Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28478 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28478 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO ELISA N. IL 30/05/1967
ESPOSITO EMMA N. IL 20/12/1994
ESPOSITO GIOACCHINO N. IL 28/09/1959
avverso la sentenza n. 2315/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
29/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha respinto le
impugnazioni proposte da Elisa Esposito, Emma Esposito e Gioacchino Esposito nei
confronti della sentenza del 12 novembre del Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Torre Annunziata, che, in esito a giudizio abbreviato, aveva condannato Elisa
Esposito e Gioacchino Esposito alla pena anni cinque di reclusione ed euro 14.000 di
multa ed Emma Esposito alla pena di anni tre e mesi di reclusione ed euro 7.500 di
multa, per i reati di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. 309/90, 2 e 7 I. 895/67, 23 I. 110/75,

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso personalmente Gioacchino Esposito,
lamentando violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche nonostante l’ammissione da parte di sua ogni addebito, diniego
motivato dalla Corte d’appello con la mancata indicazione del destinatario della sostanza
stupefacente e con l’essere l’ammissione di responsabilità volta solo ad escludere il
coinvolgimento della moglie e della figlia.
3. Hanno proposto ricorso congiuntamente anche Emma ed Elisa Espostito,
lamentando violazione di legge in relazione alla affermazione di responsabilità in ordine al
concorso nella ricezione e detenzione dell’arma con matricola abrasa e delle relative
munizioni, fondata solamente sulla base del fatto che le stesse si trovavano occultate in
una scatola di scarpe nella camera da letto dei coniugi Esposito, facilmente accessibile a
tutti gli imputati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati.
4.

Per quanto riguarda la doglianza formulata da Gioacchino Esposíto, di

violazione di legge per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nonostante
l’ammissione di responsabilità, va ricordato che, secondo giurisprudenza consolidata di
questa Corte, ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è
necessaria una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente la indicazione degli elementi ritenuti
decisivi e rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri. Il preminente e decisivo
rilievo accordato all’elemento considerato implica infatti il superamento di eventuali altri
elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione, i quali restano implicitamente
disattesi e superati. Sicchè anche in sede di impugnazione il giudice di secondo grado può
trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame quando abbia
individuato, tra gli elementi di cui all’art.133 c.p., quelli di rilevanza decisiva ai fini della
connotazione negativa della personalità dell’imputato e le deduzioni dell’appellante siano
palesemente estranee o destituite di fondamento (cfr. Sez.6 n.34364 del 16.6.2010).

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9’t

648 e 697 cod. pen.

L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state
prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una
valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior
rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni
preponderanti della decisione non può, purchè congrua e non contraddittoria, essere
sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
Nella specie la Corte territoriale ha negato a Gioacchino Esposito la concessione

sottolineando la stabilità della attività di spaccio desumibile dalle modalità della
suddivisione della droga e dal suo quantitativo, evidenziando la scarsa rilevanza della
ammissione di responsabilità del ricorrente a fronte dell’avvenuto accertamento della sua
colpevolezza.
Ha quindi ritenuto assolutamente prevalente il richiamo, sia pure implicito, alla
personalità negativa dell’imputato, quale emergente dalle modalità della condotta, per
negare l’invocato beneficio, con motivazione corretta sul piano del diritto e non
sindacabile nel merito.
5. Anche i ricorsi proposti da Elisa ed Emma Esposito, mediante i quali hanno
lamentato violazione di legge in ordine alla affermazione della loro corresponsabilità nella
ricezione e detenzione dell’arma clandestina e delle relative munizioni, risultano
manifestamente infondati, avendo la Corte d’appello evidenziato gli elementi da cui
ricavare la stretta relazione di fatto tra le ricorrenti e l’arma (evidentemente provento di
reato in quanto presentante la matricola abrasa) e le relative munizioni, sottolineando
che tutti gli imputati avevano la disponibilità dell’arma posta nella camera da letto ed
occultata insieme alle munizioni in una scatola da scarpe da donna che Elisa Esposito ha
ammesso appartenerle, evidenziando anche che nello stesso armadio era in parte
occultata anche la droga.
Si tratta di motivazione corretta sul piano del diritto, essendo stati indicati i
motivi posti a fondamento della ritenuta sussistenza di una relazione di fatto tra tutti gli
imputati e l’arma e le sue munizioni, e non sindacabile nel merito, essendo immune da
vizi logici, con la conseguente manifesta infondatezza della censura.
6. I ricorsi, in conclusione, devono essere dichiarati inammissibili.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del

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delle circostanze attenuanti generiche a cagione della estrema gravità dei fatti,

versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016

Il Consigliere estensore

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