Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28522 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28522 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MACRP NICODEMO N. IL 06/07/1973
avverso l’ordinanza n. 296/2015 TRIBUNALE di GENOVA, del
23/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 17/05/2016

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa in data 23 luglio 2015 il Tribunale di Genova,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da
Nicodem6 Macrì di applicazione in sede esecutiva della continuazione fra i reati
indicati nell’istanza.
2.Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per vizio di

Secondo il ricorrente, il Tribunale non ha tenuto conto della natura omogenea dei
reati giudicati, dell’uso di armi, della prossimità cronologica, della condizione
personale di tossicodipendenza da cocaina, che ha certamente influito sulla
commissione dei reati, ma si è limitato a riscontrare la diversità degli episodi ed il
distacco temporale, ossia aspetti che di per sé non consentono di escludere la
continuazione. Si evidenzia la carenza di motivazione per non avere il Tribunale
esaminato tutti gli spunti di riflessione posti con l’istanza -arco temporale ridotto;
identità di stato e luogo; finalità economica perseguita in relazione alla condizione
di tossicodipendenza- e comunque non considerato che gli indici rivelatori dei
presupposti applicativi della continuazione non devono sussistere tutti, essendo
sufficiente la ricorrenza di alcuni di essi. E’ poi erronea la valutazione dell’ordinanza
applicativa della custodia in carcere del 25 marzo 2008: in tale provvedimento era
stata fatta applicazione dei principi sulla contestazione a catena per il ravvisato
vincolo della continuazione tra i delitti di lesioni personali e porto illegale di arma e
gli altri reati concernenti le armi.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha analizzato le vicende fattuali, oggetto di
accertamento nelle tre pronunce di condanna e ha evidenziato l’insussistenza di
elementi per poter affermare con certezza che il Macrì avesse perpetrato le relative
violazioni, commesse nell’arco di appena due mesi in Genova, in base ad un
progetto criminoso unitario e già deliberato nelle linee essenziali sin dalla
perpetrazione del primo episodio. Ha dunque riscontrato la diversità di condotte
materiali, trattandosi di detenzione e cessione di armi da fuoco; di una rapina in
gioielleria compiuta a mano armata; di lesioni personali cagionate con l’esplosione
di colpi di pistola. Ha quindi ravvisato il costante possesso di armi diverse da parte
del Macrì, oggetto di commercio illecito in un caso, di diretto impiego negli altri per
1

motivazione in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen. ed all’art. 671 cod. proc. pen..

commettere azioni criminose distinte e sorrette da finalità autonome contro il
patrimonio e contro la persona e perpetrate nel caso della rapina in concorso con
complici diversi da coloro ai quali aveva ceduto una pistola, che non sarebbe stata
certamente ceduta se egli in quel momento avesse avuto in animo di realizzare la
rapina. Del pari ha ritenuto eterogeneo ed estemporaneamente deliberato anche
l’attentato compiuto contro tale Dell’Aquila nell’ottobre 2006 per finalità mai
acclarate in sede di cognizione e nemmeno dedotte con l’istanza o il ricorso
all’odierno esame, che resta distinto dagli altri reati per non essere nemmeno

Infine, il Tribunale ha ritenuto non dirimente e nemmeno significativo quanto
esposto nell’ordinanza applicativa della misura custodiale per i fatti concernenti le
armi ed il riferimento al tentato omicidio in danno del Dell’Aquila e nemmeno lo
stato di tossicodipendenza, in assenza di prove della refluenza di tale condizione
sulla deliberazione e sull’attuazione dei singoli episodi criminosi. L’ordinanza è
dunque dotata di motivazione effettiva, che ha già preso in considerazione tutti gli
aspetti fattuali e giuridici sollevati dal ricorrente, che ha disatteso con
argomentazioni affatto illogiche o meramente assertive.
1.1 Per contro, il ricorso ribadisce la medesima prospettazione già respinta
dal giudice di merito, sostiene circostanze di fatto già rappresentate, ma non
confuta in modo puntuale tutti i rilievi contenuti nel provvedimento impugnato, che
ha offerto corretta applicazione di consolidati principi interpretativi, secondo i quali
anche l’identità del bene giuridico violato ed il lasso temporale intercorso fra le
varie condotte costituiscono aspetti da soli insufficienti ad offrire dimostrazione
dell’esistenza di quell’unico iniziale programma in vista di uno scopo determinato,
ricomprendente le singole violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per il
riconoscimento della continuazione.
1.2 Inoltre, l’impugnazione afferma quale elemento unificatore dei reati
separatamente giudicati la condizione del ricorrente di dipendenza da cocaina come
certamente influente sulla loro perpetrazione; non si vede però come il commercio
di armi e l’attentato al Dell’Aquila, compiuto per ragioni mai emerse e quindi
nemmeno riconducibili all’acquisto o cessione di stupefacenti, possano essere stati
ispirati dalla necessità di procurarsi denaro per far fronte al fabbisogno di droga,
tanto più che anche la dismissione di una pistola pare logicamente configgere col
già maturato proposito di realizzare una rapina a mano armata.
1.3 Infine, l’ordinanza impugnata risulta essersi allineata all’insegnamento di
questa Corte, secondo il quale lo stato di dipendenza da stupefacenti concorre a
giustificare la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso con riguardo a reati che
siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre condizioni
individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’istituto previsto dall’art.
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emerso l’utilizzo delle stesse armi.

81, comma secondo, cod. pen. (Cass. sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014, Iannella,
rv. 261490). Del resto la limitazione del riferimento testuale allo stato di
dipendenza trova giustificazione nell’intento del legislatore di attenuare le
conseguenze punitive derivanti dalla commissione di reati da parte di soggetti
indotti dalla ricorrente necessità di assunzione di sostanze psicotrope ed a violare
frequentemente la legge per procurarsi i mezzi con i quali sostenere la spese per
soddisfare il proprio fabbisogno quotidiano con impellenza, per cui soltanto quando
in punto di fatto emerga il collegamento tra la predetta necessità ed i reati

nel senso che non costituisce un dato dirimente e tale da comportare l’automatico
accoglimento dell’istanza.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima
equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

commessi la tossicodipendenza assume un rilievo, di cui è priva in sé considerata

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