Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28507 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28507 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZONI VALENTINO N. IL 21/06/1952
avverso la sentenza n. 6946/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/05/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O, eadnisuifi2
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. ^li’ V.4),4zeieo

Data Udienza: 12/04/2013

Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione, personalmente, Mazzoni Valentino avverso la sentenza della Corte
d’appello di Bologna in data 17 maggio 2011 con la quale è stata riformata la sentenza di primo grado
mediante declaratoria di prescrizione dell’imputazione di bancarotta semplice relativa alla tenuta delle
scritture contabili e, per quanto qui di interesse, è stata invece confermata la condanna inflitta in primo
grado (nel 2008) in relazione alle imputazioni sub A) e B), relative alla bancarotta fraudolenta patrimoniale
per distrazione di somme di danaro e di beni inventariati nonchè per dissipazione di beni strumentali,
dichiarato con sentenza del 19 aprile 1999, e con l’aggravante speciale del danno di rilevante gravità, oltre a
quella della commissione di più fatti di bancarotta.
L’imputato, ritenuto anche in appello non meritevole di attenuanti, ha visto ridurre la pena da cinque a
quattro anni di reclusione, per effetto della dichiarata prescrizione.
Deduce
1)

il vizio di motivazione con riferimento all’addebito di bancarotta per distrazione di cui al capo A).
Ribadisce quanto già evidenziato nei motivi d’appello senza che, a suo parere, il giudice di secondo
grado abbia replicato in maniera congrua: e cioè che la bancarotta per distrazione era stata
meramente ipotizzata in ragione della presenza in cassa di somme per circa 2 miliardi di lire,
palesemente incongruente rispetto all’effettivo volume d’affari della società. Si doveva considerare
tale somma, pure contabilizzata, il frutto di una appostazione meramente cartacea, vanamente
segnalata dalla difesa ed invece negata dalla Corte d’appello con argomentazioni non solo
apparenti ma, oltre a ciò, in contrasto con l’originaria impostazione dell’accusa che aveva attribuito,
alle scritture contabili, un connotato di irregolarità talmente significativo da avere comportato la
contestazione pure del reato di bancarotta fraudolenta documentale;

2)

il vizio della motivazione con riferimento all’addebito di bancarotta fraudolenta per dissipazione di
cui al capo B).
Era stata ingiustamente per pretermessa la tesi della difesa secondo cui la vendita dei beni
aziendali alla Pirani S.r.l. di Reggio Emilia poteva al più integrare un’ipotesi di bancarotta semplice
ai sensi dell’articolo 217 comma uno numero due legge fallimentare.
Il giudice dell’appello, in particolare, aveva omesso di considerare una prova già acquisita e citata
della sentenza di primo grado, così incorrendo in un travisamento della prova stessa: e cioè quella,
costituita dalla deposizione dell’ufficiale della Guardia di Finanza che aveva proceduto agli
accertamenti, dalla quale si desumeva che la società Pirani aveva realmente acquistato il materiale
della fallenda, essendo il suo oggetto sociale quello di raccogliere beni logori al fine di rottamarli, e
avendo poi proceduto a tanto.
La Corte d’appello aveva poi fondato il suo ragionamento su un’ulteriore dato erroneo
rappresentato dalla considerazione che i beni dissipati non avrebbero avuto natura deperibile.
Invece si trattava proprio di beni con tale qualità, quali sono i trapani, le frese o le smerigliatrici;

3)

il vizio di motivazione sulla richiesta di applicazione delle attenuanti generiche.
Questa era stata argomentata alla luce del buon comportamento imprenditoriale dell’imputato
che, per lungo tempo, aveva gestito con risultati ottimi l’impresa poi rimasta vittima della negativa
congiuntura economica.

venduti a prezzo vile: condotta contestata con riferimento al fallimento della società Univer Montaggi Sri,

t

E invece la Corte d’appello, trascurando del tutto tale tema, aveva fondato la propria decisione su
fatti diversi, quali la condanna riportata dall’imputato dopo la consumazione del reato in esame:
così incorrendo nel vizio di motivazione ,che la giurisprudenza di legittimità rileva con riferimento
alla risposta che il giudice è tenuto a dare, sugli argomenti addotti dalla difesa a sostegno della
domanda di attenuanti (cassazione sentenza numero 46 514 del 2009).
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
La Corte d’appello, nella sentenza impugnata ha ritenuto motivato l’addebito di bancarotta fraudolenta per
distrazione di somme prelevate dalla cassa senza giustificazione, partendo dalla argomentata affermazione
serie di rilievi, quali la dimostrata regolare tenuta delle scritture contabili, con la sola eccezione della
movimentazione di due singoli e non rilevanti beni: una contabilità che, proprio per tale sua caratteristica di
complessiva attendibilità si era sottratta – sin dalla fase dell’esercizio dell’azione penale-alla contestazione
del più grave reato di bancarotta fraudolenta documentale, rifluendo nella meno grave contestazione di

