Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28593 del 25/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28593 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: PEZZELLA VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AGOSTINO DOMENICO N. IL 26/09/1960
avverso l’ordinanza n. 39/2013 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 09/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO
PEZZELLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. AA-é. • WCWA9
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con

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Data Udienza: 25/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso alla Corte di Appello di Reggio Calabria del 23.4.2013 D’Agostino Domenico chiedeva la liquidazione della somma di C 516.000,00 a titolo di
indennizzo per l’ingiusta detenzione sofferta dal 12.2.2002 al 31.8.2002 in regime di custodia in carcere e dall’1.9.2002 al 12.2.2004 in regime di arresti domiciliari.
Deduceva di essere stato tratto in arresto perché gravemente indiziato del
reato di cui agli artt. 110, 81 cpv c.p. e 73 DPR 309/90, – per aver ceduto in Lo-

Gioacchino e Abbate Maurizio gr. 500 di eroina, sequestrata in Messina il
31.10.2001 – in forza di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il
30.1.2002 dal GIP del Tribunale di Palermo, eseguita nei confronti del ricorrente
il 12.2.2002.
Avverso il titolo custodiale era stata proposta richiesta di riesame innanzi al
Tribunale di Palermo che confermava il titolo custodiale, anche sotto il profilo
della detenzione intramuraria, erroneamente affermando che l’allora indagato
fosse imputato di molteplici episodi, mentre lo era di quell’episodio, unico nella
sua realtà storico ontologica. In data 31.8.2002 la misura della custodia in carcere era stata sostituita con quella degli arresti domiciliari.
A seguito della declaratoria di incompetenza per territorio, pronunciata dal
Tribunale di Palermo il 2.5.2003, era stata disposta la trasmissione degli atti alla
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri.
In data 30.8.2004 e successivamente in data 20.10.2004 il PM aveva chiesto l’archiviazione.
Con sentenza nr. 334/2011 R.S. del Tribunale di Locri, definitiva il
6.12.2011, il D’Agostino era stato assolto dal reato ascritto per non aver commesso il fatto.
La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 9.1.2015 rigettava
l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo
del proprio difensore di fiducia, D’Agostino Domenico, deducendo i motivi di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
a. Violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 314 e

315 cod. proc. pen. Vizio di motivazione per illogicità, apodittícità ed apparenza.
Nullità dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente deduce che la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione
sarebbe stata rigettata sul presupposto che l’indagato avesse contribuito
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cri in data 31.10.2001, a Sutera Salvatore, Mattaliano Giovanni, Salamone

all’emissione del provvedimento restrittivo per l’ambiguità delle dichiarazioni rese nel corso dell’interrogatorio di garanzia.
L’indagato avrebbe, in realtà, soltanto ammesso di aver conosciuto occasionalmente il Sutera perché interessato all’acquisto di un fuoristrada.
La motivazione del provvedimento sarebbe pertanto illogica, apparente e
apodittica, facendo discendere la pretesa dimostrazione della concausa dalla occasionale conoscenza tra il ricorrente e il Sutera.
La corte di appello avrebbe sostanzialmente ricercato una condotta penal-

mi per ritenere quella asserita condotta momento di concorso per dolo o colpa
grave alla custodia cautelare.
Il compito del giudice della riparazione avrebbe dovuto essere quello di verificare, piuttosto, se le dichiarazioni avessero contribuito all’emissione del provvedimento cautelare, tenuto conto che non sono emersi collegamenti tra il ricorrente e il Sutera e le intercettazioni non avevano mai evidenziato riferimenti al
ricorrente.
Il convincimento dei giudici non si sarebbe basato su un’inattendibilità delle
dichiarazioni rilasciate, ma sul presupposto che l’interesse all’acquisto del fuoristrada fosse una sorta di linguaggio criptico dissimulante l’acquisto dello stupefacente.
La corte di appello avrebbe omesso di spiegare quale sarebbe stato il comportamento del ricorrente che avrebbe indotto il giudice della cautela in errore
sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza.

b. Violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art.
92 cod. proc. pen., circa la erronea ed immotivata condanna del ricorrente alle
spese processuali sostenute dall’Avvocatura dello Stato.
La corte territoriale avrebbe irrogato un’esorbitante condanna alle spese in
favore dell’Avvocatura sul solo presupposto del rigetto della domanda.
Tale decisione sarebbe censurabile in quanto la corte di appello pur riconoscendo l’ammissibilità del ricorso, lo ritiene infondato nel merito, con l’esercizio
di un potere sanzionatorio esorbitante, sia in relazione al pregiudizio subito dal
ricorrente, sia alla carenza di profili di inammissibilità o improcedibilità del ricorSO.

Ben avrebbe potuto il giudice della riparazione, trattandosi di richiesta di risarcimento equitativo, procedere alla compensazione delle spese o comunque
motivare la condanna, che ancorata all’ammontare dell’indennizzo sembra avere
assunto una sorta di finalità punitiva.
Chiede, pertanto, l’annullamento della decisione impugnata con ogni altra
conseguenziale di legge.

