Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28549 del 19/02/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 28549 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAGLIOTI ALESSANDRO nato a Torino il 15/11/1988
avverso l’ordinanza n. 210/2015 GIP TRIBUNALE di TORINO del
30/04/2015
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale dott. Pasquale Fimiani, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso, con le pronunce consequenziali.

Data Udienza: 19/02/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30 aprile 2015 il G.i.p. del Tribunale di Torino, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata da Caglioti
Alessandro, volta all’applicazione della disciplina del reato continuato con
riferimento ai reati di cui alle due richiamate sentenze, emesse nei suoi confronti
dal G.u.p. del Tribunale di Torino rispettivamente il 12/14 dicembre 2012 e il
11/22 ottobre 2013.

– con la seconda sentenza, resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., i reati,
commessi a Torino il 29 maggio 2012, il 5 giugno 2012 e il 29 giugno 2012,
erano stati considerati avvinti dal vincolo della continuazione;
– secondo il condiviso principio di diritto, il giudice dell’esecuzione non
poteva prescindere dal già intervenuto riconoscimento della continuazione in
sede di cognizione, con riguardo ad altri episodi analoghi, e poteva escludere
l’esistenza del vincolo solo con la dimostrazione dell’esistenza di specifiche e
significative circostanze che facessero ragionevolmente ritenere la non
riconducibilità degli ulteriori fatti, oggetto della richiesta, al disegno criminoso
delineato in sede di cognizione;
– doveva, tuttavia, ritenersi che non fosse possibile confondere !a unicità del
disegno criminoso con la semplice estrinsecazione di uno stile di vita incline alla
commissione di fatti di reato;
– i reati, dei quali l’istante era stato autore, della medesima indole e
commessi a breve distanza di tempo, erano, al contrario, indicativi di un genere
di vita incline al reato.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Emanuele Crozza, l’interessato Caglioti, che ne chiede
l’annullamento sulla base di due motivi, la cui illustrazione ha fatto precedere
dalla illustrazione della vicenda sottesa alla sua istanza.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea
applicazione della legge con riferimento all’art. 81 cpv. cod. pen.
Secondo il ricorrente, detta norma non prevede alcuna causa ostativa,
mentre il Giudice ha ritenuto che la presenza di uno stile di vita fosse
incompatibile con l’applicazione della continuazione, incorrendo in un grave
errore di diritto.
Inoltre, essendo stato già riconosciuto il vincolo della continuazione tra le
prime tre rapine, si sarebbe dovuto applicare in sede esecutiva l’istituto di cui
all’art. 81 cpv. cod. pen. alla quarta rapina, salva la prova di plurimi elementi

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Il Giudice rilevava, a ragione della decisione, che:

specifici che facessero ritenere che essa non rientrasse nel medesimo disegno
criminoso.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, il Giudice non ha in alcun modo motivato la decisione
di contraddire le ragioni per le quali il G.u.p. del Tribunale di Torino con la
sentenza del 11/22 ottobre 2013 aveva ritenuto di riconoscere la continuazione
in merito alla medesima vicenda, non ravvisando la condizione ostativa, invece

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per la declaratoria d’inammissibilità del ricorso per la sua manifesta
infondatezza

.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può
applicare in executivis l’istituto della continuazione, che non sia stato escluso dal
giudice della cognizione, nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili,
pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare, per
l’effetto, le pene inflitte per i reati separatamente giudicati.
2.1. Secondo principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, per la
configurabilità della continuazione è necessaria un’unica complessa deliberazione
preventiva, definita nei suoi dati essenziali, alla quale segua, per ogni singola
azione, una deliberazione specifica, mentre deve escludersi che un programma
solo generico di attività delinquenziale da sviluppare nel tempo secondo
contingenti opportunità, ovvero un mero sistema di vita siano idonei a far
riconoscere il rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen. (tra le altre, Sez. 1, n.
44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 5, n. 49476 del
25/09/2009, Notaro, Rv. 245833; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano,
R. 248862; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, Daniele, Rv. 255156;
Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896), rilevando la generica
deliberazione di reiterare comportamenti penalmente illeciti soltanto, in quanto
espressiva di un’attitudine soggettiva a violare la legge, a fini del tutto diversi -e
negativi per il reo- come la recidiva e l’abitualità criminosa (tra le altre, Sez. 5,
n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
La prova di detta congiunta previsione -ritenuta meritevole di trattamento
sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquz. , r2 di chi si