incompletezza delle scritture contabili medesime , costituente bancarotta semplice e per tale ragione già
dichiarata prescritta.
In secondo luogo il giudice dell’appello ha posto in evidenza come le annotazioni in questione riflettessero il
fatto, rimasto accertato dal curatore, che la società era stata operativa fino ad epoca prossima al
fallimento, aveva prodotto un movimento di affari elevato nel corso degli anni (circa 4 miliardi e mezzo di
lire tra il 1997 e il 1998) ed aveva regolarmente acquisito in cassa somme cospicue.
Per tale ragione il giudice di secondo grado ha qualificato come generiche e indimostrate le affermazioni
della difesa a proposito della possibile non rispondenza al vero delle appostazioni contabilizzate e una
simile valutazione, in sé del tutto plausibile e logica oltreché sostenuta dalle menzionate circostanze di
fatto, risulta oggi denunciata, dunque del tutto infondatamente, di manifesta illogicità.
Lo stesso giudizio deve esprimersi con riferimento alla motivazione esibita in sentenza a proposito
dell’addebito di bancarotta per dissipazione dei beni strumentali.
Invero è da ritenere infondata la tesi della difesa a proposito del travisamento della prova in cui la Corte
territoriale sarebbe incorsa ignorando l’accertamento della Guardia di Finanza, a proposito della effettività
della vendita dei beni strumentali alla società Pirani.
La motivazione prodotta nella sentenza impugnata non si basa affatto sulla affermazione del contrario ma
muove proprio dal rilievo della vendita alta società Pirani per inferire, dal rilievo della somma modesta
ricavata, la prova della dissipazione dei beni ceduti a un prezzo talmente basso da comportare un
depauperamento ingiustificato per gli interessi patrimoniali dei creditori della fallenda.
Al riguardo, il giudice di secondo grado ha ugualmente fornito una motivazione plausibile che, per tale suo
connotato ed a prescindere dalla sua possibile opinabilità da parte della difesa, si sottrae all’ulteriore
sindacato del giudice di legittimità.
Ha infatti osservato che si trattava di beni numerosi e di cospicui consistenza e valore, ceduti in blocco per
la rottamazione pure in assenza di allegazioni di sorta sulla loro riduzione a rottami ed anzi dopo che essi
erano stati usati per la normale operatività, sino a pochi giorni prima del fallimento, dando così
dimostrazione della loro efficacia e di una speculare ingiustificatezza della loro veloce dismissione.
Versato in fatto e quindi non ricevibile è infine l’argomento relativo alla presunta natura deperibile del
materiale ceduto per la rottamazione, tenuto conto che tale natura viene rivendicata dalla difesa senza che
risulti che la stessa allegazione è stata sottoposta al giudice del merito, la cui contraria affermazione appare
dunque costituire un accertamento, in sé non ulteriormente sindacabile. E ciò tanto più ove si consideri che
anche la nozione di deperibilità viene evocata dalla difesa in termini eccessivamente generici, senza che si

che la effettiva presenza di quelle somme nelle casse della società doveva ritenersi comprovata da una

tenga conto che essa può afferire- come nel caso di un trapano o di una smerigliatrice- all’accessorio di un
bene e non al bene stesso.
Infine deve giudicarsi infondato anche l’ultimo motivo di ricorso riguardo al diniego delle attenuanti
generiche.
La Corte d’appello, a sostegno di tale decisione ha dimostrato di avere preso in considerazione gli
argomenti segnalati dalla difesa e segnatamente il comportamento tenuto dall’imputato prima del
fallimento, avendolo però giudicato minusvalente —nel ricorso ai criteri dettati dall’articolo 133 c.p.rispetto ad altre circostanze di fatto (condanna per reati della stessa specie o di analoga indole commessi in

PQM
rigetta il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Ro a 12 prile 2012

epoca successiva )reputate ben più significative in senso negativo.

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