Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28493 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28493 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: VESSICHELLI MARIA

Data Udienza: 05/04/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CURTO VINCENZO N. IL 25/08/1986
CORBO ANTONINO N. IL 10/06/1980
avverso la sentenza n. 2508/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 13/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ‘che ha concluso per .1 aubuteeeu. gilecith (“è’ -‘’11-“.51tr-0-44-t.t

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gt.ti citz a.< - hag 4 - FATTO E DIRITTO Propongono ricorso per cassazione Curto Vincenzo e Corbo Antonino avverso la sentenza della Corte d'appello di Palermo in data 13 gennaio 2012 con la quale è stata parzialmente riformata quella di primo grado, del 2009, che era stata di condanna in ordine all'imputazione di concorso nel reato di lesioni personali volontarie in danno di Maghni Bouazza e nel reato di porto ingiustificato di un bastone servito per commettere il precedente reato e dunque aggravato ex articolo 61 numero 2 cp, fatti risalenti al 25 marzo 2005. Il giudice dell'appello ha dichiarato prescritta la contravvenzione di cui all'articolo 4 legge numero 110 del tenuto conto delle già concesse circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena da mesi 10 di reclusione a mesi sei, con conferma del beneficio della sospensione condizionale e della non menzione. Deduce il difensore di Curto 1) la violazione dell'articolo 582 c.p. e dell'articolo 55 d. Igs. N. 274 del 2000. Sostiene che, una volta dichiarata la prescrizione della contravvenzione, il reato di lesioni personali era divenuto di competenza del giudice di pace, essendo oltretutto procedibile a querela. Per tale reato è prevista dalla legge speciale la sola pena fissata dinanzi al giudice di pace e non quella della reclusione; 2) il vizio della motivazione. La Corte avrebbe dovuto meglio valorizzare le dichiarazioni della persona offesa la quale aveva affermato di essere stata aggredita da tre persone, una delle quali la colpiva con un bastone mentre le altre due la bloccavano. Un quarto uomo era rimasto in disparte ed era rientrato nel bar dopo che tutti gli altri si erano allontanati. Orbene, la Corte d'appello, nell'attribuire le responsabilità, aveva posto in luce come l'identità dei colpevoli dovesse desumersi dalla stessa denuncia di uno di essi, e precisamente lo Scaccia, il quale era colui che, dopo avere aggredito, era rimasto a sua volta ferito e si era recato all'ospedale in compagnia dei correi. In conclusione, vi erano elementi desumibili dalle stesse dichiarazioni del querelante, per ritenere che proprio il ricorrente fosse la persona rimasta in disparte e che non aveva mai aggredito il primo. Era comunque mancato l'accertamento del dolo in capo al ricorrente. In ultima analisi, la denuncia di Scaccia avrebbe dovuto essere valutata a carico del ricorrente nei limiti posti dall'articolo 192 comma tre cpp. In data 19 e 20 marzo 2013 sono state fatte pervenire memorie difensive nelle quali si richiede, tra l'altro, la declaratoria di prescrizione del residuo reato. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. Il primo motivo è da rigettare. L'orientamento costante della giurisprudenza di legittimità è nel senso che ai fini della contestazione di una aggravante non è necessaria la specifica indicazione della norma che la prevede essendo sufficiente la chiara e precisa enunciazione "in fatto" della stessa e che l'imputato abbia piena cognizione degli elementi di fatto che la integrano( v. tra le molte Rv. 253776). Nel caso di specie, la contestazione della commissione del delitto di lesioni personali volontarie con l'uso di un bastone appare chiaramente enunciata all'imputato nella descrizione della fattispecie di cui al capo C, ove si menziona il porto del bastone utilizzato "per commettere le lesioni di cui ai capi che precedono". 1975 (Capo C), ha conseguentemente escluso la già riconosciuta continuazione con il delitto (capo 13) e, Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Occorre preliminarmente dare atto della circostanza che la regola di giudizio posto dall'articolo 192 comma tre cpp ha riguardo esclusivamente alle dichiarazioni rese dall'imputato nel medesimo reato o da una delle altre figure previste dalla norma stessa. La stessa regola non può estendersi ad altro tipo di accuse che promanino direttamente o indirettamente da tal genere di soggetti, dovendosi escludere in particolare l'operatività del precetto in relazione ai documenti scritti provenienti dal coimputato o, come è notorio, alle sue interlocuzioni sottoposte a intercettazione. Nei casi descritti, invero, non si è in presenza di "dichiarazioni rese" ma di altro genere di iniziative e comportamenti, da valutarsi secondo le regole proprie della relativa interpretazione. offesa è stata valutata come documento pre-procedimentale, e liberamente valutato dal giudice. Oltre a ciò deve comunque darsi atto che