Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28571 del 01/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28571 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
DE ANGELIS DIEGO N. IL 12.12.1946
avverso la sentenza n. 3169/2013 della CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA in data
10.02.2015
Visti gli atti, la sentenza e il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA
MONTAGNI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ALDO POLICASTRO,
che ha concluso per il rigetto del ricorso

Uditi, per le parti civili:
l’avvocato SABATTINI SIMONE, del foro di Bologna, in sostituzione dell’avvocato
GAMBERINI ALESSANDRO, del foro di Bologna e dell’avvocato PICCIONI DARIO, del
foro di Roma, che deposita conclusioni e nota spese;
l’avvocato ALFONSI GUIDO, del foro di L’Aquila, in sostituzione dell’avvocato
VECCHIOLI PAOLO del foro di L’Aquila e dell’avvocato CIUCCI BERARDINO, del foro

Data Udienza: 01/06/2016

di L’Aquila, che deposita ammissione al gratuito patrocinio, conclusioni e nota
spese;
l’avvocato DE LUCA GUIDO FELICE, del foro di Teramo, che deposita conclusioni e
nota spese;

Udito, per De Angelis, l’avvocato COPPI FRANCO, del foro di Roma, che chiede
raccoglimento del ricorso e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata

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Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di L’Aquila, con sentenza in data 18.10.2012, per quanto
rileva in questa sede, dichiarava De Angelis Diego responsabile dei delitti di
omicidio colposo plurimo e lesioni personali, condannando l’imputato alla pena di
anni tre di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti
civili, da liquidarsi in separato giudizio. Al prevenuto si contesta – in qualità di
ingegnere progettista architettonico, strutturale e direttore dei lavori, negli anni
2000 e 2001, per la realizzazione ex novo di un tetto di copertura a falde in

cemento armato posto sopra il preesistente sesto solaio del palazzo sito in L’Aquila,
Via Generale Francesco Rossi n. 22; ed in qualità di amministratore pro tempore del
predetto condominio; per colpa generica e specifica – di avere progettato il tetto di
copertura a falde senza considerare le necessarie esigenze di adeguatezza sismica,
senza effettuare le dovute valutazioni sulle condizioni di sicurezza strutturale
dell’edificio, sia nello stato di fatto che in quello post-intervento; di avere omesso di
redigere e di depositare al Genio Civile dell’Aquila la relazione tecnica descrittiva e
la relazione di calcolo delle strutture; di avere consentito l’edificazione della nuova
copertura, che aumentava i carichi permanenti sul solaio; di avere omesso di
effettuare ogni valutazione di adeguatezza statica e sismica della strutture
dell’edificio; di avere imprudentemente attestato nella relazione tecnico illustrativa
depositata al Genio Civile dell’Aquila il 19.01.2000 che gli interventi di progetto non
comportavano sostanziali alterazioni dello schema strutturale e che erano da
escludere fenomeni di ribaltamento della costruzione; e di avere così cagionato il
crollo o comunque cooperato nel porre in essere le condizioni del crollo del palazzo
di cui si tratta, interamente collassato in occasione della scossa di terremoto del
6.04.2009, ore 3.32; in tal modo cagionando la morte di più persone e lesioni
personali.
Il Tribunale chiariva che il crollo del palazzo era il risultato di una
convergenza di concause, tra le quali l’intrinseca fragilità dell’edificio; che la scossa
sismica del 6.04.2009 non poteva qualificarsi come causa atipica o eccezionale; e
che l’opera di rifacimento del tetto, effettuata nel corso del 2000, non aveva avuto
alcuna incidenza causale, rispetto al crollo del palazzo come in concreto verificatosi.
Tanto chiarito, il Tribunale evidenziava che la responsabilità dell’imputato
discendeva dai profili di colpa omissiva indicati nel capo di imputazione.
Segnatamente, il primo giudice considerava che De Angelis, nel redigere il
progetto relativo all’edificazione della nuova copertura, era gravato da un triplice
ordine di obblighi, di fonte contrattuale e legale, secondo gli strumenti tecnici e
normativi vigenti, così sintetizzabili: 1) l’effettuazione della verifica dello stato del
fabbricato, preesistente rispetto ai lavori; 2) la predisposizione di un progetto
strutturale, relativo ai nuovi lavori; 3) l’eventuale opera di consolidamento del
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/,

fabbricato, ove necessario, secondo la tipologia dell’intervento. Ciò posto, il
Tribunale osservava che l’intervento di cui si tratta doveva qualificarsi come
sopraelevazione; e considerava che, conseguentemente, ai sensi del d.m.
16.01.1996, vi era l’obbligo di procedere ad un intervento di adeguamento, per
rendere l’edificio atto a resistere alle azioni sismiche. In particolare, il Tribunale
rilevava che De Angelis non aveva effettuato lo studio preliminare dell’organismo
edilizio; che, nella Relazione illustrativa e tecnica acquisita agli atti, aveva descritto

