Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28550 del 19/02/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28550 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: SARACENO ROSA ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMPANELLA ANTONIO N. IL 01/06/1962
avverso l’ordinanza n. 50/2015 TRIB. LIBERTA’ di CHIETI, del
10/09/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA ANNA
SARACENO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. tjek .9i,.ette
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Data Udienza: 19/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto emesso il data 10 marzo 2015 il Pubblico Ministero presso il
Tribunale di Chieti, ordinava procedersi alla perquisizione presso l’ abitazione di
Campanella Antonio, adducendo la seguente testuale motivazione « appaiono
sussistere elementi per ritenere che l’indagato detenga illecitamente armi, atteso
il provvedimento di divieto del prefetto ( di detenere armi, munizioni e materie
esplodenti) e la domanda di variazione del nome in nome di matrice islamica

sequestro probatorio di quanto rinvenuto e ritenuto utile al fine della
prosecuzione delle indagini».
1.1 Nel corso della perquisizione eseguita 1’11.3.2015, previa contestuale e
rituale notifica all’interessato del decreto di perquisizione e sequestro, veniva
rinvenuto e sequestrato un pugnale della lunghezza complessiva di cm. 26 e con
lama di cm. 15,5.
1.2 Con istanza del 16.3.2015 Campanella chiedeva al Pubblico Ministero il
dissequestro del coltello.
Il Pubblico Ministero, con decreto del 30.3.2015, notificato in data
31.8.2015, rigettava l’istanza.
1.3 Avverso tale provvedimento Campanella avanzava istanza di riesame ex
art. 324 cod. proc. pen., lamentando la tardività del decreto di convalida, per
mancato rispetto del termine di cui all’art. 355 cod. proc. peli., comma 2 ed
eccependo l’insussistenza di vincolo pertinenziale tra il coltello caduto in
sequestro e l’ipotizzato reato ex art. 697 cod. pen., nonché l’illegittimità della
perquisizione domiciliare, disposta sulla base di un mero sospetto.
1.4 Con ordinanza del 10 settembre 2015, il Tribunale del riesame di Chieti,
qualificava il ricorso in appello ex art. 322 bis cod. proc. pen. siccome proposto
avverso il provvedimento reiettivo dell’istanza di dissequestro e, ritenuta
inammissibile ogni questione relativa al decreto di sequestro, deducibile con il
rimedio di cui all’art. 324 cod. proc. pen., per la cui proposizione erano
ampiamente decorsi i termini, rigettava la richiesta ritenendo sussistente il
fumus del reato ascritto ed essendo il pugnale corpo del reato e bene
“suscettibile di confisca”.
2. Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso per cassazione, con atto
recante personale sottoscrizione, il Campanella, deducendo violazione di legge e
vizio di motivazione e osservando che: a) il coltello in sequestro, erroneamente
indicato quale pugnale ” in base alle fattezze e alla lunghezza della lama”, non
poteva considerarsi arma propria, ai sensi dell’art. 697 cod. pen., trattandosi di
semplice coltello liberamente detenibile, rivenuto all’interno della propria
1

dallo stesso presentata alla Prefettura» nonché procedersi al «contestuale

abitazione e sul tavolo della cucina: b) la perquisizione era stata eseguita in
difetto di sussistenza di oggettivi indizi, ma sulla base di un mero sospetto; c) la
mancata convalida nei termini di legge del sequestro ne aveva determinato
l’inefficacia e il conseguente obbligo di restituzione del bene sottoposto al
vincolo; d) il richiamato decreto prefettizio, impositivo del divieto di detenzione
di armi, munizioni e materie esplodenti, era stato ritualmente impugnato.

1. Va rilevato, in limine, che, a fronte di un sequestro probatorio, l’indagato
ha due possibilità:
a) impugnare, davanti al Tribunale del riesame, il sequestro probatorio e, in
caso di reiezione, ricorrere per cassazione ex art. 325 cod. proc. pen.;
b) chiedere al Pubblico Ministero, la restituzione dei beni sequestrati e, in
caso di reiezione, proporre opposizione davanti al giudice per le indagini
preliminari ai sensi dell’art. 263 cod. proc. pen., comma 5, la cui decisione può
essere impugnata per cassazione a norma del combinato disposto degli artt.
263, comma 5 e 127, comma 7 cod. proc. pen..
1.1 Applicando i suddetti principi al caso di specie ne consegue che il
Tribunale dell’appello delle misure cautelari reali difettava della competenza
funzionale a conoscere del gravame avverso il provvedimento di reiezione della
richiesta di dissequestro delle cose sequestrate ai sensi dell’art. 253 cod. proc.
pen. e che del tutto erroneo è il riferimento operato all’art. 322 bis cod. proc.
pen. che contempla il rimedio dell’appello in materia di sequestro preventivo.
2. Al rilievo officioso dell’incompetenza, che questa Corte opera ai sensi
dell’art. 609 cod. proc. pen., comma 2, consegue l’annullamento senza rinvio
dell’ordinanza impugnata.
Essendo, come precisato, lo specifico rimedio in relazione ai provvedimenti
adottati nella fase delle indagini preliminari dal Pubblico Ministero, in ordine alla
restituzione delle cose sequestrate, quello dell’opposizione al giudice per le
indagini preliminari, ai sensi dell’art. 263 cod. proc. pen., comma 5, consegue, ai
sensi dell’art. 568 cod. proc. pen., comma 5, la riqualificazione del gravame
esperito nel mezzo di impugnazione accordato dalla legge, in dispositivo
individuato.

P.Q.M.

2

Considerato in diritto

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e, qualificato il gravame come
opposizione, dispone la trasmissione degli atti al G.I.P. del Tribunale di Chieti.
Così d ciso in Roma, il 19 febbraio 2016

Il Presidente

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