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mente rilevante a carico dell’indagato senza verificare la sussistenza degli estre-

2. Il P.G. presso questa Corte Suprema ha rassegnato ex art. 611 cod. proc.
pen. le proprie conclusioni scritte chiedendo l’accoglimento del ricorso, con
l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza.
Ritiene, infatti, che nel caso di specie, il giudice della riparazione non avrebbe chiarito le ragioni per cui riteneva sussistente la colpa dell’istante, desumendola indirettamente da atti dichiarati inutilizzabili o basandosi su elementi non
determinanti, come le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio di garanzia,

3. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato presentava tempestiva memoria chiedendo di rigettare il ricorso,
stante l’avvenuta motivazione del provvediemnto facendo riferimento al precedente delle Sez. Unite n.51799/13 e stante l’assoluta congruità della liquidazione
delle spese inferiore alle tariffe vigenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi sopra illustrati sono fondati e, pertanto, l’impugnata ordinanza
va annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Reggio Calabria
cui va rimessa anche la regolamentazione delle spese tra le parti..
2. Ed invero, ritiene il Collegio che la motivazione del provvedimento impugnato sia contradittoria.
Da un lato, infatti, i giudici reggini correttamente danno – di non poter utilizzare le risultanze delle conversazioni intercettate, trattandosi di prove affette dal
vizio patologico riscontrato dal Tribunale di Locri nella sentenza del 18.7.2011,
che le ha dichiarate inutilizzabili.
Ciò è conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti anche nel giudizio promosso per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione (così Sez. Un. N. 1153 del 30.10.2008 dep. il 13.1.2009, Racco rv. 241667). In altra successiva pronuncia si è ribadito che l’inutilizzabilità dei
risultati delle intercettazioni, accertata nel giudizio penale di cognizione, ha effetti in qualsiasi tipo di giudizio, e quindi anche nell’ambito del procedimento di
prevenzione (così Sez. Un. N. 13426 del 25.3.2010, Cagnazzo ed altri, rv.
246271, fattispecie in tema di intercettazioni dichiarate inutilizzabili nel giudizio
di cognizione per inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 268, comma terzo,
cod. proc. pen., per assenza di motivazione in ordine all’inidoneità od insufficienza degli impianti esistenti presso la Procura della Repubblica).
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senza delineare con chiarezza il contributo colposo dell’imputato.

Ebbene, nel momento in cui vanno a valutare se sussistano altre condotte
dell’indagato, anche successive all’emissione del titolo custodiale, che abbiano
concorso a dare causa o a mantenere lo stato di detenzione cautelare, i giudici
della riparazione richiamano le dichiarazioni rese dall’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia, in cui il D’Agostino aveva dichiarato: “Conosco Sutera
Salvatore, conosciuto a Reggio Calabria in un autosalone. Non l’avevo mai visto
prima. Sutera voleva acquistare un fuoristrada. Il fuoristrada io l’avevo trovato a

conosco Salamone, Abbate, Mattaliano. A Gerace, Sutera si è recato da solo. Non
so se Sutera ha acquistato il fuoristrada. Io non l’ho più incontrato. Conosco Marando Pasquale, Aversa Leonardo in quanto abitano a Merici Possiedo un’auto
Fiat (non comprensibile., n.d.e.)”. E pongono tali dichiarazioni in rapporto con

le intercettazioni -quelle che si è riconosciuto non essere utilizzabili- affermando
che già il GIP del Tribunale di Locri, nel rigettare la richiesta di archiviazione proposta dal PM, aveva apprezzato la valenza altamente indiziaria di queste dichiarazioni, constatando che l’imputato aveva ammesso di essere stato l’interlocutore delle conversazioni captate, peraltro giustificandole come meri contatti diretti
a far acquistare un fuoristrada al Sutera, mentre le allegazioni in atti riconducevano a “sostanza stupefacente come confermato dal sequestro dell’eroina rinvenuta il 31.10.2001 nella vettura del corriere Abbate Maurizio”.

Anche nel successivo passaggio motivazionale, la Corte reggina osserva che,
a tenore della stesse indicazioni offerte dall’indagato, si delineava un quadro indiziario in cui il D’Agostino aveva ammesso di essere stato l’interlocutore del Sutera per l’acquisto di un fuoristrada, dirimendo in tal modo l’incertezza sull’identità dell’interlocutore che aveva chiamato il Sutera dalle utenze fisse. Ancora,
una volta, dunque, si ritorna alle intercettazioni inutilizzabili.
3. Appare evidente un’incongruità della motivazione del provvedimento impugnato rispetto al comportamento colposo ascritto all’imputato.
Non solo tornano le intercettazioni, ma gli altri elementi dedotti (il fatto che
il Sutera si fosse effettivamente recato a Gerace, in virtù dei rapporti intrattenuti
con il D’Agostino e che, come risultante dai servizi di appostamento che avevano
portato al sequestro dello stupefacente, Sutera si fosse recato nella Locride
unitamente Mattaliano e, nel pomeriggio del 31 ottobre, con lui avesse fatto
rientro in Sicilia, come accertato dalla P.G. che ha fermato i due all’uscita degli
imbarcaderi della Caronte di Messina) sono evidentemente circostanze a cui il
D’Agostino è estraneo. Così come alcun rilievo in ordine ad un suo assunto comportamento colposo può avere la circostanza che l’Abbate sia stato fermato,
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Gerace, così l’ho contattato e lui è venuto a Gerace per vedere il fuoristrada. Non