mancava l’analisi sullo stato del preesistente edificio e sulla capacità di resistenza
alle forze sismiche, rispetto alle possibili variazioni di assetto statico, indotte dalla
nuova opera.
Il Tribunale riteneva sussistente il nesso di derivazione causale tra la
descritta condotta omissiva posta in essere dal garante e l’evento, osservando che
qualora l’imputato avesse rispettato le prescrizioni di legge, prima di procedere alla
sopraelevazione, si sarebbe reso conto dello stato di fatiscenza dell’immobile ed
avrebbe provveduto al consolidamento della struttura preesistente. Il Tribunale
osservava che l’imputato, ove avesse effettuato le verifiche previste dalla normativa
vigente, avrebbe proposto all’assemblea condominiale le possibili soluzioni e messo
in guardia i condomini, rispetto alle precarie condizioni statiche dell’immobile ed alle
sue scarse capacità di resistenza alle azioni sismiche; che tale conoscenza avrebbe
sortito effetti salvifici per gli sfortunati residenti del condominio, posto che dinanzi
al pericolo, costituito dalla sequenza sismica manifestatasi nel gennaio del 2009,
costoro avrebbero potuto valutare una gamma più ampia di precauzioni; e che
l’assemblea condominiale, ove correttamente informata, avrebbe potuto disporre il
consolidamento del palazzo.
2. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 10.02.2014, in
parziale riforma della richiamata sentenza, rideterminava la pena originariamente
inflitta, concedeva all’imputato il beneficio della sospensione condizionale, eliminava
la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici e confermava nel resto.
Il Collegio osservava che l’imputato, se pure aveva realizzato un intervento
che non comportava la necessità di un progetto strutturale descrittivo delle nuove
opere, aveva omesso di effettuare la verifica sulla statica dell’edificio, accertamento
necessitato, anche al fine di qualificare come “minimali” i lavori di realizzazione
della copertura. Sul punto, la Corte territoriale evidenziava che De Angelis aveva
omesso qualsiasi verifica sulla stato del palazzo, non aveva predisposto un progetto
esecutivo/strutturale dei nuovi lavori con le opportune relazioni di calcolo, né aveva
analizzato le reciproche relazioni, tra il preesistente stato dell’edificio e i nuovi lavori
da realizzare. La Corte di merito sottolineava, inoltre, che l’imputato aveva omesso
di presentare la documentazione tecnica al Genio Civile, di cui al punto 1.3 del
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in modo del tutto generico le modalità di realizzazione della nuova opera; e che

Titolo II, Capitolo 1 0 , del D.M. 20.11.1987, documentazione che deve essere
presentata anche qualora risulti che non occorrono provvedimenti di
consolidamento; e che nella relazione tecnica prodotta al Genio Civile non era
dimostrato che i nuovi lavori non producessero modifiche sostanziali del
comportamento strutturale dell’edificio.
Il Collegio considerava che dette omissioni risultavano drammaticamente
rilevanti, se poste in relazione con le condizioni dinamicamente precarie dell’edificio,

realizzate, avrebbero certamente avuto l’effetto di evitare il crollo, in quanto il
prevenuto avrebbe potuto agevolmente verificare la scarsa qualità del materiale
costruttivo; censire la quantità di aperture (luci e finestre) effettuate sui muri
portanti; verificare la qualità dei collegamenti tra muri portanti e solai di piano. Al
riguardo, in sentenza si osserva che De Angelis avrebbe potuto riferire
all’assemblea condominiale le informazioni così acquisite sulle precarie condizioni
del fabbricato e sulla scarsa capacità di resistenza dello stesso alle azioni sismiche;
e che l’assemblea avrebbe così potuto adottare i possibili rimedi per rendere
l’edifico più solido. Con la precisazione che anche nel caso in cui l’assemblea non
avesse scelto di deliberare, negli anni successivi, l’effettuazione di interventi per
rinforzare le strutture dell’edificio, qualora l’imputato avesse fornito le dovute
informazioni, i condomini avrebbero potuto meglio valutare i comportamenti
precauzionali da assumere, per tutelare la propria incolumità, di fronte al pericolo
costituito da scosse di terremoto di intensità e frequenza crescente, manifestatesi
sin dal gennaio del 2009.
Il Collegio osservava, infine, che a prescindere dalla qualificazione
dell’intervento di cui si tratta come “sopraelevazione”, le accertate caratteristiche
dei nuovi lavori imponevano di effettuare la valutazione di sicurezza del fabbricato
preesistente.
3. Avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila ha proposto ricorso
per cassazione Diego De Angelis, a mezzo del difensore.
Con unico articolato motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e
vizio motivazionale.
L’esponente osserva che il presente procedimento è caratterizzato da un
radicale contrasto tra le conclusioni rassegnate da periti e consulenti tecnici e la
ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. La parte osserva che le sentenze
di primo e secondo grado affermano che De Angelis avrebbe omesso di effettuare i
dovuti controlli, prima di procedere alla esecuzione dei nuovi lavori; che
l’effettuazione dei predetti controlli avrebbe dovuto indurre il De Angelis ad
effettuare interventi di consolidamento dell’edificio; e che in tal caso il fabbricato
avrebbe resistito al terremoto del 2009.
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come accertate in corso di dibattimento. E sottolineava che le condotte omesse, ove

