Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28509 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28509 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIANNULLI MASSIMO N. IL 16/01/1959

Qte eate

avverso la sentenza n. 1022/2013 CORTE APPELLOQ—
Z.DIST. di
TARANTO, del 12/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 17/05/2016

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata il 12 febbraio 2015 la Corte di Appello di Lecce,
sezione distaccata di Taranto, riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di
Taranto del 26 settembre 2012 e riduceva ad anni uno e giorni quindici di
reclusione la pena inflitta all’imputato Massimo Giannulli, già ritenuto responsabile
del reato di cui all’art. 9, comma 2, della legge nr. 1423/56.

l’imputato a mezzo del difensore, il quale si duole di:
a) violazione dei criteri legali di valutazione della prova, vizio di motivazione in
ordine alla sussistenza del reato contestato; la Corte di appello ha errato
nell’applicare la norma di cui all’art. 192 cod. proc. pen., avendo fondato il
giudizio di responsabilità sulla sola deposizione del mito Marra, che non può
ritenersi sufficiente ad offrire prova dell’addebito al di là di ogni ragionevole
dubbio. In particolare, il teste dell’accusa aveva riferito della breve distanza
esistente tra distributore di benzina ed azienda agricola dell’imputato ed aveva
espresso proprie valutazioni sul fatto che costui si era trovato fuori itinerario,
mentre si trattava dell’unica stazione di rifornimento della zona; la Corte ha errato
nel considerare l’itinerario previsto per il raggiungimento dell’azienda agricola pur
avendo dovuto ammettere che la condizione dell’imputato non era quella del
soggetto legato “in vinculis” e che i provvedimenti di autorizzazione a svolgere
attività lavorativa non erano poi così dettagliati e precisi perché non
perimetravano esattamente l’area ove doveva essere svolto l’impegno lavorativo,
sicchè la sua presenza nella stazione di servizio ad appena un chilometro
dall’azienda agricola non costituisce violazione degli obblighi impostigli.
b) Vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena ed al diniego delle
attenuanti generiche, che avrebbero dovuto essere giustificate in modo specifico,
mentre non si è tenuto conto della non rilevante entità del fatto per il quale è
stato applicato l’aumento di pena per la recidiva semplice.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati
ed in parte non consentiti nel giudizio di legittimità.
1.11 primo motivo d’impugnazione si duole di vizio in realtà inesistente, in
quanto la sentenza impugnata ha ritenuto di dover confermare la decisione
impugnata dopo avere esaminato le fonti di prova acquisite, averne vagliato
criticamente il portato dimostrativo ed avere disatteso le contestazioni difensive in

r

ordine all’effettiva presenza dell’imputato in luogo diverso da quello di svolgimento k
1

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

dell’attività lavorativa che era autorizzato a prestare, il tutto con argomenti
realmente esplicativi, efficaci e razionali. In particolare, è stato rilevato che egli era
stato sorpreso presso una stazione di rifornimento carburanti senza aver avuto la
necessità di farne acquisto per il proprio veicolo, circostanza non rappresentata al
m.11o Marra, e comunque in luogo esterno ai terreni della propria azienda agricola,
unico luogo presso il quale era autorizzato a recarsi al di fuori del territorio del
comune ove aveva l’obbligo di soggiorno. Tali circostanze non sono sostanzialmente
negate con l’impugnazione, che assume in modo assertivo ed apodittico

ammettere che la posizione della stazione di servizio era distante un chilometro
dall’azienda agricola del Giannulli, quindi che egli si era trovato all’esterno della
stessa in modo non consentito dal provvedimento autorizzativo allo svolgimento di
attività di lavoro. Nessun profilo di illogicità, né di violazione di legge è dato
rinvenire nella sentenza impugnata, che ha correttamente riscontrato come
eventuali esigenze di spostamento dal percorso da effettuare per raggiungere
l’azienda agricola avrebbero dovuto essere rappresentate all’autorità ed oggetto di
un apposito provvedimento autorizzativo.
1.1 Anche in punto di determinazione della pena il rigetto delle richieste
difensive è stato giustificato in ragione dei molteplici e significativi precedenti penali
dell’imputato, anche specifici, ritenuti indicativi di spiccata inclinazione a delinquere
e di concreta pericolosità sociale; la Corte di merito ha comunque ritenuto che la
non particolare gravità oggettiva del fatto consentisse di commisurare la pena nel
minimo edittale e di applicare un contenutissimo aumento per la recidiva.
Ebbene, a fronte di tale motivazione, fondata sul corretto rilievo delle
circostanze di fatto e di dati oggettivi incontestati, il ricorso si limita a formulare
obiezioni per lo più generiche o comunque già disattese dai giudici di merito, per cui
deve concludersi che la sentenza impugnata resiste alle censure mossele.
L’impugnazione va dunque dichiarata inammissibile; segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese e di una somma, che si reputa equo
determinare in euro 1000,00, in favore della Cassa delle ammende, non
sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa nella determinazione della causa
d’inammissibilità, secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la
sentenza n. 186 del 2000.

P. Q. M.

2

l’insufficienza dimostrativa della deposizione del teste di p.g., ma che finisce per

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento ed al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore
della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

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