioni dell'assoluzione, che non risiederebbero nell'intervenuta pronuncia della Corte di giustizia della CE del giugno 2010, ma in ragione di un errore di calcolo della superficie eleggibile compiuto dai giudici di primo grado, corretto in sede di appello. In tal modo avrebbe viziato l'intero iter motivazionale enunciato. Il ricorrente offre un'ampia spiegazione dei criteri utilizzati dai giudici di merito per il calcolo dell'estensione dei terreni necessari alla legittima riscossione del contributo. Infine, la motivazione dell'ordinanza impugnata, non offrirebbe alcuna specifica argomentazione sul ritenuto carattere di gravità della colpa. Chiede, pertanto, l'annullamento della decisione impugnata con le conseguenze di legge. 2. Il P.G. presso questa Corte Suprema ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. le proprie conclusioni scritte chiedendo raccoglimento del ricorso, con l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza. Ritiene, infatti, che nel caso di specie, il giudice della riparazione non avrebbe chiarito quale comportamento in concreto sia stato posto in essere dall'indagato per indurre in errore l'autorità giudiziaria, facendo ritenere configurabile a suo carico un grave quadro indiziario in relazione alle contestazioni che gli venivano mosse. Lo stesso giudice avrebbe richiamato gli elementi posti a fondamento dell'ordinanza cautelare, rispetto alla quale vi sarebbe stata ordinanza del tribunale del riesame che evidenziava l'insufficienza del quadro indiziari a carico del Pilottto. 3 quello di gravità degli indizi, facendolo coincidere con la condotta di falsità ideo- Il giudice della riparazione avrebbe richiamato, in maniera riduttiva e riassuntiva le ragioni dell'assoluzione, ancorandole ad un solo elemento. Infine l'ordinanza, al fine di supportare l'esistenza di una colpa grave dell'indagato, stigmatizzerebbe l'incauto affidamento del Pilotto su quanto effettivamente compiuto dai coimputati, sottraendosi all'obbligo di motivare sull'effettiva sussistenza della colpa grave. CONSIDERATO IN DIRITTO con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Trento. 2. Nel caso che ci occupa, il giudice della riparazione non ha chiarito quale comportamento in concreto sia stato posto in essere dall'indagato per indurre in errore l'Autorità Giudiziaria, facendo ritenere configurabile a suo carico un grave quadro indiziarlo in relazione alle contestazioni che gli venivano mosse. L'ordinanza della Corte trentina pare ignorare completamente il fatto che la scarcerazione sia stata disposta sin dal maggio 2006 dal Tribunale del Riesame di Venezia che, come si evince dal provvedimento in atti, ebbe a rilevare: "Con riguardo alla posizione di Pi/otto Matteo, indagato unicamente per reati fine, non emerge dagli atti di indagine che egli abbia personalmente presentato la domanda di sovvenzione per le aziende agricole di cui era socio (le istanze, acquisite dal sistema informatico, risultano infatti avanzate da Bertollo Gianni). Neppure risulta dagli atti la sua attiva partecipazione alle vicende aziendali, atteso che non emerge il suo coinvolgimento né a livello documentale né dai brogliacci delle intercettazioni. Può affermarsi che non risulta individuato se ed in quali termini vi sia stata una partecipazione alla vicenda, sotto il profilo dell'apporto materiale o morale alla partecipazione in concorso dei reati ex artt. 110, 640bis c.p.". Il tribunale veneziano accoglieva perciò l'istanza di riesame e revocava la misura, così motivando: "Deve pertanto concludersi con riguardo ai predetti per la attuale insufficienza del quadro indiziario richiesto ai finí del mantenimento di trattamento cautelare, di talché si impone nei suoi confronti la revoca della misura coercitiva ex art. 284 c.p.p.". Se queste sono le valutazioni che già operava, pochi giorni più tardi rispetto alla eseguita misura, il tribunale del riesame, pare evidente al Collegio che la Corte trentina dovesse verificare se si fosse in presenza di un caso di ingiustizia formale della detenzione. Occorreva, in altri termini, verificare - e il giudice della riparazione mostra di non averlo fatto- se il caso di specie potesse essere sussunto nella previsione di cui all'art. 314 c.p.p., comma secondo, posto che la misura cautelare, prima 4 1. Il ricorso appare fondato e, pertanto, l'ordinanza impugnata va annullata, della pronuncia di assoluzione da parte della Corte di Appello di Trento dell'11.3.2011, era giù stata revocata dal Tribunale del Riesame di Venezia nel maggio 2006. 