Il ricorrente osserva che i periti hanno di converso affermato che non
ricorrevano i presupposti per procedere al consolidamento; che l’intervento era
minimale; che non occorreva l’effettuazione di progettazione strutturale e neppure
di relazioni sullo stato e la consistenza del fabbricato prima della nuova opera e
rispetto alla capacità di resistenza dell’edificio a sollecitazioni sismiche.
Ciò posto, l’esponente osserva che il dissenso del giudice di primo grado dai
pareri tecnici resi dagli esperti, nel caso di specie, non risulta plausibilmente

ha sviluppato un percorso argomentativo ancora diverso. La parte osserva che la
Corte territoriale ha affermato che le ricostruzioni dell’intervento effettuate dai
periti si sono basate su mere supposizioni, posto che l’edificio è ormai crollato. Il
deducente considera che neanche le conclusioni espresse dai giudici di appello,
rispetto alla valenza causale da assegnare alle ritenute omissioni ascrivibili
all’imputato, non risultano verificabili. E rileva che la stessa sentenza impugnata
considera che nel contratto di appalto stipulato con l’impresa costruttrice l’opera da
realizzare era puntualmente descritta.
L’esponente osserva che la Corte territoriale ha affermato che De Angelis
avrebbe dovuto effettuare una analisi comparativa tra lo stato preesistente e quello
futuro del fabbricato, procedendo alla verifica dell’intera consistenza dell’edificio. Al
riguardo, la parte considera che la normativa vigente, contenente norme tecniche
per le costruzioni in zone sismiche, prevede che, nel caso di interventi di
miglioramento, il relativo progetto deve riguardare unicamente le opere
interessate; ed assume che, nel caso, l’intervento consisteva in una semplice
modifica del tetto. Il ricorrente osserva che, conseguentemente, non è dato
comprendere le ragioni per le quali De Angelis avrebbe dovuto effettuare le
verifiche reclamate dalla sentenza impugnata; e che neppure risulta comprensibile
il motivo per il quale i giudici hanno disatteso la valutazione effettuata dai periti,
sulla natura dell’intervento di cui si tratta che non comportava una modifica delle
altezze. L’esponente rileva allora che le omissioni che si ascrivono all’imputato non
possono essere definite come rilevanti, rispetto al crollo del palazzo.
Il ricorrente ha depositato motivo nuovi.
Con il primo motivo nuovo la parte rileva che la Corte di Appello si è
illogicamente discostata dalle conclusioni espresse dai periti, osservando che i
tecnici si erano basati su supposizioni non verificabili, per l’intervenuto crollo
dell’edificio.
Con il secondo motivo nuovo l’esponente denuncia il vizio motivazionale, in
riferimento alla sussistenza del nesso di causalità tra il crollo dell’edificio e le morti
verificatesi e le condotte omissive ascritte al De Angelis. Osserva che nel caso la
Corte territoriale ha omesso di individuare la legge universale o statistica di
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giustificato. E che la Corte di Appello, nel discostarsi parimenti dell’opinione tecnica,

riferimento, rispetto al tipo di fenomeno. Il ricorrente considera che il sisma deve
comunque essere qualificato come causa da sola sufficiente a determinare l’evento,
ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. pen.
Con il terzo motivo nuovo l’esponente contesta che De Angelis abbia assunto
una posizione di garanzia rispetto al consolidamento dell’edificio, posto che i lavori
di effettuati dall’imputato non possono qualificarsi come sopraelevazione. La parte
rileva che la Corte di Appello ha sviluppato un ragionamento artificioso, che non
trova riscontro sul piano scientifico.

