Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2858 del 11/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2858 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
BONSIGNORI RICCARDO N. IL 31/10/1961
avverso la sentenza n. 1892/2012 TRIB.SEZ.DIST. di CECINA, del
09/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

Data Udienza: 11/11/2015

OSSERVA

2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto
per motivi manifestamente infondati.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo
129 c.p.p.).
Richiamandosi la ferma giurisprudenza di questa Corte, devesi affermare che
fatta eccezione dell’ipotesi di pena illegale – ipotesi che nella fattispecie non
ricorre -, l’accordo raggiunto tra le parti e recepito dal Giudice nella conseguente
sentenza, ex art.444 c.p.p. preclude alle parti stesse, nonché al PG, la
proposizione, nella successiva sede dell’impugnazione, di eccezioni o censure
attinenti al merito delle valutazioni, sottese al consenso prestato dalle parti
medesime (Giurisprudenza di legittimità consolidata: Cass. Sez. 4 Sent. n.
20165 del 29/04/04, rv 228567; Cass. Sez. 4 Sent. n. 3946 del 30/03/98, rv
210639; Cass. Sez. 1 Sent. n. 6898 del 24/01/97, rv 206642; Cass. Sez. 4 Sent.
n. 8060 del 20/08/96, rv 205835; Sez. III, 3/5/2011, n. 23804).
Condivisibilmente si è, di recente (Cass., Sez. IV, n. 27733 del 18/11/20111;
nello stesso senso, Cass., Sez. Fer., n. 32078 del 12/8/2010) chiarito che nel
procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 e ss.
c.p.p.), le parti (anche quella pubblica) non possono prospettare con il ricorso
per cassazione questioni incompatibili con la richiesta di patteggiamento, in
particolare afferenti le prove risultanti dagli atti del procedimento nonché la
qualificazione giuridica del fatto risultante dalla contestazione, in quanto l’accusa
come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione. Ne
consegue che, una volta pronunciata la sentenza che ha recepito l’accordo, sul
quale il giudice ha preventivamente esercitato il suo potere di controllo, le parti
(anche quella pubblica) non possono più prospettare questioni e sollevare
censure con riferimento alla qualificazione giuridica, all’applicazione delle
circostanze e alla entità della pena, che non sia illegale. Né tale doglianza può
essere formulata prospettando il difetto di motivazione, in quanto, con l’accordo
intervenuto tra loro, le parti hanno implicitamente esonerato il giudice
dell’obbligo di rendere conto (almeno “inter partes”) dei punti non controversi
della decisione, non potendosi pretendere l’esposizione dei motivi di un
convincimento che le parti stesse hanno già fatto proprio.
Pur vero che questa Corte ha anche affermato che il procedimento di
applicazione della pena su richiesta delle parti non impedisce l’azionabilità del
ricorso per cassazione quando il vizio di violazione di legge attenga alla
qualificazione giuridica del fatto (S.U., n. 5 del 19/1/2000; conformi, Cass.
1341/2000; 2083/2000; 39526/2006). Tuttavia, ove il giudice abbia effettuato la
verifica delibativa che la legge gli assegna non è più consentito alle parti e allo
stesso P.G. di dolersi della qualificazione, dell’individuazione delle circostanze,

1. A Bonsignori Riccardo con la sentenza di cui in epigrafe è stata applicata la
pena dalle parti concordata, in relazione al reato di rifiuto di sottoporsi
all’accertamento del tasso alcolemico (capo b), assorbito quello di guida in stato
d’ebbrezza (capo a). Il Procuratore Generale di Firenze propone ricorso
adducendo violazione di legge per essere stata dichiarato il predetto
assorbimento, in quanto le due fattispecie incriminatrici, non incompatibili fra
loro, avrebbero dovuto considerarsi concorrenti.

del bilanciamento e del computo della pena, in quanto si tratterebbe di doglianze
inammissibili perché dirette a ricostruire i fatti, sul punto, in modo diverso da
quanto concordato.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, 11 novembre 2015

1 Presidente

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