sempre in quello stesso 31 ottobre, dopo lo sbarco dal traghetto, di rientro dalla
Calabria, e sia stato trovato in possesso di gr. 500 di eroina.
Altro passaggio motivazionale da cui si evince con chiarezza che, dopo la petizione di principio circa la loro inutilizzabilità, i giudici reggini fanno riferimento

proprio alle intercettazioni, è quello ove si legge che: “In questo contesto di dati
oggettivi, le dichiarazioni rese dall’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia, laddove egli stesso ha ammesso di essere stato l’interlocutore del Sutera,
hanno palesato tutta la loro incongruenza, al limite della inverosimiglianza, con-

conversazioni, escludendone solo la ritenuta cripticità. Nell’offrire, però, la de-

codifica del contenuto, tale è stata la vacuità delle circostanze nelle quali ha constualizzato il rapporto con il Sutera e le ragioni dell’incontro, da farne ritenerne la
non veridicità e determinando a ricondurre entrambi – rapporto e ragioni dell’incontro – a motivi non dis velati, perché illeciti. Invero, nell’offrire dichiarazioni
volte ad affermare la liceità dei contatti con il Sutera, l’allora indagato ha omesso
di fornire circostanziate indicazioni: .sull’autosalone nel quale aveva conosciuto il
Sutera; •sulle ragioni per le quali aveva offerto ad un soggetto, fino ad allora
sconosciuto, di fare da intermediario per l’acquisto di un bene di non irrisorio valore, un fuoristrada, che il D’Agostino affermava di aver trovato a Gerace pur non
avendo mai riferito di occuparsi di compravendita di autoveicoli; .sul proprietario
di quel fuoristrada oggetto delle trattative per la vendita”.

Con tutta evidenza si pongono a carico del D’Agostino tutta una serie di oneri di discolpa non dovuti, su circostanze che peraltro appaiono ininfluenti ai fini
del beneficio richiesto.
4. Tra l’altro, nel momento in cui si incentra tutta la motivazione

sull’interrogatorio di garanzia, nemmeno si dà conto, almeno in relazione al periodo di detenzione che l’ha preceduto, di quali siano i profili di colpa ascritti al
D1Agostino.
Corretto appare il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui
l’ambiguità delle dichiarazioni rese nel corso dell’interrogatorio di garanzia può
integrare una condotta ostativa all’insorgenza del diritto all’indennizzo, ma occorre che il giudice della riparazione, chiamato a rivalutare la vicenda, dia conto,
se sussiste, di un comportamento colposo e sinergico rispetto all’adottata misura
che prescinda in toto dal contenuto delle (inutilizzabili) intercettazioni.
Va ricordato essere’ pacifico (cfr. tra le tante questa sez. 4, ord.
25.11.2010, n. 45418) che, in sede di giudizio di riparazione ex art. 314 cod.
proc. pen. ed al fine della valutazione dell’an debeatur occorrerà che il giudice
del rinvio prenda in considerazione, in modo autonomo e completo, tutti gli

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fermando il quadro indiziario.Egli, infatti, ha ammesso quanto emerso dalle

elementi probatori disponibili ed in ogni modo emergenti dagli atti, al fine di valutare se chi ha patito l’ingiusta detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, con particolare riferimento alla sussistenza di
condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti. A tale fine sarà necessario che venga esaminata la
condotta posta in essere dall’istante sia prima che dopo la perdita della libertà
personale e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza
di un procedimento a suo carico (cfr. Sez. Un. 27.5.2010, n° 32383), onde veri-

dall’esito del processo di merito, se tale condotta, risultata in sede di merito tale
da non integrare un fatto-reato, abbia ciononostante costituito il presupposto che
abbia ingenerato, pur in eventuale presenza di un errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo
alla detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (cfr. anche la precedente Sez.
Un. 26.6.2002, Di Benedictis).
A tal fine andranno prese in considerazione tanto condotte di tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione
del provvedimento restrittivo), quanto di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione (cfr. questa sez. 4, n. 45418 del 25.11.2010).

P.Q.M.
Annulla l’impugnata ordinanza con rinvio alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti.
Così deciso in Roma il 25 maggio 2016
Il C

igliere est nsore

Il Presidente

ficare, con valutazione ex ante, in modo del tutto autonomo e indipendente

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