il contenuto di tale documento non costituisce la chiave di volta dell'intero ragionamento probatorio ed anzi, la prova di resistenza cui può essere sottoposta la motivazione del provvedimento impugnato, evidenzia che la presenza del ricorrente sul luogo del reato e nel momento in cui lo stesso aveva luogo è circostanza desunta in primo luogo dalle dichiarazioni della persona offesa, non contestate sul punto neppure nel ricorso. In tale atto, invero, si sostiene semplicemente che l'imputato non ha preso parte all'azione aggressiva come sarebbe desumibile dalla stessa ricostruzione della vittima. Quanto al merito della valutazione operata dal giudice a quo, deve evidenziarsi che il ragionamento esibito è plausibile e completo, essendo consistito nel motivato coinvolgimento, nella azione lesiva, anche del personaggio che, secondo le dichiarazioni raccolte, non aveva dato un contributo materiale alla aggressione. La corte territoriale ha infatti posto in evidenza che, secondo le affermazioni del teste Mulone, ritenuto attendibile, tutti e quattro gli imputati, compreso il ricorrente, avevano tenuto un contegno arrogante e provocatorio nei confronti della persona offesa e dunque, anche il soggetto che poi non aveva materialmente e direttamente avuto che fare con la vittima (colpita e\ o trattenuta dagli altri tre), tuttavia con la sua presenza, collegata alla descritta fase iniziale dell'aggressione verbale, aveva rafforzato la volontà dei correi, come poteva desumersi dal fatto che altra volontà non era ricavabile dal comportamento descritto: e in particolare non era ipotizzabile una volontà volta a scongiurare o interrompere l'azione violenta. In particolare, la giurisprudenza di questa corte ha già posto in risalto come la frequentazione e condivisione degli interessi di un gruppo, da cui derivi la conoscenza del progetto delittuoso maturato al suo interno, integra concorso nel reato quando si traduca in un rafforzamento della volontà criminale degli altri compartecipi, nella fase preparatoria o in quella esecutiva. Si fuoriesce, dunque, dai confini della mera connivenza non punibile quando vi sia stata una anticipata programmazione di attività di copertura, che abbia rafforzato il proposito criminoso degli esecutori del reato (Rv. 241233). E nel caso di specie può ben dirsi, con la corte territoriale, che la animazione nella fase di provocazione e scherno della persona offesa, per quanto frutto di un accordo realizzatosi sul posto, costituisce il fondamentale momento di formazione e poi rafforzamento della comune volontà criminale, esplosa nell'azione aggressiva poi materialmente posta in essere da tre soltanto dei componenti il gruppo. Deduce il difensore di Corbo (oltre alla richiesta di prescrizione sopra menzionata) 1) la erronea applicazione della reclusione in relazione al reato di lesioni personali volontarie, rientrante nell'ipotesi di cui all'articolo 582 primo comma cp in base alla contestazione mossa al ricorrente; Così, tornando al caso in esame, la denuncia presentata da lo Scaccia nei confronti della odierna persona 2) la applicazione, da parte del giudice dell'appello, di una pena diversa da quella che poteva essere disposta in relazione al reato di lesioni personali volontarie, in realtà di competenza , nel caso di specie, del giudice di pace. Il ricorso è infondato per le ragioni sopra evidenziate. La esatta contestazione, in fatto, nel caso di specie, dell'uso del bastone per la commissione del reato di lesioni personali volontarie rende evidente la infondatezza del motivo di doglianza per assenza dei suoi presupposti fattuali. li reato di lesioni è stato addebitato con la corretta consequenziale irrogazione della pena detentiva, in tal generiche- non più revocabile in ragione del divieto di reformatio in pejus- senza procedere al bilanciamento ex art. 69 cp. D'altra parte, il rilievo secondo cui, nel caso di specie, si è venuto a determinare di fatto l'effetto del giudizio di prevalenza delle attenuanti sulla aggravante , non conduce alle conclusioni evocate dal difensore: infatti secondo la costante giurisprudenza di questa Corte il giudizio di comparazione fra le circostanze dì cui all'art. 69 cod. pen. è previsto unicamente per la determinazione della pena e non vale a configurare giuridicamente il reato come ipotesi semplice e non circostanziata ( rv 230037). Infine la richiesta di declaratoria di prescrizione formulata nell'interesse di entrambi i ricorrenti non può trovare accoglimento dal momento che vanno computati, nel calcolo del termine in questione , anni uno, mesi 7 e gg 28 di sospensione della relativa decorrenza, tali da procrastinare la scadenza fino al maggio 2014. PQM 44,ivàdiA _... n Rigetta i ricorsi e condanna Yricorren I pagamento, ciascuno, delle spese del procedimento. Roma 5 aprile 2013 Il Presidente il Cons. est. Depositata in Cancellerii Roma, lì 2 1116. 2013 senso dovendosi correggere la motivazione della sentenza che ha ritenuto l'effetto delle attenuanti

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