Con il quarto motivo nuovo vengono articolate censure, rispetto alla
sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Al riguardo, l’esponente ribadisce
che la normativa di riferimento prescriveva l’obbligo di procedere al consolidamento
del fabbricato solo in caso di sopraelevazione dell’edificio; considera che De Angelis,
a fronte di un intervento che non comportava alcun tipo di sopraelevazione,
qualificato come minimale dai periti, legittimamente non procedette al
consolidamento; e sottolinea che l’intervento aveva addirittura comportato una
riduzione di peso sulla struttura di circa 40 tonnellate. Il deducente esclude che
possano rinvenirsi nella condotta dell’imputato profili di colpa specifica e neppure di
colpa generica; e considera che l’evento non era prevedibile, con valutazione ex
ante, a fronte dello svolgimento dei lavori di copertura di cui si tratta, di carattere
minimale, e dello stato dell’edificio. Sotto altro aspetto, il ricorrente osserva che
l’evento non era evitabile, anche ipotizzando come realizzato il comportamento
alternativo corretto.
Con il quinto motivo nuovo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 434
cod. pen., in riferimento all’art. 449 cod. pen. Osserva che l’edifico versava in uno
stato di intrinseca fragilità, preesistente alla condotta del De Angelis; e rileva che
l’azione dell’imputato non ha creato ex novo alcuno stato di pericolo, ma, anzi, lo
ho ridotto, avendo prodotto una diminuzione del peso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
2. Si procede all’esame delle censure dedotte con il ricorso originario,
unitamente alle questioni affidate al primo motivo nuovo ed al terzo motivo nuovo.
I giudici di merito, concordemente, hanno affermato la penale responsabilità
dell’imputato, rispetto ai delitti di crollo e omicidio colposo plurimo, ritenendo che il
prevenuto sia venuto meno agli obblighi, di fonte contrattuale e legale, gravanti sul
progettista, in riferimento all’edificazione della nuova copertura del fabbricato di cui
si tratta, realizzata negli anni 2000 /2001.
I giudici, cioè, hanno valorizzando i profili di colpa omissiva, in assunto
emergenti dalla condotta posta in essere dal progettista, nella situazione data.
Tanto si afferma, posto che la ratio decidendi delle sentenze di merito poggia sulla
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.À,

ritenuta inosservanza, da parte dell’imputato, rispetto agli obblighi che avrebbero
imposto di effettuare la preventiva verifica della situazione strutturale del
fabbricato. Invero, il riferimento, pure contenuto nella sentenza della Corte di
Appello, al passaggio presente nella relazione tecnica presentata al Genio Civile,
circa l’esclusione di fenomeni di ribaltamento della costruzione per effetto di azioni
sismiche, non impinge la giustificazione della affermazione di responsabilità, che
discende dal mancato rispetto dei diversi obblighi gravanti sul progettista, come

Occorre, pertanto, soffermarsi sugli elementi strutturali della fattispecie
omissiva impropria, rispetto alla quale è intervenuta l’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, con specifico riguardo: al contenuto degli obblighi
impeditivi gravanti sul progettista; ed alla riconducibilità causale degli eventi alla
condotta attesa.
2.1 Soffermandosi sul primo ordine di questioni, occorre richiamare le
valutazioni espresse dalla Corte di Appello, nel procedere alla qualificazione
dell’intervento di rifacimento del tetto, effettuato nel 2000 e sulla selezione dei
conseguenti obblighi gravanti sul progettista. Il Collegio, discostandosi dall’opinione
tecnica resa dai consulenti e dai periti, ha affermato che i predetti l’avori non
possono qualificarsi come “mininiali”. La Corte distrettuale ha osservato che, anche
prescindendo dalla questione relativa alla intervenuta sopraelevazione dell’edificio,
per effetto del rifacimento della copertura, ciò che risulta decisivo è la consistenza
degli obblighi, gravanti sul progettista, il quale è tenuto a dimostrare che il nuovo
intervento non produce modifiche sostanziali sulla struttura dell’edificio. Muovendo
da tale assunto, il Collegio ha rilevato che il progettista De Angelis aveva lo
specifico dovere di effettuare una analisi comparativa, tra lo stato preesistente e
quello futuro del fabbricato, rispetto all’intervento programmato.
Non sfugge che le valutazioni che si sono ora sinteticamente richiamate
involgono l’interpretazione giuridica, come espressa in sede di merito, degli
strumenti edilizi rappresentati dal D.M. 24.01.1986, recante norme tecniche per le
costruzioni in zone sismiche, ripreso, senza modifiche, dal D.M. 16.01.1996, al
punto C.9.2.1, e seguenti, ove si specifica che “Nella relazione tecnica deve essere
dimostrato che gli interventi progettati non producano sostanziali modifiche nel
comportamento strutturale globale dell’edificio”. Detta specifica opinione
interpretativa, circa l’ambito di operatività degli strumenti edilizi di riferimento, non
viene altrimenti sindacata, in questa sede di legittimità. Ciò che rileva, nel presente
scrutinio, è che le riferite valutazioni, sulla consistenza degli obblighi gravanti sul
progettista, espresse dalla Corte territoriale, discendono, in realtà,
dall’apprezzamento relativo alla natura ed alla consistenza delle opere di
rifacimento della copertura del fabbricato. Deve osservarsi che nel procedere alla
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subito si vedrà.