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ora ritenuta, senza alcun doveroso approfondimento e motivazione.

determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di
spinte criminose indipendenti e reiterate- deve essere di regola ricavata, poiché
attiene alla “inesplorabile interiorità psichica” del soggetto, da indici esteriori
significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle
condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep.
2009, Di Maria, Rv. 243632).
2.2. Indici esteriori apprezzabili vanno individuati in elementi costituiti dalla
distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità della condotta, dalla tipologia dei

condizioni di tempo e di luogo (Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, citata), senza
che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di
una unitarietà progettuale degli illeciti, mentre, aggiunto a un altro, incrementa
la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegro criminoso,
in proporzione logica corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie
favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, Bonasera, Rv. 246838).
In tal modo, di per sé l’omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale
di alcune di esse, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non
consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive
risalenti a un’unica deliberazione di fondo (tra le altre, Sez. 3, n. 21496 del
02/05/2006, Moretti, Rv. 235523; Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014,
P., Rv. 259094), con la conseguenza che l’identità del disegno criminoso deve
essere negata qualora la successione degli episodi sia tale da escludere,
malgrado la contiguità spazio-temporale e il nesso funzionale tra le diverse
fattispecie incriminatrici, la preventiva programmazione dei reati, ed emerga,
invece, l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello
cronologicamente anteriore (tra le altre, Sez. 6, n. 44214 del 24/10/2012,
Natali, Rv. 254793).
2.3. L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva
impone, pertanto, una riconsiderazione dei fatti giudicati, volta alla specifica
verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile
requisito per il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 cod. pen.
A tal fine la “cognizione” del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di
possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio
delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono
essere in continuazione (sentenze allegate o da acquisire

ex officio ai sensi

dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen.) e, attraverso il loro raffronto, alla luce
delle ragioni enunciate dall’istante (tra le altre, Sez. 5, n. 18586 del 04/03/2004,
D’Aria, Rv. 229826; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, Aloisio, Rv. 236261; Sez.
1, n. 14188 del 30/03/2010, Russo, Rv. 246840 Sez. 5, n. 37337 del
29/04/2011, Castellano, Rv. 250929; Sez. 1, n. 36289 del 08/05/2015, Malich,
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reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle

Rv. 265011), incombendo, invece, all’autorità giudiziaria il compito di procedere,
ai sensi dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen., ai relativi accertamenti con
l’acquisizione di documenti e informazioni e l’assunzione, ove occorra, di prove
nel contraddittorio delle parti, e alla successiva valutazione circa l’esistenza delle
condizioni (tra le altre, Sez. 5, n. 4692 del 14/11/2000, Sciuto M., Rv. 219253;
Sez. 1, n. 34987 del 22/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276).
2.3. Questa Corte ha da tempo anche precisato che non possono trascurarsi
in sede esecutiva i criteri di applicazione dell’art. 81 cod. pen. che risultano

reati oggetto delle singole sentenze di condanna, in quanto

“l’intenzione del

legislatore è appunto quella di porre rimedio, con l’art. 671 cod. proc. pen., a
eventuali lacune e carenze del giudizio di cognizione estendendo alla fase
esecutiva la possibilità di realizzare quella stessa unificazione che,
verosimilmente, sarebbe stata disposta con un’unica sentenza di condanna, se
questa avesse investito tutti i reati commessi dal soggetto interessato” (Sez. 1,
n. 1737 del 12/04/1991, Zanatta, Rv. 187579), e che “il giudice dell’esecuzione
non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice
della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente o
con un’unica sentenza, assumendo in tal caso le valutazioni espresse dal giudice
della cognizione una significativa valenza, che il giudice dell’esecuzione può
superare solo individuando specifici e concreti elementi idonei a dimostrare che
taluni fatti, anche se omogenei a quelli per i quali il nesso della continuazione è
stato riconosciuto, non possono essere ricondotti al medesimo disegno
criminoso” (Sez. 1, n. 11240 del 06/12/2000, dep. 2001, Bersani, Rv. 218523;
tra le successive, Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Ibba, Rv. 219529; Sez. 1, n.
21617 del 20/04/2011, Alfano, n.m.; Sez. 1, n. 28445 del 02/03/2012, Aprile,
n.m.; Sez.1, n. 41933 del 06/07/2012, Velardi, n.m. ; Sez. 1, n. 33399 del
10/07/2013, Purcariu, n.m.; Sez. 5, n. 39837 del 19/05/2014, Aprile, Rv.
262203).