3. Va ricordato che mentre l'ingiustizia sostanziale presuppone l'affermazione dell'innocenza dell'istante, l'ingiustizia formale prescinde da tale accertamento e richiede solamente l'accertamento della illegalità del provvedimento restrittivo, assunto in difetto delle condizioni previste dagli artt. 273 e 280 del co- Le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità hanno risolto il dubbio interpretativo insorto circa la possibilità che, anche nel caso di ingiustizia formale rilevassero, come cause ostative, i comportamenti dolosi o gravemente colposi delle persona illegalmente ristretta. È stato precisato che la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, anche in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p. , giusto il disposto di cui all'art. 314, comma secondo cod. proc. pen. (Sez. Un., n. 32383 del 27.5.2010, D'Ambrosio, rv. 247663; in precedenza, nello stesso senso, va ricordata, tra le altre, sez. 4, n. 6628 del 23.1.2009, Totaro, rv. 242727). Ed invero, le Sezioni Unite hanno evidenziato che, anche nel caso della insussistenza originaria delle condizioni per l'adozione o il mantenimento della misura custodiale, l'obiettiva ingiustizia della detenzione subita può trovare scaturigine in comportamenti dolosi o gravemente negligenti dell'imputato. Pertanto,attribuire rilevanza ostativa a tali condotte ben si concilia con il fondamento solidaristico dell'istituto della riparazione per ingiusta detenzione, alla cui stregua è ragionevole che il ristoro assicurato dall'ordinamento sia riconosciuto a chi abbia "patito", e non concorso a determinare, l'applicazione del provvedimento restrittivo. Le Sezioni Unite hanno, però, condivisibilmente, posto un ineludibile "paletto", nel senso che, se l'accertamento dell'insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale avvenga sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della cautela, è preclusa la possibilità di valutare l'incidenza della condotta dolosa o colposa dell'imputato. Ciò, evidentemente, in quanto in tali casi il giudice era oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura e, pertanto, nessuna efficienza causale nella sua determinazione può attribuirsi al soggetto passivo (cfr. ex multis, sez. 4, n. 13559 del 2.12.2011 dep. 1'11.4.2012, Borselli, rv. 253319; conf. sez. 4, n. 8021 del 28.1.2014, Gennusa, rv. 258621). 5 dice di procedura penale. Per converso, potrà, invece, effettuare la valutazione della sinergia causale del dolo o della colpa grave, se l'accertamento dell'insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiate sia avvenuto alla stregua di un materiale probatorio contrassegnato da diversità rispetto a quello originariamente detenuto dal giudice della cautela. 4. Nel caso in esame, è pur vero, come rileva il provvedimento impugnato, che il giudice del gravame del merito è pervenuto alla assoluzione completa cumentali descritte in imputazione (dirette a far apparire in capo all'imputato titoli di godimento di pascoli, inesistenti o di maggior ampiezza rispetto al reale), ma piuttosto affermando, in ragione dell'intervenuta pronuncia della Corte di Giustizia della CE del giugno 2010 (su un quesito pregiudiziale formulato dal Tribunale di Treviso) il principio secondo cui "non è il legame giuridico fra allevatore e fondo adibito a pascolo a costituire il presupposto per un valido percepimento del premio, ma l'effettiva conduzione di un allevamento con modalità tali da poter essere considerato estensivo, intendendo la Comunità, attraverso l'istituzione dei premi in oggetto, combattere efficacemente la pratica degli allevamenti intensivi', sicché la "legge nazionale non può pretendere di fermare la riscossione del premio per il mancato rispetto di adempimenti che non sono in linea con la normativa europea". Tuttavia, lo scarno provvedimento impugnato avrebbe prima dovuto dire se all'esito del giudizio il compendio indiziario a carico di Pilotto Matteo fosse rimasto lo stesso di quello valutato dal GIP. E solo se così non fosse stato avrebbe potuto valutare in termini di colpa se le "condotte definibili latu sensu irregolari" (evidentemente da specificare, vista la tranciante valutazione in termini di mancanza di indizi operata dal tribunale veneziano nel 2006) poste in essere dall'odierno ricorrente potessero costituire concausa della detenzione lamentata. A tale valutazione sarà pertanto chiamato il giudice del rinvio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Trento per nuovo esame. Così deciso in Roma il 25 maggio 2016 Il C igliere estensore Il Presidente dell'istante, non sulla base della accertata insussistenza di quelle artificiosità do-

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