selezione del contenuto degli obblighi gravanti sul progettista, rispetto ad interventi
su edifici preesistenti, effettuati in zona sismica, i giudici di merito hanno fatto
ampio riferimento alla consistenza delle opere di cui si tratta. Ed invero, nel
delineare le condotte omissive, penalmente rilevanti, riferibili all’imputato, sono
state espresse valutazioni rispetto alla doverosità delle analisi relative allo stato
preesistente dell’edificio ed alla capacità del fabbricato di resistere alle forze
sismiche, che discendono proprio dall’apprezzamento relativo alla morfologia ed alla

motivazionale (pagine 33 e 34 della sentenza impugnata) ove l’estensore chiarisce
che la valutazione di sicurezza del fabbricato esistente discende dalle caratteristiche
dell’intervento di cui si tratta, che non comportava un semplice incremento di
altezza in gronda e che non appariva realizzato con materiali leggeri.
In tali termini, si introduce l’analisi delle doglianze che involgono il percorso
argomentativo espresso dalla Corte territoriale, nel discostarsi dalle valutazioni rese
dai periti e dai consulenti tecnici, rispetto all’inquadramento delle opere di cui si
tratta.
Occorre richiamare i principi che, secondo diritto vivente, governano
l’apprezzamento giudiziale della prova scientifica da parte del giudice di merito e
che presiedono al controllo che, su tale valutazione, può essere svolto in sede di
legittimità.
Nel delineare l’ambito dello scrutinio di legittimità, secondo i limiti della
cognizione dettati dall’art. 609, cod. proc. pen., si è chiarito che alla Corte
regolatrice è rimessa la verifica sulla ragionevolezza delle conclusioni alle quali è
giunto il giudice di merito, che ha il governo degli apporti scientifici forniti dagli
specialisti. La Suprema Corte ha evidenziato, sul piano metodologico, che qualsiasi
lettura della rilevanza dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, utilizzabili nel
processo penale, non può avere l’esito di accreditare l’esistenza, nella regolazione
processuale vigente, di un sistema di prova legale, che limiti la libera formazione
del convincimento del giudice; che il ricorso a competenze specialistiche con
l’obiettivo di integrare i saperi del giudice, rispetto a fatti che impongono
metodologie di individuazione, qualificazione e ricognizione eccedenti i saperi
dell’uomo comune, si sviluppa mediante una procedimentalizzazione di atti
(conferimento dell’incarico a periti e consulenti, formulazione dei relativi quesiti,
escussione degli esperti in dibattimento) ad impulso del giudicante e a formazione
progressiva; e che la valutazione di legittimità, sulla soluzione degli interrogativi
imposti dalla concretezza del caso giudicato, riguarda la correttezza e conformità
alle regole della logica dimostrativa dell’opinione espressa dal giudice di merito,
quale approdo della sintesi critica del giudizio (Cass. Sez. 4, sentenza n. 80 del
17.01.2012, dep. 25.05.2012, n.m.).
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consistenza delle nuove opere. Decisivo richiamare, al riguardo, il passaggio

In tale ambito ricostruttivo, si è pure chiarito che il sapere scientifico
costituisce un indispensabile strumento, posto al servizio del giudice di merito; e
che, non di rado, la soluzione del caso posto all’attenzione del giudicante, nei
processi ove assume rilievo l’impiego della prova scientifica, viene a dipendere
dall’affidabilità delle informazioni che, attraverso l’indagine di periti e consulenti,
penetrano nel processo. Si tratta di questione di centrale rilevanza nell’indagine
fattuale, giacché costituisce parte integrante del giudizio critico che il giudice è

processo. Il giudice deve, pertanto, dare conto del controllo esercitato
sull’affidabilità delle basi scientifiche del proprio ragionamento, soppesando
l’imparzialità e l’autorevolezza scientifica dell’esperto che trasferisce nel processo
conoscenze tecniche e saperi esperienziali. E, come sopra chiarito, il controllo che la
Corte Suprema è chiamata ad esercitare, attiene alla razionalità delle valutazioni
che a tale riguardo il giudice di merito ha espresso nella sentenza impugnata. La
Suprema Corte, cioè, è chiamata a valutare la correttezza metodologica
dell’approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la
preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni
che utilizza ai fini della spiegazione del fatto (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786
del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Rv. 248944; Cass. Sez. 4, sentenza n. 42128
del 30.09.2008, dep. 12.11.2008, mm.). Si è pure considerato che il giudice di
merito può fare legittimamente propria, allorché gli sia richiesto dalla natura della
questione, l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, purché dia congrua ragione
della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di
non dover seguire; e che, nell’esercizio del relativo potere discrezionale, il giudice
deve enunciare, con adeguatezza e logicità, gli argomenti che si sono resi
determinanti per la formazione del suo convincimento (vedi, da ultimo, Cass. Sez.
4, sentenza n. 492 del 14.11.2013, dep. 10.01.2014, n.m.).
Applicando i principi di diritto ora richiamati, per condivise ragioni, al caso
che occupa, deve rilevarsi che la Corte di Appello, nel disattendere le valutazioni
rese da periti d’ufficio e consulenti tecnici di parte, sul carattere “minimale”
dell’intervento progettato dal De Angelis, ha espresso valutazioni che risultano
inficiate dalle denunziate aporie di ordine logico. Il Collegio, invero, da un lato ha
affermato che le valutazioni espresse dai periti di ufficio, come pure dai consulenti
di parte, si basavano su mere supposizioni, atteso che l’edificio era ormai crollato,
nel momento in cui i tecnici avevano effettuato le loro considerazioni. Si tratta di
assunto non conducente, atteso che gli stessi giudici osservano, e considerano, che
agli atti risulta acquisita la documentazione planimetrica dell’edificio e la relazione
tecnica del progetto di realizzazione del tetto. Dall’altro, la Corte ha rilevato che i
tecnici incaricati avevano operato una ricostruzione
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ex post dell’intervento di

