Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28465 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28465 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PISTILLO FRANCESCO N. IL 20/08/1962
avverso la sentenza n. 332/2015 CORTE APPELLO di BARI, del
13/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata in data 13.7. 2015, la Corte di appello di Bari, a
seguito di appello dell’imputato ed impugnazione del PG, in parziale riforma della
sentenza del GUP Tribunale di Trani emessa in data 1.12.2014 nei confronti di
Pistillo Francesco, dichiarato responsabili del reato di cui all’ arti 73 dpr n.
309/1990, rideterminava la pena inflitta in anni otto e mesi dieci di reclusione ed
euro 30.000,00 di multa.
2. Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il

violazione di legge processuale e vizio motivazionale in relazione all’accoglimento
dell’impugnazione del PG e vizio di legge e vizio motivazionale in ordine al mancato
riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73 comma 5 dpr 309/1990 ed
al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Va richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale,
in tema di giudizio abbreviato, il ricorso per cassazione proposto dal pubblico
ministero avverso la sentenza di condanna e convertito in appello in applicazione
dell’art. 580 cod. proc. pen., conserva la propria natura di impugnazione di
legittimità; tuttavia, una volta concluso positivamente il giudizio rescindente, il
giudice d’appello riprende la propria funzione di giudice del merito e può adottare
le statuizioni conseguenti alla formulazione del giudizio rescissorio devolutogli.
(Sez.1,n.40280 del 21/05/2013, Rv.257326; Sez.4,n.37074 del 24/06/2008, Rv.
241059; Sez. 6, n. 42694 del 23/10/2008, Raia e altro, Rv. 241872;
Sez.1,n.15025de114/02/2006, Rv.234039).
La Corte territoriale ha dato conto dell’ambito entro il quale deve ritenersi che
il pubblico ministero abbia proposto ricorso per cassazione, convertito
automaticamente in appello per effetto della proposizione dell’appello da parte
dell’imputato e quest’ambito è stato delineato in riferimento all’impugnazione
dell’avvenuto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche Si tratta,
infatti, di aspetti della decisione in cui il pubblico ministero, contrariamente a
quanto sostenuto, intese prospettare vizio e carenza motivazionale e quindi vizi di
legittimità della sentenza, e non già dedurre motivi di merito.
2. Il secondo motivo è manifestante infondato.
Va richiamata la costante giurisprudenza dì questa Corte, secondo la quale la
fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309
del 1990, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del
D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e dal D.L. 20 marzo 2014 n.
2

tramite del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto l’annullamento, lamentando

36 (conv, in legge 16 maggio 2014 n. 79), può essere riconosciuta solo nella
ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla
disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che,
ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra
considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (ex plurimis, sez. un., 24
giugno 2010, n 35737; Sez.4, n.6732 del 22/12/2011, dep.20/02/2012,
Rv.251942; Sez.3, n. 23945 del 29/04/2015, Rv.263651, Sez.3, n.32695 del

adeguata e priva di vizi logici ha dato rilievo sia al dato quantitativo che alle
modalità della condotta.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle
circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza
di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi
di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione
delle circostanze in parola; l’obbligo di analitica motivazione in materia di
circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza
delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez.1, n. 3529
del 22/09/1993, Rv. 195339; sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro,
rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).
Inoltre, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del
trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame,
tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e
atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento
discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in
misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena
concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile
in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, “a fortiori”, anche per il
giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive
dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi,
favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni
particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e
decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi
e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione (Cassazione penale,
sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).
Nella specie, la Corte ha ritenuto, con motivazione adeguata e priva di vizi
logici, elemento ostativo alla concessione delle circostanze attenuanti generiche i
precedenti specifici dell’imputato; ha quindi ritenuto assolutamente prevalente il
3

27/03/2015, Rv.264490); nella specie, la Corte territoriale, con motivazione

richiamo alla personalità negativa dell’imputato, quale emergente dal certificato
penale, per negare l’invocato beneficio.
4.

Il ricorrente articola, in definitiva, motivi che contrastano con

giurisprudenza costante, le cui ragioni non tenta di confutare adducendo specifici
motivi nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi, con conseguente
inammissibilità del ricorso ai sensi dell’articolo 606 comma 3 cod. proc. pen
5. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere

della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima
consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa
delle ammende, equitativamente fissata in C 1.500,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, 22.4.2016

che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione

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