Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28494 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28494 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LO SPOTO FRANCESCO N. IL 21/08/1984
avverso la sentenza n. 15038/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di BARI, del 05/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 17/05/2016

RILEVATO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe il G.I.P. del Tribunale di Bari applicava a
Francesco Lo Spoto, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni uno e
mesi otto di reclusione e 1.200,00 euro di multa, per il porto di una pistola
calibro 8, da ritenersi arma clandestina, commesso a Foggia il 22/02/2013.
Avverso tale sentenza il Lo Spoto, a mezzo del suo difensore, ricorreva per
cassazione, deducendo vizio di motivazione, in relazione all’assoluta carenza di

qualificazione giuridica effettuata dalle parti in sede di patteggiamento, senza
fornire ulteriori elementi valutativi sul percorso motivazionale compiuto in ordine
al compendio probatorio acquisito, ai fini dell’esclusione delle cause di non
punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’applicazione della pena su richiesta delle
parti è un meccanismo processuale in conseguenza del quale l’imputato e il
pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e
sull’entità della pena. Da parte sua, il giudice ha il dovere di controllare
l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di
applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle
cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne discende che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché risultano coperti dal
pattegg ia mento.
Nel caso di specie, le doglianze difensive proposte nell’interesse
dell’imputato appaiono prive di specificità e comunque manifestamente
infondate, in ragione del fatto che il G.I.P. del Tribunale di Bari, oltre a
qualificare correttamente i fatti illeciti contestati al Lo Spoto, si soffermava sugli
elementi costitutivi del reato contesto e sulle indagini eseguite dalla Squadra
Mobile di Foggia, compendiate nell’informativa di reato del 24/05/2013, da cui
traeva origine il presente procedimento penale.
Questa motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc.
pen., risulta pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di

motivazione, essendosi limitato il giudice a verificare la correttezza della


decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 3
del 25/11/1998, Messina, Rv. 212438).
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Francesco Lo Spoto
deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di
esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile
in 1.500,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.500,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 17/05/2016.

P.Q.M.

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