Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28514 del 23/04/2013

Penale Sent. Sez. 5 Num. 28514 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
A.A.

avverso la sentenza del 02/04/2012 della Corte d’Appello di Genova

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Fiorenzo Celasco, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale rifnrma della sentenza del Tribunale
di Savona del 13/01/2010, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di
A.A. per il reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
1

Data Udienza: 23/04/2013

commesso quale socio amministratore della Medi s.n.c., successivamente Madi di
Bruno Melagari s.a.s. e come tale dichiarata fallita in Savona il 20/10/2004,
distraendo le somme di £. 12.475.278 e L 97.500.000 dai conti correnti bancari
della società, rideterminandosi la pena inflitta in anni tre di reclusione.
L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla sussistenza della condotta distrattiva, il ricorrente deduce violazione
di legge e mancanza di motivazione sulla sostanziale restituzione delle somme di
cui all’imputazione precedentemente al fallimento, costituita dall’atto del

contestualmente si trasformava in Medi s.a.s., a B.B. e D.D.,
e questi ultimi manlevavano il A.A. dai precedenti debiti verso la società, ivi
compresi quelli derivanti dai prelievi delle somme avvenuti nel 1999,
escludendosi pertanto alcun pregiudizio per i creditori.
2. Sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, il ricorrente deduce
violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla consapevolezza del
dissesto, tenuto conto della distanza di tempo fra la condotta contestata ed il
fallimento.
3. Sulla rilevanza della dichiarazione di fallimento, il ricorrente deduce
violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla connotazione della
stessa quale elemento costitutivo della qualificazione del soggetto agente e,
conseguentemente, alle intervenute modifiche dei requisiti di fallibilità di cui al
d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, e al d.igs. 12 settembre 2007, n. 169, ed alla
previsione dell’art. 147 legge fall., per la quale non è consentito il fallimento dei
soci a responsabilità illimitata dopo un anno dal momento in cui gli stessi
abbiano perso tale qualità.
4.

Sulla qualificazione giuridica del fatto come bancarotta fraudolenta

anziché come bancarotta preferenziale e sul trattamento sanzionatorio, il
ricorrente deduce violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine
all’essere state le somme prelevate a titolo di restituzione di un finanziamento
eseguito dall’imputato quale socio della fallita, al diniego delle attenuanti di cui
agli artt. 62, n. 6, e 62-bis cod. pen. ed alla determinazione della durata delle
pene accessorie in anni dieci e non in misura pari alla pena principale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza della condotta distrattiva sono
infondati.

2

05/10/2001 con il quale il A.A. cedeva le quote della Madi s.n.c., che

Posto che il prelievo delle somme di cui all’imputazione non è messo in
discussione dal ricorrente, il quale esclude invece che lo stesso configuri
distrazione per la sostanziale restituzione delle somme, individuata nella
manieva degli acquirenti delle quote sociali rispetto ai precedenti debiti del
A.A. verso la società, occorre rammentare che una siffatta restituzione è
rilevante nel momento in cui la sottrazione dei beni venga annullata da
un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della
dichiarazione di fallimento ed impedisca l’insorgenza di alcun effettivo pregiudizio

8402 del 03/02/2011, Cannavale, Rv. 249721). E’ pertanto al permanere o meno
di tale pregiudizio, costituente per questo come per altri aspetti l’offesa tipica dei
reati di bancarotta (Sez. 5, n. 39043 del 21/09/2007, Spitoni, Rv. 238212), che
deve essere riferita la valutazione sulla sussistenza di un’azione restitutoria
idonea a rimuovere gli effetti distrattivi della precedente condotta; non
tralasciando di considerare la natura di reati di pericolo che connota i delitti in
esame, e che attribuisce valenza lesiva anche alla mera potenzialità di un danno
per le ragioni dei creditori (Sez. 5, n. 12897 del 06/10/1999, Tassan Din, Rv.
214860; sez. 5, n. 11633 dell’08/02/2012, Lombardi Stronati, Rv. 252307; Sez.
5, n. 3229 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932).
Tenuto conto di questo, la decisione impugnata è senz’altro corretta nella
ritenuta irrilevanza, ai fini che qui interessano, della manleva prestata dagli
acquirenti delle quote. Questi ultimi, con il relativo accordo, acconsentivano
infatti a tenere il A.A. indenne dai debiti pregressi verso la società, ivi
compresi quelli derivanti dalle sottrazioni contestate. Ma tale accordo non poteva
che esaurire i suoi effetti all’interno dei rapporti fra i soci della fallita, e non
mutava la situazione con riferimento alla posizione dei creditori della stessa;
rispetto alle ragioni dei quali, al di là della soggettiva assunzione di
responsabilità per le sottrazioni, persisteva il pericolo derivante dall’incidenza di
dette sottrazioni sulla garanzia patrimoniale dei debiti della società, non rimosso
dall’effettiva immissione di somme corrispondenti a quelle prelevate. Altrettanto
correttamente la circostanza non veniva pertanto valutata come qualificabile al
pari di una restituzione di dette somme, delle quali veniva in conclusione
motivatamente ritenuta la distrazione.

2. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza dell’elemento psicologico del
reato sono anch’essi infondati.
Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’oggetto del dolo dei reati di
bancarotta non include la prospettiva del dissesto; essendo tale oggetto limitato,
quanto in particolare al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, alla
3

per i creditori (Sez. 5, n. 3622 del 19/12/2006, Morra, Rv. 236051; Sez. 5, n.

consapevolezza di dare a beni della fallita una destinazione diversa da quella
dovuta secondo la funzionalità dell’impresa, privando quest’ultima di risorse e di
garanzie per i creditori (Sez. 5, n. 12897 del 06/10/1999, Tassan Din, Rv.
211538; Sez. 5, n. 29896 dell’01/07/2002, Arienti, Rv. 222388; Sez. 5, n. 7555
del 30/01/2006, De Rosa, Rv. 233413; Sez. 5, n. 11899 del 14/01/2010,
Rizzardi, Rv. 246357; Sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, Pisani, Rv. 251214; Sez.
5, n. 3299 del 14/12/2012, Rossetto, Rv. 253932). Opportunamente l’aspetto
sottolineato dal ricorrente non veniva pertanto valutato nella sentenza

compiutamente motivata con la consapevolezza, esistente nell’imputato all’atto
del non contesto prelievo delle somme dai conti correnti, di sottrarre le stesse
alla garanzia delle obbligazioni della società.

3. Parimenti infondati sono i motivi di ricorso relativi alla rilevanza della
dichiarazione di fallimento.
Non valutando il tema proposto dal ricorrente in ordine alla sussistenza,
nella posizione della società Medi, dei diversi requisiti di fallibilità introdotti con le
modifiche normative intervenute successivamente alla declaratoria di fallimento
della stessa, la sentenza impugnata faceva infatti corretta applicazione dei
principi stabiliti da questa Corte (Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, Niccoli,
Rv.239398; Sez. 5, n. 9279 dell’08/01/2009, Carottini, Rv.2 43160; Sez. 5, n.
40404 dell’08/05/2009, Melucci, Rv. 245427), per i quali la dichiarazione di
fallimento, costituendo atto giuridico richiamato nella struttura di una fattispecie
incriminatrice, ne diviene componente solo in quanto provvedimento giudiziale
che attualizza e rende concreta la potenzialità offensiva della condotta, e non in
quanto rappresentativo dei fatti che con esso vengano accertati, unicamente sui
quali, e non anche sull’atto giuridico della declaratoria di fallimento, incide la
normativa che individua i presupposti di quest’ultima; normativa che pertanto,
nella sua natura indiscutibilmente extrapenale, investe ciò che propriamente è
l’elemento costitutivo della fattispecie e non può essere qualificata come
integratrice del precetto penale, derivandone l’estraneità delle modifiche
legislative normative di cui sopra all’operatività dell’art. 2 cod. pen. e
l’inapplicabilità delle stesse, ai fini penali, alle vicende fallimentari
precedentemente in corso.
Ragioni analoghe rendono infondata la censura del ricorrente sull’omessa
valutazione della previsione di cui all’art. 147 legge fall. in ordine all’impossibilità
di dichiarare il fallimento di un socio a responsabilità illimitata oltre l’anno dalla
perdita di tale qualità, costituente anch’esso un presupposto della declaratoria di
fallimento, per quanto detto non sindacabile in questa sede (Sez. 5, n. 47017
4

impugnata ai fini della sussistenza dell’elemento psicologico del reato,

dell’08/07/2011, Di Matteo, Rv. 251446). Non senza considerare, comunque, che
l’imputato risponde nella specie non quale socio dichiarato personalmente fallito
in estensione, ma come socio amministratore anche di fatto, il che rende
Irrilevante, anche rispetto ad una società di persone, Che lo stesso sia stato o
meno dichiarato fallito in proprio (Sez. 5, n. 12496 dell’11/10/1994, De Negri,
Rv. 200437; Sez. 5, n. 43036 del 13/10/2009, Gennari, Rv. 245435).

4. I motivi di ricorso relativi alla qualificazione giuridica del fatto come

attenuanti di cui agli artt. 62, n. 6, e 62-bis cod. pen. ed alla durata delle pene
accessorie sono infine inammissibili.
Le relative questioni non venivano infatti proposte con i motivi di appello e
devolute alla cognizione di secondo grado, il che ne preclude in questa sede
(Sez. 1, n. 2176 del 20/12/1993, Etzi, Rv. 196414; Sez. 2, n. 40240 del
22/11/2006, Roccetti, Rv. 235504).
Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 23/04/2013

Il Consigliere estensore

bancarotta fraudolenta anziché come bancarotta preferenziale, al diniego delle

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