chiamato ad esprimere sulle valutazioni di ordine extragiuridico emerse nel

rifacimento della copertura, mentre al progettista era richiesto di effettuare,

ex

ante, la valutazione relativa all’effetto che avrebbero prodotto i lavori, tenuto conto
dello stato preesistente del fabbricato, nell’ottica della resistenza sismica
dell’edificio. Anche la riferita valutazione, basata sulla ritenuta speculazione a
posteriori che sarebbe stata effettuata dai tecnici, rispetto ai doveri preliminari
gravanti sul progettista, discendenti dal tipo di intervento da realizzare, non appare
logicamente conferente. Tanto si afferma, avuto riguardo al tipo di indagine che era
stata demandata specificamente ai periti di ufficio, incombente disposto dal giudice

nel corso del dibattimento di primo grado, che involgeva l’analisi dell’edificio in
questione, rispetto alla tipologia dell’intervento realizzato nel corso dell’anno 2000.
Conclusivamente sul punto, deve rilevarsi che la Corte distrettuale, nel
discostarsi dai pareri espressi dagli esperti nel corso del giudizio, non ha enunciato,
con adeguatezza e logicità, gli argomenti che si sono resi determinanti per la
formazione del proprio convincimento, ma si è limitata ad esprimere una diversa
opinione, sulla tipologia dell’intervento realizzato dal De Angelis, opinione non
supportata da informazioni tecniche idonee a smentire le conclusioni rassegnate dai
periti di ufficio.
2.2 Occorre ora soffermarsi sull’ulteriore elemento costitutivo del reato
omissivo improprio per il quale si procede, relativo alla riconducibilità causale degli
eventi naturalistici, rispetto agli adempimenti che il progettista ha omesso di
realizzare; si tratta, cioè, di analizzare il tema relativo all’accertamento della
riferibilità causale degli eventi lesivi, provocati dal collasso del fabbricato per effetto
della scossa tellurica del 6.04.2009, ai richiamati comportamenti omissivi ascritti al
De Angelis.
Il tema in esame involge, come noto, l’analisi della utilità salvifica che è
dato assegnare alla condotta omessa, nel contesto fenomenologico di riferimento:
la Corte di Appello, al riguardo, ha affermato che il doveroso comportamento, da
parte del progettista De Angelis, il quale aveva l’obbligo di verificare lo stato
strutturale del fabbricato, avrebbe sortito due ordini di conseguenze: a) avrebbe
indotto l’assemblea dei condomini a deliberare negli anni seguenti al 2000
l’effettuazione di interventi strutturali di consolidamento dell’edificio; b) avrebbe
determinato i singoli condomini, allertati dallo sciame sismico manifestatosi nel
gennaio del 2009, ad adottare comportamenti autoprotettivi, una volta che i
medesimi condomini fossero stati resi edotti della carenza strutturale del
fabbricato; e ciò, se pure l’assemblea condominiale non avesse deliberato
l’effettuazione di opere di consolidamento strutturale del fabbricato. Secondo il
ragionamento sviluppato dalla Corte di merito, assumendo come adempiuta la
condotta attesa, è dato ritenere che gli eventi (rappresentati dalle morti delle
persone dimoranti nel palazzo crollato) non si sarebbero verificati. Ciò in quanto, il
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progettista De Angelis, in occasione dell’incarico di rifacimento del tetto, avrebbe
dovuto verificare le condizioni del fabbricato; così operando avrebbe accertato le
carenze strutturali dell’edificio; avrebbe, quindi, proposto ai condomini di deliberare
i necessari interventi di consolidamento strutturale dell’edificio, interventi che
avrebbero con ragionevole probabilità evitato il collasso dell’edifico, in occasione del
sisma (ipotesi sub a). In riferimento al diverso caso in cui l’assemblea condominiale
avesse scelto di non effettuare alcun intervento strutturale, il Collegio ha
considerato che i singoli condomini avrebbero potuto abbandonare l’edificio ritenuto

dinanzi al pericolo rappresentato dalle scosse verificatesi nel mese di gennaio 2009,
così limitando gli effetti dannosi del successivo crollo del palazz
i),(ipotesi sub b).

