Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28478 del 10/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 28478 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SICA LUIGI N. IL 12/09/1936
nei confronti di:
CAFARO DARIA N. IL 23/08/1960
avverso la sentenza n. 29/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
14/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. F.0
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che ha concluso per / (v» an LA-Qearnn e-71 co

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 10/04/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza in data 14 febbraio 2013 la Corte d’appello di Salerno in riforma della sentenza
del Tribunale di Sala Consilina del 22 luglio 2009 assolveva Cafaro Daria dal reato di truffa in
danno di Sica Luigi perché il fatto non sussiste. Riteneva la corte territoriale che nel caso di
specie mancava deminutio patrimonii del soggetto passivo perché non solo l’assegno era stato
restituito al Sicli ma neppure poteva ritenersi integrata la deminutio dalla corresponsione dei
3000,00 C, cifra che, come è precisato dalla stessa parte offesa, era stata anticipata

successivamente alla stipula del preliminare, al solo fine di consentire alla donna di far fronte
ad uno scoperto bancario e quindi non ricollegabile in alcun modo all’accordo relativo al futuro
trasferimento di proprietà dell’immobile. La caSale del prestito era del tutto svincolata alla
stipula del preliminare in contestazione e quindi ritenevano i giudici d’appello che non
sussisteva un rapporto immediato di causa ad effetto tra l’espediente fraudolento usato dalla
legge e la ritenuta deminutio patrimonii a fronte, peraltro, della decisione della parte offesa di
rimanere comunque nella disponibilità dell’immobile, pur senza addivenire alla stipula dell’atto
notarile.
Ricorre per cassazione la parte civile deducendo che la sentenza impugnata è incorsa in:
1. vizio della motivazione per travisamento delle prove. Sostiene che le risultanze
dibattimentali correttamente reinterpretate dimostrano che l’imputata, dichiarando in
sede di preliminare la piena di esclusiva proprietà dell’immobile compravenduto
determinava la parte offesa alla conclusione di un contratto che non avrebbe mai
stipulato, essendo il proprio interesse finalizzato esclusivamente all’acquisto dei tre
locali sottrattigli, del tutto irrilevante essendo la circostanza che, a seguito di trattative
di bonario componimento ,intervenute successivamente alla consumazione del reato,
avrebbe manifestato la propria disponibilità ad acquistare la parte residua dell’immobile
al prezzo ridotto. Da qui la configurabilità degli artifici raggiri ben sapendo l’ imputata
che mai avrebbe potuto trasferire la proprietà dell’intero immobile. Sostiene di aver
subito una deminutio patrimoni sia pure nella misura di euro 3000,00 che ha dovuto
versare per evitare che la Cafaro incassasse la maggior somma di cui alla contestazione
2. violazione di legge in quanto l’insussistenza dell’elemento della deminutio patrimoni non
escludeva che la condotta realizzata fosse qualificabile in un tentativo di truffa

Il ricorso è fondato. La Corte d’Appello ha assolto l’imputata perché ha ritenuto che nel
caso di specie mancava deminutio patrimonii del soggetto passivo perché non solo l’assegno di
C 22.500,00 rilasciato al momento della conclusione del contratto era stato restituito al SiceL
ma neppure poteva ritenersi integrata la deminutio dalla corresponsione dei 3000,00 C, cifra
che, secondo i giudici d’appello, come è precisato dalla stessa parte offesa, era stata anticipata
all’imputata solo dopo che le trattative per la vendita si erano ormai interrotte e

all’imputata solo dopo che le trattative per la vendita si erano ormai interrotte e

successivamente alla stipula del preliminare, al solo fine di consentire alla donna di far fronte
ad uno scoperto bancario e quindi non ricollegabile in alcun modo all’accordo relativo al futuro
trasferimento di proprietà dell’immobile. In realtà dalla motivazione della sentenza di primo
grado risulta che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che il Sica, qualche tempo dopo la
conclusione del preliminare di vendita aveva accertato dalle risultanze catastali che i beni
promessi in vendita erano in comunione e non di esclusiva proprietà dell’ imputata che, nel
frattempo aveva portato all’incasso l’assegno di euro 22.500,00 consegnatole al momento della
conclusione del contratto. Il Sica aveva quindi denunciato la realtà scoperta all’imputata la

ottenuto la somma di euro 3000,00 mai restituita, somma che, come indicato dal primo giudice
realizza la deminutio patrimonii del soggetto passivo richiesta per la sussistenza del reato,
considerato che la parte offesa è stata costretta a corrisponderla proprio per impedire l’incasso
della maggior somma di € 22.500,00 portata dall’assegno bancario. Diversamente da quanto
indicato dai giudici di secondo grado nel caso di specie sussistono gli elementi del reato di
truffa contestato: i raggiri posti in essere dall’ imputata per indurre la parte offesa a stipulare il
contratto avente ad oggetto un bene immobile che non era di esclusiva proprietà della stessa e
la diminutio patrimoni del soggetto passivo, consistita nella perdita di una somma pari ad euro
3000,00 che la persona offesa è stata costretta a corrispondere alla Cafaro per impedire
l’incasso della maggior somma di euro 22.500,00 portata dall’assegno bancario consegnato al
momento della conclusione del contratto
La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio al giudice civile competente per valore
in grado d’appello.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado
d’appello.

Così deliberato in Roma il 10.4.2014
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente
Franco IANDANIE

quale per poter bloccare il pagamento dell’assegno di euro 22.500,00 gli aveva chiesto ed

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