Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28509 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28509 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GARAVAGLIA ALBERTO N. IL 19/05/1952
avverso la sentenza n. 2232/2005 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. (°. e e5W1,10,
che ha concluso per .,
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 12/04/2013

FATTO E DIRITTO

Propone ricorso per cassazione Garavaglia Alberto avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano in
data 11 novembre 2011 con la quale è stata parzialmente confermata quella di primo grado (del 2004), di
condanna in ordine al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (Capi A, C ed E),
bancarotta preferenziale (così nuovamente qualificati i fatti di cui al capo B), con assoluzione dal reato
sub D).
L’imputato era stato ritenuto responsabile, quale amministratore delegato di COEDIM service Srl,
complessivo di circa 168 milioni di lire nonché di autovetture oggetto di leasing e, infine di aver tenuto le
scritture contabili in maniera da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio, reati contestati
con l’aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta,di cui all’articolo 219 legge fallimentare.
All’imputato era stata addebitata anche, a titolo di bancarotta preferenziale, la cessione dei beni descritti
nel capo B, avvenuta in favore di terzi senza incasso materiale del prezzo e, piuttosto, in compensazione
di precedenti crediti degli stessi terzi.
In appello, è stata dichiarata la prescrizione del reato di bancarotta preferenziale e rideterminata la pena
in anni tre e mesi uno di reclusione.
Deduce la insufficienza ed anzi la apparenza della motivazione.
Tale vizio riguarderebbe il valore reale dei beni venduti e l’ammontare dei crediti; l’accreditamento di
una contabilità che prevede debiti mai contratti dalla società; l’affidamento della contabilità a uno studio
competente; la assenza di problemi di liquidità per la società; la mancata derubricazione del reato di
bancarotta documentale in quello di cui all’articolo 217 legge fallimentare posto che il curatore ha potuto
comunque ricostruire la contabilità; il diniego delle attenuanti generiche; l’ipotesi di bancarotta
preferenziale.
Il ricorso è inammissibile.
Va dato atto, in primo luogo, che il ricorso è inammissibile per tardività.
Esso è stato presentato il 24 aprile 2012, nonostante che il termine per impugnare la sentenza, pari a 45
giorni decorrenti dal 5 marzo 2012-data di notifica dell’estratto contumaciale-scadesse il 19 aprile 2012.
Non può comunque non rilevarsi che una ulteriore causa di inammissibilità deriva dal rilievo che le
censure sono illustrate in maniera del tutto generica e con riferimento, in non pochi casi, a questioni di
diritto o a questioni di fatto del tutto inconferenti.
Sotto il primo profilo si osserva che il vizio della motivazione non può essere dedotto con riferimento ad
un reato caduto in prescrizione. Ed infatti, a fronte della già avvenuta declaratoria della causa di
estinzione del reato, i rilievi della difesa potrebbero valere esclusivamente nella prospettiva di una
richiesta di proscioglimento con formula piena ai sensi dell’articolo 129 comma due cpp. Senonché non
solo l’annullamento in tale ottica non è neppure sollecitato ma, quel che rileva e che è decisivo è che il
ricorrente invoca un vizio della motivazione, senza piuttosto prospettare quella “evidenza” della causa di
proscioglimento nel merito che sola giustificherebbe l’accoglimento del motivo di ricorso.
E tale rilievo vale con riferimento alle censure che aggrediscono la motivazione sul reato di bancarotta
preferenziale, appunto già dichiarato prescritto.
Sotto il secondo profilo è appena il caso di rilevare che l’ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale
non può essere affermata o esclusa sulla base della sola constatazione del rapporto fra lo stato attivo e lo
stato passivo, mentre assume rilievo decisivo il fatto che, in ordine a beni entrati nel patrimonio della

dichiarata fallita il 25 novembre 1994, della distrazione di beni strumentali per un ammontare

fallita e non più reperiti dal curatore, l’amministratore della società non fornisca spiegazioni adeguate
sulla destinazione conforme agli interessi della impresa.
Infatti, diversamente ragionando, la constatazione di un non notevole divario tra attivo e passivo, pur a
fronte del mancato reperimento di beni della società, potrebbe “coprire” una serie operazioni di diretti o
indiretti pagamenti preferenziali, a scapito della residua massa dei creditori non soddisfatti.
In ordine alla mancata derubricazione della bancarotta documentale nell’ipotesi di bancarotta semplice,
va ugualmente evidenziata la assoluta genericità del motivo, che non tiene conto del fatto, attestato in
sentenza, che il curatore fallimentare ha potuto ricostruire i movimenti della società nei limiti del
materiale documentale disponibile e, conseguentemente in maniera del tutto insufficiente a giustificare
dato atto del fatto che le scritture del libro giornale per il 1993 apparivano prive di giustificazione
contabile e quindi di dubbia veridicità, pur essendo relative a movimentazioni abnormi del conto cassa
con operazioni quotidiane per importi rilevantissimi.
Infine anche la censura sulla diniego delle attenuanti generiche risulta non rispettosa dei criteri posti
dall’articolo 581 cpp e quindi inammissibile dal momento che trascura del tutto l’affermazione del
giudice dell’appello secondo cui la reiterazione della richiesta da parte della difesa non trovava
giustificazione in alcun elemento favorevole valorizzabile ai sensi dell’articolo 133 c.p.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.

il disavanzo complessivo apprezzato in maniera consistente. A ciò va aggiunto che la Corte d’appello ha

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