r

E bene, posto che deve escludersi la natura eccezion ed imprevedibile del
rischio sismico, nel contesto storico di riferimento di cui si tratta, come questa
Corte ha già avuto modo di chiarire (Sez. 4, Sentenza n. 2536 del 23/10/2015,
dep. 21/01/2016, Rv. 265794), occorre soffermarsi sulla valutazione espressa dalla
Corte territoriale, rispetto a ciascuna delle alternative ipotesi ricostruttive ora
richiamate, in riferimento agli ordinari criteri individuati dal diritto vivente, per
l’accertamento, in sede giudiziale, delle relazioni causali, tra una categoria di
condizioni ed una categoria di eventi.
Sul tema relativo ai criteri di accertamento del rapporto di causalità, la
giurisprudenza di legittimità ha osservato che deve considerarsi utopistico un
modello di indagine causale, fondato solo su strumenti di tipo deterministico e
nomologico-deduttivo, affidato esclusivamente alla forza esplicativa di leggi
universali: ciò in quanto, nell’ambito dei ragionamenti esplicativi, si formulano
giudizi sulla base di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi di contingenze
fattuali. In tale prospettiva, si è chiarito che il coefficiente probabilistico della
generalizzazione scientifica non è solitamente molto importante; e che è invece
importante che la generalizzazione esprima effettivamente una dimostrata, certa,
relazione causale tra una categoria di condizioni ed una categoria di eventi (cfr.
Cass. Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, Rv. 222138). Nella verifica
dell’imputazione causale dell’evento, cioè, occorre dare corso ad un giudizio
predittivo, sia pure riferito al passato: il giudice si interroga su ciò che sarebbe
accaduto se l’agente avesse posto in essere la condotta che gli veniva richiesta. Con
particolare riferimento alla casualità omissiva – che viene in rilievo nel caso di
specie – si osserva poi che la giurisprudenza di legittimità ha enunciato il carattere
condizionalistico della causalità omissiva, indicando il seguente itinerario
probatorio: il giudizio di certezza del ruolo salvifico della condotta omessa presenta
i connotati del paradigma indiziario e si fonda anche sull’analisi della
caratterizzazione del fatto storico, da effettuarsi
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ex post sulla base di tutte le

non sicuro, sulla scorta delle informazioni comunque ricevute dal De Angelis,

emergenze disponibili e culmina nel giudizio di elevata “probabilità logica” (Cass.
Sez. U, sentenza n. 30328, in data 11.9.2002, cit.); e che le incertezze alimentate
dalle generalizzazioni probabilistiche possono essere in qualche caso superate nel
crogiuolo del giudizio focalizzato sulle particolarità del caso concreto quando
l’apprezzamento conclusivo può essere espresso in termini di elevata probabilità
logica (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43786 del 17/09/2010, dep. 13/12/2010, Cozzini,
Rv. 248943). Ai fini dell’imputazione causale dell’evento, pertanto, il giudice di

con le particolarità della fattispecie concreta, chiarendo che cosa sarebbe accaduto
se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto all’imputato
dall’ordinamento. Si tratta di insegnamento da ultimo ribadito dalle Sezioni Unite
che si sono soffermate sulle questioni riguardanti l’accertamento giudiziale della
causalità omissiva ed i limiti che incontra il sindacato di legittimità, nel censire la
valutazione argomentativa espressa in sede di merito (cfr. Cass. Sez. U, sentenza
n. 38343 del 24.04.2014, dep. 18.09.2014, 261106). Nella sentenza ora
richiamata, le Sezioni Unite hanno sviluppato il modello epistemologico già indicato
nella citata pronunzia del 2002, delineando un modello dell’indagine causale capace
di integrare l’ipotesi esplicativa delle serie causali degli accadimenti e la concreta
caratterizzazione del fatto storico, chiarendo che, nel reato colposo omissivo
improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi
sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere
verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve
essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle
generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato
sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso
concreto.
E bene, la motivazione espressa dalla Corte territoriale, sul tema della
riferibilità causale dell’evento alla condotta omissiva del De Angelis, risulta carente,
rispetto al percorso epistemologico ora sinteticamente delineato, con riferimento ad
entrambi gli scenari causali, ipotizzati in sentenza. Con riguardo all’ipotesi sub a) ipotesi in cui l’evento naturalistico, dato dal crollo dello stabile, poteva essere
evitato dall’effettuazione di un consolidamento strutturale – nessuna indicazione
viene offerta, dalla Corte territoriale, rispetto alla probabilità che l’assemblea
condominiale avrebbe effettivamente deliberato, a fronte delle informazioni ricevute
dall’ingegnere De Angelis, all’esito delle doverose verifiche sullo stato del palazzo,
l’effettuazione di non meglio specificate opere di consolidamento dell’intero edificio,
tali da consentire, con “ragionevole probabilità”, allo stesso edificio di resistere al
sisma del 2009. Altrimenti detto, la sentenza non richiama neppure un principio di
prova, al fine di sostenere che, assumendo come adempiuta la condotta doverosa,
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merito deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente

