Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28466 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28466 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
KONATE ABUBACARP ABOUBACAR IL 15/04/1986
avverso la sentenza n. 5208/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PERUGIA, del 04/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Perugia ha applicato a Konate Abubacar la pena da questi
richiesta, per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 (per avere ricevuto e
detenuto indosso otto confezioni di sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso
complessivo di grammi 39,16, corrispondenti a 180,6 dosi medie singole, destinato ad un
uso non esclusivamente personale).
Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone

l’annullamento e lamentando carenza di motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto riferimento critico
alla motivazione della sentenza impugnata ed omettendo l’enunciazioni di motivi,
mancanza di motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen. e la misura della pena.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui
l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod.
proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità,
dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente
nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi
e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod.
proc. pen. (ex plurimis, Sez. 3, 29 maggio 2012, n. 36610; Sez. 3, 22 settembre 1997,
n. 2932; Sez. un. 27 settembre 1995, n. 10372; Sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso dì specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen., appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti di indagine, ed
in particolare il verbale d’arresto e le dichiarazioni parzialmente annmissive dell’imputato,
evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore dell’imputato.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.

1

0.1;

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 2.000,00.
P.Q.M.

processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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