Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28528 del 30/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28528 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SERAFINI SANDRO N. IL 12/12/1967
GIORDANI FABRIZIO N. IL 14/01/1982
avverso la sentenza n. 8284/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
09/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. AWAA’IN Sis.h),‘
che ha concluso per itu u1/44444 4( 4‘,4.Z,

x 4.4.”

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditii difensmiAvv.

acuto.

11 1JkUtQ

Data Udienza: 30/04/2013

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 9 marzo 2012, ha
sostanzialmente confermato, prosciogliendo gli imputati dal delitto

di rissa e

riducendo la pena per uno di essi, la sentenza del GUP presso il Tribunale di

condannato, derubricando l’originaria imputazione di tentato omicidio aggravato,
Giordani Fabrizio e Serafini Sandro per il reato di concorso in lesioni
pluriaggravate in danno di Amir Abdel Hakim nonché di porto abusivo di coltello.
In fatto, si era trattato di un’aggressione all’esterno di una pizzeria della
Capitale in data 14 giugno 2010.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi
gli imputati lamentando:
il Serafini, a mezzo del proprio difensore:
a) la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine
all’affermazione della penale responsabilità a titolo di concorso sia nelle lesioni
pluriaggravate (capo D dell’imputazione) che nella contravvenzione di porto
abusivo di coltello (capo E dell’imputazione);
b) una illogicità della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio,
con particolare riferimento alla contestata recidiva e all’aumento della pena
applicato in conseguenza nonché alla applicata continuazione ed al relativo
aumento di pena;
c) una motivazione contraddittoria e illogica in merito alla quantificazione
della concessa provvisionale.
Il Giordani, a mezzo del proprio difensore:
a) una motivazione illogica in ordine al trattamento sanzionatorio ritenuto
eccessivo e alla mancata concessione dell’attenuante dello stato d’ira
determinato dal fatto ingiusto altrui (articolo 62 n. 2 cod.pen.) nonché al
mancato proscioglimento per il delitto di rissa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili in quanto manifestamente infondati i motivi.

1

Roma del 4 febbraio 201, emessa a seguito di rito abbreviato, che aveva

2. Giova premettere, in punto di diritto e in via generale, come in tema di
ricorso per cessazione, quando ci si trovi dinanzi a una “doppia pronuncia
conforme” e cioè a una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale
segno (vuoi di condanna, vuoi di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento
possa essere rilevato in sede di legittimità, ex articolo 606 cod.proc.pen., comma
1, lett. e), solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione)
che l’argomento probatorio asseritamente travisato sia stato per la prima volta
secondo grado (v. Cass. Sez. IV 10 febbraio 2009 n. 20395).
Inoltre, in tema di sentenza di appello, non sussiste mancanza o vizio
della motivazione allorquando i Giudici di secondo grado, in conseguenza della
completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonché della
corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo
Giudice.
Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello,
fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico e
inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della
congruità della motivazione (v. Cass. Sez. II 15 maggio 2008 n. 19947).
La sentenza di merito non è, poi, tenuta a compiere un’analisi
approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame
dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche
attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in
modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni
fatto decisivo è stato tenuto presente, sì da potersi considerare implicitamente
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate,
siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass. Sez. IV 13
maggio 2011 n. 26660).
3. Il primo motivo del ricorso Serafini è manifestamente infondato.
In base alla concezione unitaria del concorso di persone nel reato, accolta
dall’articolo 110 cod.pen., l’attività costitutiva del concorso può essere
rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile
contributo, in tutte o alcune delle fasi di ideazione, organizzazione ed
esecuzione, alla realizzazione collettiva, anche soltanto mediante il rafforzamento
dell’altrui proposito criminoso o l’agevolazione dell’opera dei concorrenti; in
sostanza, quando il partecipe, per effetto della sua condotta cosciente idonea a
facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della produzione del reato,
egli risponde non solo degli atti da lui compiuti, ma anche di quelli posti in essere
2

introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di

dagli altri, convergenti nell’offesa all’interesse protetto dalla norma incriminatrice
(v. a partire da cass. Sez. V 9 gennaio 1990 n. 7961).
Ne segue che non è neppure necessario un previo accordo diretto alla
causazione dell’evento, ben potendo il concorso esplicarsi in un intervento di
carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno dell’azione altrui, ancora in
corso quand’anche iniziata all’insaputa del correo (v. Cass. Sez. V 15 maggio
2009 n. 25894).
esame le doglianze dell’odierno ricorrente proprio in merito alla sua effettiva
partecipazione a titolo di concorso all’episodio criminoso e ne ha logicamente
motivato la sussistenza, per cui non può richiedersi a questa Corte di legittimità
di entrare nel merito dei fatti ormai accertati in sede territoriale.
Analogamente, per quanto attiene al porto abusivo del coltello, i Giudici
del merito hanno logicamente espresso, sulla base del compendio istruttorio, la
responsabilità a tal proposito dell’odierno ricorrente e non può richiedersi a
questa Corte una rilettura degli elementi fattuali.
4. Quanto al secondo motivo, giova premettere come il trattamento
sanzionatorio non possa essere censurato allorquando si sia mantenuto nei limiti
legali e il Giudice del merito, avvalendosi dei suoi poteri di esame dei fatti e della
personalità del reo, ne abbia giustificato logicamente l’applicazione.
Nella specie, la Corte di merito, da un lato, ha correttamente motivato
circa l’esistenza della contestata recidiva e d’altro canto, nella quantificazione
della pena, ha tenuto conto della marginalità della partecipazione del ricorrente
ai fatti di causa diminuendo la pena inflitta dal primo Giudice, per cui non vi è
alcuna violazione di legge né manifesta illogicità della motivazione.
Il ricorrente, infine, non ha ben compreso l’aumento effettuato dalla Corte

territoriale a titolo di continuazione con l’ascritta contravvenzione di cui al capo
E) dell’Imputazione che è stato, in effetti, di mesi uno e non di mesi otto di pena
detentiva (v. pagina 7 della motivazione “…, ex art.81 c.p. per la
contravvenzione di un ulteriore mese,….”).
5. Quanto all’ultimo motivo, per disattenderlo basta considerare come i per
remota ma immodificata giurisprudenza di questa Corte, la contestazione sulla
quantificazione della concessa provvisionale non sia ammessa avanti questa
Corte, a cagione della sua natura meramente delibativa e non passibile di
passaggio in giudicato in sede civile (v. Cass. Sez. IV 28 gennaio 1983 n. 4332 e
Sez. VI 14 febbraio 1985 n. 5390).
6. Quanto al ricorso Giordani, del pari è inammissibile in quanto:

3

Alle pagine 5 e 6 dell’impugnata decisione la Corte territoriale ha preso in

a) la Corte territoriale ha dato espressamente conto, su specifica
doglianza dell’imputato, della conferma dell’applicato trattamento sanzionatorio,
sulla scorta dei principi di cui all’articolo 133 cod.pen. (v. pagine 4 e 5 della
motivazione) e non essendo illegale la pena irrogata sfugge a censure di
legittimità;
b) del pari, l’attenuante di cui all’articolo 62 n. 2 cod.pen. è stata ritenuta
Insussistente in punto di fatto per cui non può, neppure in questo caso, la Corte
vieppiù, dato logicamente conto;
c) il ricorrente non ha compreso di essere stato assolto dal contestato
reato di rissa (v. dispositivo: “assolve gli stessi dal reato di rissa di cui al capo C
perchè il fatto non sussiste”).
7. In definitiva, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i
ricorrenti condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali e di una
somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

P.T.M.

La Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti ciascuno al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 30/4/2013.

entrare nel merito dell’accertamento esperito dai Giudici del fatto, che ne hanno,

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