si possa eliminare, con elevata probabilità logica, la verificazione dell’evento, dato
dal crollo del’edificio; ciò in quanto, non viene offerto alcun elemento che indichi le
ragioni in base alle quali ritenere che l’assemblea dei condomini, acquisita
l’informazione relativa allo stato del fabbricato, avrebbe deliberato l’effettuazione di
non meglio precisati interventi strutturali, con oneri di spesa rimasti del tutto
indefiniti.
Del resto, la stessa Corte di Appello appare consapevole del carattere del

scenario causale, nel quale il sub evento naturalistico è dato dai comportamenti
autoprotettivi che le persone dimoranti nell’edificio avrebbero potuto assumere, ove
rese edotte del reale stato del fabbricato. Introdotta in tali termini l’esame
dell’ipotesi sub b), non può che rilevarsi che, anche rispetto a tale scenario, i giudici
hanno omesso di spiegare, secondo il paradigma del ragionamento ipotetico
deduttivo sopra richiamato, le ragioni per le quali i condomini, dopo lo sciame
sismico del mese di gennaio 2009, in assenza di fenomeni indicativi della fragilità
strutturale del fabbricato, avrebbero, con alta probabilità logica, deciso di
abbandonare per diversi mesi l’edificio, così da non essere travolti dal crollo dello
stabile, che si sarebbe verificato la notte del 6 aprile 2009. A margine di tali rilievi,
è poi appena il caso di osservare che il percorso argomentativo posto a fondamento
della sentenza impugnata, in ordine al tema della riferibilità causale degli eventi agli
omessi accertamenti sullo stato dell’edificio da parte del De Angelis e rispetto alla
mancanza di informazioni veicolate dal predetto ingegnere all’assemblea dei
condomini, risulta carente anche rispetto ai più recenti arresti giurisprudenziali,
relativi alla cosiddetta causalità psichica. La Corte regolatrice ha infatti da ultimo
osservato che la causalità psichica, pur ponendosi in termini del tutto peculiari,
rispetto alle forme tradizionali della causalità relativa ai fenomeni d’indole
naturalistica – trattandosi di vicende che si combinano e risolvono integralmente
nell’ambito della dimensione spirituale della persona, indotta a tenere una
determinata condotta, dall’azione (o dalla comunicazione) di un terzo soggetto,
fuori da ogni possibile e concreta opportunità di osservazione o di verifica – non
sfugge, ai fini del giudizio penale, alla necessità della preventiva ricerca di possibili
generalizzazioni esplicative delle azioni individuali, sulla base di consolidate e
riscontrabili massime di esperienza, capaci di selezionare ex ante le condotte
condizionanti (socialmente o culturalmente tipizzabili), da sottoporre
successivamente all’accertamento causale ex post.

Con la precisazione che, alla

posizione (in termini congetturali) di tale ipotesi deve necessariamente far seguito,
ai fini dell’affermazione concreta della relazione causale, il rigoroso e puntuale
riscontro critico fornito dalle evidenze probatorie e dalle contingenze del caso
concreto (secondo il procedimento logico dell’induzione), suscettibili di convalidare
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tutto ipotetico dell’assunto, tanto che, in sentenza, viene ipotizzato un secondo

o falsificare l’ipotesi originaria e, contestualmente, di escludere o meno la
plausibilità di ogni altro decorso causale alternativo, al di là di ogni ragionevole
dubbio (Sez. IV, sentenza n. 12478 del 19 novembre 2015, P.G. in proc. Barberi e
altri, n.nn.).
Come si vede, nel caso di specie si è affermato, in termini congetturali,

il

condizionamento che sarebbe derivato dall’attività informativa dell’imputato,
rispetto alle possibili deliberazioni dell’assemblea condominiale ed in ordine ai

necessaria verifica controfattuale, da svolgersi in termini particolarmente rigorosi e
puntuali, proprio in considerazione della natura delle relazioni causali di cui si
discute.
3. Si impone, per quanto detto, l’annullamento della sentenza impugnata
perché il fatto-reato, come ritenuto in sentenza, non sussiste. Come sopra chiarito,
invero, sfugge la prova della sussistenza degli elementi strutturali del reato
omissivo improprio, sia in riferimento al contenuto degli obblighi impeditivi gravanti
sul De Angelis; sia con riguardo all’accertamento della relazione causale,
intercorrente tra la condotta che si ritiene omessa e gli eventi lesivi, in concreto
verificatisi. Nel delineato quadro di carenza probatoria, come riportato dal giudice di
merito, sfugge la possibilità di una riconsiderazione alternativa del compendio
fattuale, in sede di riedizione del giudizio di merito, rìspetto alle ipotesi di reato in
addebito. La sentenza, pertanto, deve essere annullata senza rinvio, non
residuando margini per un utile esercizio dei relativi poteri discrezionali, da parte
del giudice, in sede di giudizio rescissorio. Resta assorbito ogni ulteriore tema di
doglianza.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma in data 01.06.2016.

comportamenti auto protettivi dei singoli occupanti l’edificio, in assenza della

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