Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28490 del 17/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28490 Anno 2016
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LIPOVAN CRISTIAN N. IL 26/12/1967
avverso l’ordinanza n. 13/2015 CORTE ASSISE APPELLO di
FIRENZE, del 26/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 17/05/2016

Ritenuto in fatto
att l i C
1.Con ordinanza resa in data 26 febbraio 2015 la Cortei appello di Firenze,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza proposta da Cristian
Lipovan di applicazione in sede esecutiva della continuazione fra i reati indicati
nell’istanza.
2.Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di

ricorrente non si è tenuto conto della natura omogenea dei reati giudicati, della
prossimità cronologica, delle identiche modalità di commissione, della medesima
causale legata alla condizione di alcoldipendenza, che ha certamente influito sulla
commissione dei reati, mentre non costituisce impedimento al riconoscimento della
continuazione la commissione di uno dei due reati in un paese straniero, posto che
la sentenza di condanna, pronunciata dall’autorità giudiziaria estera, è stata
riconosciuta e quindi l’esecuzione della relativa pena deve avvenire secondo la
legge italiana, come previsto dall’art. 16 D.Igs. n. 161/2010.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati e genericamente formulati.
1.L’ordinanza impugnata ha analizzato le vicende fattuali, oggetto di
accertamento nelle due pronunce di condanna e ha evidenziato l’insussistenza di
elementi per poter affermare con certezza che il Lipovan avesse perpetrato le due
violazioni, commesse a distanza di mesi ed in paesi diversi, in base ad un progetto
criminoso unitario e già deliberato nelle linee essenziali sin dalla perpetrazione del
primo episodio. Ha dunque ricondotto tali violazioni ad uno stile di vita, improntato
all’assunzione abituale di alcol anche prima di porsi alla guida ed alla decisione
estemporanea di sottrarsi al controllo per non incorrere nelle conseguenze
sanzionatorie.
1.1 Per contro, il ricorso ribadisce la medesima prospettazione già respinta
dal giudice di merito, sostiene circostanze non riscontrate sulla prossimità
temporale dei fatti-distanti cinque mesi-, ma non confuta in modo puntuale tutti i
rilievi contenuti nel provvedimento impugnato, che ha offerto corretta applicazione
di consolidati principi interpretativi, secondo i quali anche l’identità del bene
giuridico violato ed il lasso temporale intercorso fra le varie condotte costituiscono
aspetti da soli insufficienti ad offrire dimostrazione dell’esistenza di quell’unico
iniziale programma in vista di uno scopo determinato, ricomprendente le singole
1

legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen.. Secondo il

violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per il riconoscimento della
continuazione.
1.2 Inoltre, l’impugnazione afferma quale elemento unificatore dei reati
separatamente giudicati la condizione del ricorrente di dipendenza da alcolici come
certamente influente sulla loro perpetrazione. Tale rilievo merita alcune precisazioni
in punto di diritto.
tematica è oggetto di mera allegazione, ma è sfornita di

eventuali accertamenti condotti nelle sentenze di condanna, ossia ad elementi che
lo rendano plausibile e suscettibile di essere considerato nell’accertamento
giudiziale, il che è tanto più rilevante in quanto la difesa assume che l’abuso di
sostanze alcoliche avrebbe cagionato nel ricorrente una condizione patologica con
cornpromissione delle sue condizioni psico-fisiche, come tale rilevabile e certificabile
da un sanitario.
1.2.2 La formulazione dell’assunto difensivo risulta inammissibile anche per la
sua infondatezza, dal momento che la difesa pare invocare l’applicazione in via
analogica della disposizione di cui all’art. 671 cod. proc. pen., comma 1, il quale
include fra gli elementi che incidono sul riconoscimento della continuazione “la
consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza”. Tale
operazione ermeneutica non è però autorizzata dal testo normativo che contiene il
riferimento soltanto allo stato di dipendenza da stupefacenti quale fattore idoneo a
giustificare la ravvisata sussistenza dell’unicità del disegno criminoso con riguardo a
reati che siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano le altre
condizioni individuate dalla giurisprudenza per la configurabilità dell’istituto previsto
dall’art. 81, comma secondo, cod. pen. (Cass. sez. 1, n. 50716 del 07/10/2014,
Iannella, rv. 261490). Del resto la limitazione del riferimento testuale allo stato di
dipendenza con esclusione dell’alcoldipendenza trova giustificazione nell’intento del
legislatore di attenuare le conseguenze punitive derivanti dalla commissione di reati
da parte di soggetti indotti dalla ricorrente necessità di assunzione di sostanze
psicotrope e a violare frequentemente la legge per procurarsi i mezzi con i quali
sostenere la spese per soddisfare il proprio fabbisogno quotidiano con un’impellenza
che per massime di esperienza non ha eguali nell’esigenza di assumere alcolici, che
quale fattore criminogeno assume un rilievo meno pressante e incisivo sulla
risoluzione di violare i precetti penali.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima
equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

2

qualsiasi riscontro dimostrativo, non affidato né a documentazione medica, né ad

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2016.

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