Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28500 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28500 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RIBISI IGNAZIO N. IL 07/12/1957
avverso l’ordinanza n. 2932/2015 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 23/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 17/05/2016

RILEVATO IN FATTO

Te3C1-,
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Sorveglianza diXii 9
– 1 rigettava il
reclamo presentato da Ignazio Ribisi avverso il decreto ministeriale di
applicazione del regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. Pen. disposto con
decreto emesso dal Ministro della Giustizia il 20/04/2015.
Ad avviso del Tribunale di sorveglianza tale regime era giustificato da
plurimi elementi, costituiti dall’inserimento del condannato in posizione di vertice

Montechiaro; dal perdurante ruolo attivo svolto nell’ambito del predetto sodalizio
grazie al supporto di soggetti allo stesso collegati sotto il profilo associativo; dal
suo coinvolgimento in vicende delittuose fondamentali per la vita della stessa
consorteria, tenuto di tale sodalizio nel più vasto raggruppamento criminale
isolano denominato Cosa Nostra.
Avverso tale ordinanza il Ribisi ricorreva personalmente per cassazione
deducendo violazione ed erronea applicazione di legge, mancanza e
contraddittorietà della motivazione relativamente alla ritenuta sussistenza dei
presupposti legittimanti la proroga del regime penitenziario differenziato in
esame, che erano stati valutati dal tribunale di sorveglianza con un percorso
motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico, che non teneva conto
dell’interruzione dei suoi collegamento con il gruppo mafioso di provenienza del
condannato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’art. 41-bis, comma 1, Ord. Pen., stabilisce:
«In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il ministro
di grazia e giustizia ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di
esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli
internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare
l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento
del fine suddetto».
In questa cornice, l’ambito del sindacato devoluto alla Corte di cassazione è
segnato dal comma 2 sexies della disposizione in esame, a norma del quale il
Procuratore generale presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono
proporre ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale di sorveglianza
per violazione di legge.
2

dell’omonima consorteria mafiosa, operante nell’area siciliana di Palma di

I

La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre
che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente ovvero
assolutamente inidoneo a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice
di merito per ritenere giustificata l’applicazione del regime detentivo speciale in

scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere oscure le
ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003,
Pellegrino, Rv. 224611).
Nel caso di specie, inoltre, deve escludersi che la violazione di legge possa
ricomprendere il vizio di illogicità della motivazione, dedotto nell’interesse del
ricorrente da suo difensore, che, sotto questo profilo, non può trovare ingresso
in questa sede.
Alla luce di questi parametri ermeneutici questa Corte osserva che il ricorso
proposto dal Ribisi, pur denunciando formalmente anche il vizio di violazione di
legge, non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a
censura giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una nuova – e non
consentita – valutazione del merito delle circostanze di fatto, in quanto tali
insindacabili in sede di legittimità.
L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato gli elementi
risultanti agli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di erronea
applicazione della legge penale e processuale, soffermandosi in particolare
sull’inserimento stabile del Ribisi nell’omonima famiglia mafiosa di Palma di
Montechiaro, all’interno del quale rivestiva una posizione apicale, tra l’altro
comprovata dalla gravità dei reati per i quali risultava condannato in via
definitiva.
L’elevato spessore criminale del Ribísi, inoltre, veniva correlato alle
numerose infrazioni disciplinari commesse durante la sua detenzione, che
rendevano ulteriormente evidente la sua pericolosità all’interno del circuito
carcerario, nei termini motivazionali correttamente esplicitati nelle pagine 2 e 3
del provvedimento in esame, che richiamavano analiticamente il contenuto dei
rapporti redatti in occasione delle numerose infrazioni disciplinari segnalate
dall’autorità penitenziaria.
Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto da Ignazio Ribisi deve
essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
3

esame, ovvero quando le linee argonnentative del provvedimento siano talmente

f

versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso il 17/05/2016.

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