Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2858 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 2858 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) LUBELLO GIOVANNI N. IL 24/08/1976
avverso l’ordinanza n. 2068/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
25/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 05/12/2012

N.31750/12-RUOLO N. 33 C.C.P. (2012)
RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza del 25 maggio 2012, il Tribunale del riesame di Napoli ha
respinto, ex art. 310 cod. proc. pen., l’appello proposto da LUBELLO Giovanni
avverso il rigetto da parte del G.I.P. in sede in data 12 marzo 2012 della sua
istanza, intesa ad ottenere la revoca o la sostituzione con altra meno afflittiva
della misura cautelare della custodia in carcere, emessa nei suoi confronti dal
falso, corruzione e riciclaggio ex art. 648 bis cod. pen. aggravati ex art. 7 legge
n. 203 del 1991.
2.11 Tribunale ha ritenuto che quanto dedotto dalla difesa non costituisse
elemento di novità, valutabile nella presente sede, in quanto le argomentazioni
addotte si limitavano ad una diversa lettura degli elementi probatori già valutati
da esso Tribunale; che, inoltre, erano da ritenere sussistenti le esigenze
cautelari, avendo il richiedente commesso reati volti a favorire l’organizzazione
camorristica nota come clan dei casalesi e non avendo egli provato di avere
rescisso i rapporti con l’associazione criminosa di riferimento.
3.Avverso detto provvedimento del Tribunale del riesame di Napoli propone
ricorso per cassazione LUBELLO Giovanni per il tramite del suo difensore, che ha
dedotto carenza di motivazione ed erronea applicazione della legge penale, in
quanto il provvedimento impugnato si era limitato ad evocare un inesistente
giudicato cautelare, affermando che le sue deduzioni difensive fossero
sostanzialmente una diversa lettura degli elementi probatori già in precedenza
valutati dai Tribunale; al contrario il Tribunale del riesame avrebbe dovuto
indicare le ragioni per le quali le nuove devoluzioni da lui formulate non fossero
in grado di elidere la portata motivazionale e valutativa della precedente
decisione cautelare.
Era inoltre ravvisabile un’erronea interpretazione dell’art. 275 cod. proc. pen.,
nella parte in cui era stata ritenuta la cogenza immanente della presunzione
delle esigenze cautelari, atteso che esso ricorrente non era stato attinto da
misura per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., ma solo per due reati
aggravati ex art. 7 legge n. 203 del 1991 e quindi per singole condotte, che non
gli avevano attribuito la qualità di partecipe di un’associazione di stampo
mafioso; inoltre la presunzione poteva operare solo nel momento genetico della
misura, in quanto l’adeguatezza e la proporzionalità di qualsiasi misura cautelare
dovevano essere valutata anche durante l’intero arco della sua vita processuale,
1