3. L’ordinanza impugnata non si è adeguata a tali condivisi principi.
3.1. Il Giudice dell’esecuzione, infatti, pur partendo dal corretto richiamo
all’orientamento di questa Corte sul punto della non prescindibilità,
nell’applicazione dell’istituto della continuazione in sede esecutiva, dal suo già
operato riconoscimento con riguardo a episodi analoghi in sede cognitoria, e sul
punto della non riconoscibilità della unicità del disegno criminoso nello stile di
vita incline alla commissione di fatti di reato, ha limitato la sua decisione al
rilievo, sotto un primo profilo, che i numerosi reati ascritti all’istante,
dall’essere espressione di una pianificazione unitaria”,

“lungi

erano indicativi di “un

genere di vita incline al reato” e, sotto un secondo concorrente profilo, che tale
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adottati, nell’ambito di ciascun processo di cognizione, riguardo alla pluralità di

circostanza era riscontrata dalla

“acdarata reiterazione a breve distanza di

tempo di delitti tutti della medesima indole”, inducente a identificare nell’attività
criminale un’abituale fonte di sostentamento del loro autore.
L’ordinanza, con queste considerazioni, non ha logicamente evidenziate, in
linea con gli indicati principi di diritto, le ragioni giustificative della esclusione, nel
caso concreto, della unitarietà del disegno criminoso tra i reati, separatamente
oggetto di contestazione e separatamente giudicati nei processi definiti con le
due sentenze richiamate nella istanza.

prospettazioni difensive e allegazioni documentali, in esse comprese le sentenze
emesse a carico del richiedente, poste a sostegno dell’istanza di applicazione
dell’istituto di cui all’art. 671 cod. proc. pen., doveva verificare con riferimento al
caso concreto, attraverso le valutazioni espresse in ciascuna sentenza, se le
violazioni (rappresentate dal ricorrente quali rapine consumate con il medesimo
complice ai danni di gioiellerie in Torino), per la loro natura, le loro modalità di
commissione, il relativo contesto spazio-temporale e la loro causale, potevano
ricondursi a un disegno criminoso unitario; analizzare i dati sostanziali individuati
nella sentenza del 11/22 ottobre 2013 come dimostrativi della unicità del
disegno criminoso e della ritenuta continuazione interna tra le condotte
delittuose giudicate, commesse in Torino tra il 29 maggio 2012 e il 29 giugno
2012; verificare la coincidenza dei periodi temporali in cui le stesse condotte
delittuose erano state tenute e dimostrare l’esistenza di specifiche e significative
ragioni della non riconducibilità del reato commesso in Torino in data 8 agosto
2012, giudicato con la sentenza del 12/14 dicembre 2012, alla rappresentazione
unitaria già ravvisata per gli altri reati, cadenti in contiguo periodo temporale.
Il Giudice dell’esecuzione si è, invece, limitato a svolgere una disamina
astratta e generica, pervenendo a conclusioni la cui correttezza non è suscettibile
di reale verifica.

4. S’impone pertanto l’annullamento -con rinvio- dell’ordinarn impugnata
per nuovo, più approfondito, esame alla luce dei rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e

rinvia per nuovo esame al G.i.p. del

Tribunale di Torino
Così deciso in Roma il 19 febbraio 2016
Il Consigliere estensore

3.2. Il Giudice, infatti, avendo riguardo ai dati fattuali rilevabili dalle

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