Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2847 del 20/12/2013
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2847 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: MICHELI PAOLO
Data Udienza: 20/12/2013
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
•
Ferone Domenico, nato ad Arzano il 26/09/1967
•
Chianese Gennaro, nato a Napoli il 16/06/1960
avverso l’ordinanza emessa il 06/08/2013 dal Tribunale di Urbino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei
ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Domenico Ferone e Gennaro Chianese, con ricorsi distinti ma di contenuto
sovrapponibile, impugnano il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il
,
Tribunale di Ancona risulta avere rigettato le richieste di riesame presentate dai
suddetti nei confronti dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Urbino del
03/07/2013, applicativa della misura della custodia in carcere a carico di
entrambi, sottoposti a indagini in relazione a più delitti di furto aggravato.
I due prevenuti, premesso di avere proposto riesame solamente con
riguardo al tema delle esigenze cautelari, deducono che l’ordinanza oggetto di
ricorso avrebbe ribadito la particolare gravità del pericolo di recidiva specifica
sulla base di petizioni di principio, fondate su una presunta professionalità nel
incapacità di osservare le prescrizioni da correlare ad eventuali misure di minor
rigore. Al contrario, obiettano di non aver mai riportato condanne per evasione,
e che la restrizione intramuraria deve ritenersi sproporzionata: censurano altresì
l’osservazione adottata dal collegio, secondo cui gli stessi arresti domiciliari
dovrebbero intendersi inadeguati, per l’episodicità dei controlli cui essi sarebbero
sottoposti, quando invece è “prassi meticolosa” delle forze di polizia dare corso ai
detti controlli con particolare frequenza ed anche in tempo di notte, impedendo
qualunque possibilità di allontanamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi debbono ritenersi inammissibili.
Infatti, le doglianze del Ferone e del Chianese si palesano del tutto
generiche, risolvendosi in mere allegazioni: a fronte della puntuale motivazione
del provvedimento impugnato, che pone in evidenza i precedenti penali degli
indagati e la loro capacità di commettere delitti contro il patrimonio anche a
notevole distanza dai loro abituali riferimenti sul territorio (con evidente, sottesa
organizzazione), i ricorrenti vorrebbero ricavare dalla sola mancanza di condanne
pregresse per evasione indici sufficienti per inferirne una prognosi favorevole
circa il loro rispetto di eventuali prescrizioni; del tutto astratta è la contestazione
del dato – in vero, inconfutabile – che vuole giocoforza ridotte le concrete
possibilità di contenimento di un soggetto da parte delle forze dell’ordine,
laddove questi si trovi ristretto agli arresti domiciliari. Del resto, dinanzi agli
elementi che suggeriscono una valutazione negativa della personalità degli stessi
indagati, segnalati dal Tribunale di Ancona, i ricorsi non contengono l’indicazione
in positivo di dati che dovrebbero imporre di giungere ad opposte conclusioni.
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
2
crimine da parte degli stessi ricorrenti e su una loro altrettanto apodittica
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto
riconducibile alla loro volontà (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà dei ricorrenti, dovranno essere curati dalla Cancelleria gli adempimenti di
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi, e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle
Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.
att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20/12/2013.
cui al dispositivo.