Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28456 del 13/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 28456 Anno 2013
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FEDELE CLAUDIO N. IL 13/02/1985
avverso il decreto n. 51/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 01/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Doti PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/06/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

Fedele Claudio propone ricorso per cassazione contro il decreto

della Corte d’appello di Reggio Calabria che ha rigettato l’appello
proposto contro il decreto del tribunale di Reggio Calabria, sezione
misure di prevenzione.
2.

Con un unico motivo di ricorso lamenta violazione di legge per

pericolosità attuale non può fondarsi esclusivamente su un procedimento
penale ancora sub judice. Nel caso concreto mancherebbero sufficienti
indizi atti a comprovare che i beni provengano da attività illecite o ne
costituiscano il reimpiego e su tale aspetto vi sarebbe appunto difetto
assoluto di motivazione.
3.

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gioacchino
Izzo, ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso sulla considerazione
che il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di
prevenzione è limitato alla violazione di legge e quindi non si estende
ad un controllo sull’adeguatezza e coerenza logica dell’iter
giustificativo della motivazione, che comunque sussiste.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile;come già ricordato dal procuratore
generale, occorre rammentare che in materia di misure di prevenzione,
personali e patrimoniali i il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per
violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4, comma 11, I. 27
dicembre 1956 n. 1423, richiamato anche dall’art. 5 ter, comma 2, I. 31
maggio 1965 n. 575. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla
motivazione, sono escluse dal novero dei vizi deducibili in sede di
legittimità le ipotesi previste dall’art. 606 comma 1, lett. e), c.p.p.,
potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione
inesistente o meramente apparente, qualificabile come violazione
dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice
d’appello dal comma 9 del predetto art. 4 I. n. 1423 del 1956. In questa
prospettiva, rientrano nel novero dei vizi della motivazione sindacabili in
sede di legittimità, oltre il caso di mancanza della motivazione, solo le
ipotesi nelle quali questa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di

totale assenza della motivazione; a detta del ricorrente il giudizio sulla

coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare meramente
apparente, ovvero sia assolutamente inidonea a rendere comprensibile il
filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero ancora, l’ipotesi in cui le
linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e
carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni
che hanno giustificato l’applicazione della misura di prevenzione (sez. VI,
10 marzo 2008, n. 25795).
2. Nel caso di specie è lo stesso ricorso, laddove a pagina quattro
anche piuttosto approfondita. Non si può quindi parlare di totale carenza
di motivazione, tale da integrare il vizio di violazione di legge. Che, poi,
tale motivazione sia condivisibile o meno è, per quanto ricordato in
apertura di motivazione, del tutto irrilevante in questa sede di
legittimità.
3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13/06/2013

riporta un passo dell’ordinanza, a dimostrare che la motivazione c’è ed è

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