Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28564 del 01/06/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 28564 Anno 2016
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

Data Udienza: 01/06/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STIGLIANO ENNIO N. IL 05/10/1950
avverso la sentenza n. 55/2014 TRIBUNALE di CASTROVILLARI,
del 12/05/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/06/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Castrovillari, con sentenza in data 12.05.2015, in riforma
della sentenza assolutoria resa dal Giudice di Pace di Trebisacce il 3.02.2014,
dichiarava Stigliano Ennio responsabile del delitto di lesioni colpose ascritto al
prevenuto, con condanna alla pena di mesi due di reclusione ed C 250,00 di multa,
oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili. Al prevenuto si
contesta, nella sua qualità di esercente l’attività di spettacoli pirotecnici, per colpa
generica consistita nell’aver predisposto una serie di mortai pirotecnici omettendo di

alcuni mortai all’esterno delle apposite rastrelliere, di avere cagionato lesioni
personali gravi alla minore Barbaro Francesca, ed ai genitori della bambina, Barbaro
Michele e Tarantini Annunziata, persone che venivano attinte dall’esplosione di un
artificio.
Il Tribunale rilevava che la decisione del Giudice di pace era intrinsecamente
contraddittoria; e che gli accertamenti tecnici effettuati avevano consentito di
accertare che numerosi mortai non erano stati collocati all’interno della rastrelliera
ed uno semplicemente appoggiato alla struttura; così che la sequenza dei colpi
esplosi nei pressi di un mortaio, aveva determinato il ribaltamento del mortaio e
l’esplosione di un artificio pirotecnico in direzione dell’autovettura presso la quale le
tre vittime stavano sostando. Sotto altro aspetto, il Tribunale considerava che la
sentenza del primo giudice non era condivisibile neppure in riferimento agli obblighi
di delimitazione e vigilanza della zona di sicurezza interdetta all’accesso del
pubblico.
2. Avverso la richiamata sentenza del Tribunale di Castrovillari ha proposto
ricorso per cassazione Stigliano Ennio, a mezzo del difensore.
Dopo aver ripercorso i termini dell’intera vicenda processuale, con il primo
motivo l’esponente denuncia travisamento della prova e vizio di motivazione.
A sostegno dell’assunto, la parte si sofferma diffusamente sulla
ricostruzione della dinamica del fatto che dà origine all’imputazione; e sul contenuto
delle assunte prove dichiarative, con particolare riferimento al consulente Mancino
Vincenzo.
Con il secondo motivo l’esponente si duole del mancato apprezzamento di
prove decisive. Osserva che la motivazione resa dal Tribunale è manifestamente
illogica, anche rispetto a quanto emerso in riferimento alla vigilanza della zona di
sicurezza interdetta al pubblico. L’esponente richiama le dichiarazioni rese dal
Comandante dei Vigili del Fuoco, escusso all’udienza del 2.12.2013, circa
l’apposizione di nastro segnaletico e la chiusura delle strade.
Con il terzo motivo il ricorrente osserva che il Tribunale ha omesso di
considerare il comportamento gravemente colposo assunto da Barbaro Michele, il
2

segnalare e vigilare la zona di sicurezza inibita al pubblico e nell’aver posizionato

quale non curante degli sbarramenti che erano stati apposti, si era portato nel sito
ove avvenivano gli spari.
Con il quarto motivo la parte deduce la violazione di legge, rispetto all’art.
52, comma 2, lett. a), d.lgs. 274/2000, posto che il Tribunale, nel riformare la
sentenza assolutoria del Giudice di Pace di Trebisacce, ha illegittimamente applicato
la pena detentiva, non irrogabile nell’ambito dei procedimenti di competenza del
giudice di pace.
Con il quinto motivo l’esponente si duole della mancata concessione delle

Con il sesto motivo il ricorrente censura la sentenza del Tribunale, rispetto
alla denegata sospensione condizionale della pena.

Considerato in diritto
1.

Il ricorso in esame impone i rilievi di seguito esposti.

