Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28537 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28537 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DELL’ELCE TIZIANO N. IL 30/09/1959
avverso la sentenza n. 1906/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 15/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 17/05/2016

..
Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata in data 15 giugno 2014 la Corte di appello
dell’Aquila riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Pescara del 5 ottobre
2012 e rideterminava in mesi due, giorni venti di reclusione la pena inflitta
all’imputato Tiziano Dell’Elce, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art.
9, comma 1, I. n. 1423/56, per avere violato le prescrizioni inerenti la misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., non avendo condotto con sé la carta

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
a mezzo del difensore, il quale ha lamentato il vizio di motivazione e l’erronea
applicazione della legge penale in quanto con l’appello erano state articolate
censure, da ritenersi richiamate come parte integrante del ricorso, che non sono
state affrontate in ordine alla sussistenza del reato ed alla dosimetria della pena.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi aspecifici e privi di
autosufficienza.
1.11 ricorrente contesta la configurabilità del reato e l’entità della pena inflitta
richiamando quanto già dedotto con i motivi di appello, le cui richieste ha inteso
riproporre formalmente per rivolgerle a questa Corte di legittimità. Così strutturata,
l’impugnazione è priva di motivi rituali e specifici, che per il ricorso per cassazione
non possono limitarsi al semplice richiamo “per relationem” ai motivi di appello, allo
scopo di dedurre, con riferimento ad essi, la mancanza di motivazione della
sentenza che si intende impugnare. Come già affermato da questa Corte con
orientamento condivisibile “È inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si
limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del giudice dell’appello, delle
censure articolate con il relativo atto di gravame, rinviando genericamente ad esse,
senza indicarne il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle
questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità,
dovendo l’atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto da sottoporre a verifica” (Cass. sez. 3, n. 35964 del
04/11/2014, B e altri, rv. 264879; sez. 2, n. 9029 del 05/11/2013, Mirra, rv.
258962; sez. 6, n. 21858 del 19/12/2006, Tagliente e altro, rv. 236689).
Conseguentemente, la mancanza di tali requisiti rende l’atto di impugnazione
inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre effetti diversi dalla
dichiarazione di inammissibilità. Ne discende la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella

1

precettiva, fatto commesso il 16 settembre 2010.


proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Va, infine, rilevato che nel dispositivo della sentenza della Corte di appello è
contenuto un errore materiale, poiché la pena è indicata nella reclusione, anziché
nell’arresto: ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen., la correzione dovrà essere
disposta dalla stessa Corte di merito, alla quale vanno rimessi gli atti.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende. Visto l’art. 130 cod. proc. pen., manda alla Corte di appello dell’Aquila
per la correzione dell’errore materiale presente nel dispositivo della sentenza
impugnata laddove si è indicata la specie della pena nella reclusione, anziché
nell’arresto.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

P. Q. M.

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