Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28467 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28467 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IBHADE ARTHUR OGBEMUDIA N. IL 25/04/1966
avverso la sentenza n. 765/2015 GIP TRIBUNALE di PERUGIA, del
18/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di
Perugia ha applicato all’imputato la pena da questi richiesta, per il reato di cui
all’art. 73 comma 1 d.P.R. n. 309/1990, perché illecitamente trasportava

in

corpore sostanza stupefacente del tipo MDMA per complessivi gr 115.97
contenuta in nr 9 ovuli, sostanza destinata al commercio.
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, chiedendone l’annullamento e lamentando la carenza di motivazione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2.

Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto

riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non
avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e
125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento,
rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione
di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
partì emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurímis, sez. 3, 29
maggio 2012, n. 36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27
settembre 1995, n. 10372; sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex
art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti
di indagine, evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore
dell’imputato.
2

circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.

3. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in C 2.000,00.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 22.4.2016

P.Q.M.

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