2. Procedendo all’esame congiunto dei primi tre motivi di ricorso, con i
quali viene dedotto il vizio motivazionale, rispetto all’affermazione di responsabilità
dell’imputato, pronunciata dal Tribunale sulla base del diverso apprezzamento delle
prove dichiarative che erano state assunte nel giudizio di primo grado, occorre
rilevare che la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che
dall’attuale assetto interpretativo dell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen., discende
una specifica modalità argomentativa della sentenza di appello che riformi la
decisione assolutoria di primo grado. In tale ipotesi, il giudice del gravame non
deve soltanto effettuare una logica ricostruzione dei fatti e darne adeguatamente
conto nella motivazione ma deve necessariamente confrontarsi, in modo esplicito,
con la decisione di primo grado e rilevare se la diversa decisione sia conseguenza di
una valutazione alternativa del medesimo materiale probatorio o, invece, di specifici
errori, logici o fattuali. Nel primo caso, infatti, la sentenza assolutoria risulta
soltanto “alternativa”, rispetto a quella di condanna resa dal giudice di appello, di
talché non potrà che ritenersi la sussistenza di un “ragionevole dubbio”, in favore
dell’imputato, atteso che la sua responsabilità viene a discendere – unicamente – da
una riconsiderazione del medesimo materiale probatorio. Nel secondo caso, invece,
la riforma “in peius” risulta legittima, laddove vengano individuati i punti che
rendono insostenibile la decisione di primo grado, per errore di valutazione della
prova o per snodi illogici del ragionamento, ovvero per omissione di valutazione di
elementi fondamentali, quali prove non considerate od erroneamente ritenute
inutilizzabili. E solo in quest’ultimo caso la “lettura” proposta dalla sentenza di
condanna, a seguito di appello, può essere considerata come l’unica possibile, alle
date condizioni (cfr. Cass. Sez. 6, n. 1266 del 10/10/2012, dep. 10/01/2013, Rv.
254024).

attenuanti generiche.

2.1 Orbene, applicando i richiamati principi di diritto, per condivise ragioni,
al caso di specie, deve osservarsi che il Tribunale di Castrovillari ha disatteso la
citata regola processuale, espressa dal diritto vivente, riformando “in peius” la
sentenza di assoluzione, sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di
prove dichiarative considerate decisive.
In particolare, il Tribunale non ha chiarito per quale ragione la discrepanza
evidenziata dal primo giudice, tra il contenuto degli accertamenti sullo stato dei

tecnici nominati dal pubblico ministero, fosse da ritenersi superabile. Invero, il
Tribunale si è soffermato, unicamente, sulle considerazioni effettuate dai consulenti
tecnici rispetto agli effetti del difettoso funzionamento della miccia ritardante, senza
soffermarsi sullo specifico tema di prova, relativo al posizionamento degli elementi
pirotecnici, in assunto accusatorio avvenuto anche all’esterno delle apposite
rastrelliere; e proprio sul diverso apprezzamento delle dichiarazioni
complessivamente rese in dibattimento dal consulente tecnico Mancino, rispetto al
posizionamento degli elementi pirotecnici, il Tribunale ha fondato il ribaltamento del
giudizio assolutorio. Medesimo ordine di considerazioni si impone con riguardo alla
valutazione espressa dal Tribunale rispetto all’inosservanza degli obblighi di
delimitazione e segnalazione della zona di sicurezza, da parte dell’imputato, che il
giudice del gravame ha fondato sul diverso apprezzamento delle prove dichiarative
acquisite agli atti.
2.2 A questo punto della trattazione deve considerarsi che le Sezioni Unite
hanno recentemente chiarito che il giudice di appello, qualora ritenga di riformare
nel senso dell’affermazione di responsabilità dell’imputato la sentenza di
proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione della prova
dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso le
relative dichiarazioni; e ciò in ragione di una interpretazione convenzionalmente
orientata (ex art. 6, par. 3, lett. d, CEDU) dell’art. 603 cod. proc. pen. Con la
precisazione che la sentenza del giudice di appello che, in riforma di quella di
proscioglimento di primo grado, affermi la responsabilità dell’imputato sulla base di
una diversa valutazione della prova dichiarativa, ritenuta decisiva, senza avere
proceduto alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, risulta affetta da vizio di
motivazione, deducibile dal ricorrente a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod.
proc. pen., in quanto la condanna contrasta, in tal caso, con la regola di giudizio “al
di là di ogni ragionevole dubbio” di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. E si
tratta di principi che trovano applicazione anche nel caso di riforma della sentenza
di proscioglimento di primo grado sull’appello promosso dalla parte civile (Sez. U,
sentenza 28/04/2016, n.m.).
4

luoghi effettuati dai Carabinieri e quelli successivamente compiuti dai consulenti

2.3 Si apprezza, pertanto, pure la sussistenza del riferito vizio
motivazionale, come declinato dal diritto vivente, vizio dedotto dall’esponente con
le richiamate doglianze, che censurano il diverso apprezzamento delle prove
dichiarative effettuato dal giudice dell’appello, nel riformare la pronuncia assolutoria
di primo grado.
3.

La natura assorbente dei rilievi ora svolti assolve il Collegio

dall’esaminare gli ulteriori motivi di ricorso, afferenti alla dedotta illegittimità della

del giudice di pace, alla dosimetria sanzionatoria ed al regime dei benefici.
4.

In conclusione, si impone, per quanto detto, l’annullamento della

sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Castrovillari, per l’ulteriore corso. Al
giudice di merito, in sede di rinvio, viene pure demandata la regolamentazione delle
spese tra le parti del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Castrovillari per nuovo
esame, cui rimette anche la regolamentazione delle spese tra le parti del presente
giudizio.
Così deciso in Roma in data 01 giugno 2016.

pena detentiva inflitta dal Tribunale, nell’ambito di un procedimento di competenza

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