Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28462 del 22/04/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28462 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
HU JIXIANG N. IL 18/03/1991
avverso la sentenza n. 11266/2015 TRIBUNALE di MILANO, del
11/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;
Data Udienza: 22/04/2016
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di
Milano ha applicato all’imputato la pena da questa richiesta, per il reato di cui
agli artt 110 cod. pen e 73 commi 1, 1 bis e 6 d.P.R. n. 309/1990 per detenzione
a fini di spaccio e cessione di sostanza stupefacente del tipo cloridrato di
metanfetamina o “shaboo”.
2. Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
illogicità della motivazione circa la determinazione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2.
Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto
riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice
avrebbe applicato una pena eccessivamente gravosa.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e
125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento,
rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione
di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione.
Ne consegue che con riferimento alla motivazione in ordine all’entità della
pena, il relativo obbligo deve essere ritenuto assolto da parte del Giudice quando
– come nel caso di specie – egli dia atto di avere positivamente effettuato la
valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del fatto,
dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della
congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza, una
tate indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione
è stato dunque rispettato (ex plurimis, sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, rv.
215489).
3. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
4 Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
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cassazione chiedendone l’annullamento e lamentando la carenza e manifesta
determinazione
della
causa
di
inammissibilità»,
alla
declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Così deciso in Roma, 22.4.2016
ammende.