medesimo G.I.P. il 28 novembre 2011, siccome gravemente indiziato dei reati di

non potendosi pertanto condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui
doveva escludersi che la misura cautelare potesse essere revocata quando fosse
trascorso un termine ritenuto congruo dal giudice, atteso che la proporzionalità
della misura, come canone di commisurazione della ragionevolezza della
compressione della libertà personale, doveva essere valutata non solo al
momento della scelta se emettere una misura cautelare e quale fra di esse in
concreto scegliere, ma anche nel corso della relativa applicazione, in rapporto
alla durata della privazione della libertà già subita; e, nella specie, esso
impugnato non aveva indicato le ragioni per le quali la revoca della misura di
massimo rigore ovvero la sua attenuazione non potesse aver luogo, anche
perché non era certo in suo potere rescindere la sua partecipazione
all’associazione camorristica di riferimento, essendo rimasto egli sempre ad essa
estraneo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto da LUBELLO Giovanni è infondato.
2.Esso è stato proposto dal ricorrente, ai sensi degli artt. 310 e 311 cod. proc.
pen., avverso il provvedimento con il quale il Tribunale del riesame di Napoli ha
respinto l’appello da lui proposto avverso l’ordinanza del G.I.P. in sede del 14
novembre 2011, di rigetto della sua richiesta di revoca o sostituzione della
custodia cautelare in carcere, disposta nei suoi confronti, siccome gravemente
indiziato dei reati di falso, corruzione e riciclaggio ex art. 648 bis cod. pen.
aggravati ex art. 7 legge n. 203 del 1991.
3.Va ritenuto che, nella specie, si sia formato nella specie il c.d. “giudicato
cautelare”, inteso come preclusione derivante da una precedente pronuncia
emessa dal medesimo organo; ed è noto che detto giudicato cautelare comporta
un’intangibilità solo relativa delle statuizioni adottate, nel senso che queste
ultime intanto possono ritenersi superate in quanto vengano prospettati nuovi
elementi di valutazione e di inquadramento dei fatti, acquisiti a seguito di
ulteriori sviluppi delle indagini, pur se abbiano avuto ad oggetto circostanze
anteriori alla decisione preclusiva (cfr., in termini, Cass. Sez. 5 n. 5959 del
14/12/2011, dep. il 15/2/2012, Amico, Rv. 252151).
4.Invero il provvedimento impugnato ha rilevato come, in punto di gravità
indiziaria, i motivi di appello erano identici e sovrapponibili a quelli già proposti
dal ricorrente in sede di richiesta di riesame e già respinti, tenuto conto delle
2

ricorrente era incensurato; i fatti attribuitigli risalivano al 2007; il provvedimento

risultanze processuali e della sostanziale ammissione dei fatti da parte del
ricorrente, con la conseguenza che essi sono ormai da ritenere coperti dal
giudicato cautelare.
5.Quanto alla sussistenza di attuali esigenze cautelarl i il Collegio è ben
consapevole che, con riferimento ai reati aggravati, come nella specie in esame,
ex art. 7 legge n. 203 del 1991, questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. ordinanza n.
34473 del 19 luglio 2012, Rv. 253186) ha rimesso alla Corte Costituzionale la
parte in cui la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia cautelare in
carcere viene prevista anche con riferimento ai delitti aggravati ex art. 7 d.l. n.
152 del 1991.
Precisato che la Corte anche con l’ordinanza di rimessione di cui sopra ha
confermato il principio giurisprudenziale, secondo cui la presunzione di cui sopra
è operante non solo nel momento genetico della misura, ma altresì nel prosieguo
della vicenda cautelare, tenuto conto dell’inciso contenuto nell’art. 299 comma 2
cod. proc. pen. “salvo quanto previsto dall’art. 275 comma 3 cod. proc. pen.”,
non si ritiene, dall’esame degli atti di causa, che la vicenda dell’odierno
ricorrente potrà in qualche modo essere influenzata da quanto andrà a decidere
sul punto la Corte Costituzionale, essendo il reato di riciclaggio di cui all’art. 648
bis cod. pen. contestato al ricorrente per sua natura inidoneo a far presumere
che, con esso, il clan camorristico dei casalesi sia stato favorito in modo solo
marginale, secondario ed occasionale.
L’esperienza maturata nel contrasto pluriennale alla criminalità organizzata
induce invero a ritenere che il reinvestimento del danaro proveniente da attività
malavitose ha costituito e costituirà per il clan dei casalesi uno dei più rilevanti e
vitali problemi, fin quando non avrà avuto luogo il suo definitivo smantellamento,
si che l’avere il ricorrente collaborato in passato a detto criminoso riciclaggio
lascia ragionevolmente presumere che egli non si asterrà dal reiterare in futuro
la medesima condotta criminosa.
6.Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
7.Si provveda all’adempimento di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen.

eAki.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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questione di legittimità costituzionale dell’art. 275 comma 3 cod. proc. pen. nella

Dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Tribunale di cui
sopra affinché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Così deciso il 5 dicembre 2012.

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