Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28487 del 10/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28487 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AMICO IVAN N. IL 19/11/1983
avverso la sentenza n. 290/2013 TRIBUNALE di LAGONEGRO, del
11/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA ;
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lette/sefitite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 10/04/2014

OSSERVA

D’Amico Ivan ricorre per cassazione avverso la sentenza di applicazione pena pronunciata
1’11.7.2013 dal tribunale di Sala Consilina deducendo:
1. che il dispositivo della sentenza non contiene la sua punizione, riportando la condanna
del solo coimputato Galietta Luciano con conseguente annullamento della stessa perché
nei suoi confronti non vi è mai stata condanna e che comunque in caso di diversità tra

2. che l’abbattimento pena prevista per la scelta del rito non è stato conforme al dettato
legislativo
3. che comunque è carente la motivazione

Il ricorso è inammissibile perché i motivi sono manifestamente infondatei
Il dispositivo letto alla pubblica udienza dell’Il luglio 2013 alla presenza delle parti contiene la
condanna del ricorrente e solo per errore materiale nel dispositivo in calce alla motivazione è
stato indicato il nome del coimputato anche con riguardo alla condanna del ricorrente. Si tratta
di evidente errore materiale che non può essere corretto in questa sede stante l’inammissibilità
del ricorso ( art. 130 co 1 c.p.p.)
Ciò detto deve rilevarsi che nel ricorso per cassazione avverso sentenza che applichi la pena
nella misura patteggiata tra le parti non e’ ammissibile proporre motivi concernenti la misura
della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La richiesta di applicazione della
pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura
processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non e’ revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha
aderito, così rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non e’ legittimata, in
sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute”
(Cass. Sez.III 27marzo 2001 n.18735, Ciliberti). Nel caso in esame non si verte in ipotesi di
pena illegale considerato che le parti hanno proceduto alla riduzione premiale in osservanza
della disposizione di legge che prevede una riduzione fino ad un terzo.
Il motivo che investe la tenuta argomentativa della sentenza di applicazione pena è generico e
comunque manifestamente infondato, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata,
si è da un lato adeguato al contenuto nell’accordo tra le parti e dall’altro ha escluso che
ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p. indicando specificatamente gli atti di indagine dai
quali doveva desumersi la responsabilità. Siffatta motivazione, avuto riguardo alla speciale
natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità. L’accordo intervenuto tra le parti infatti esonera l’accusa
i

dispositivo7motivazione deve prevalere il primo

dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da
considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal
capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso,
con il richiamo all’art. 129 c.pp.. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste,
con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost.
(Cass. Sez. un. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un.
25 novembre 1998, Messina; sez.IV 13 luglio 2006 n.34494, Koumya)
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al

della Cassa delle ammende

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma il 10.4.2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

Giovanna VERGA

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DANESE
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pagamento delle spese processuali, e al versamento della somma di 1.000,00 euro in favore

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