Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28451 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28451 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PIZZONE MANUEL N. IL 25/07/1983
avverso la sentenza n. 439/2015 CORTE APPELLO di ROMA, del
24/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Roma, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 3 dicembre 2014, con cui Manuel
Pizzone era stato condannato alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed euro
12.000 di multa per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/90 (per avere
detenuto a fine di spaccio grammi 57,60 di sostanza stupefacente del tipo cocaina,
suddivisa in sei involucri termosaldati, e 27 grammi di hashish), ha ravvisato la
fattispecie di cui al comma 5 della disposizione citata, riducendo la pena ad anni uno e

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, mediante il suo difensore,
lamentando insufficienza ed illogicità della motivazione in ordine al mancato
riconoscimento della sospensione condizionale della pena, nonostante la stessa Corte
d’appello, riconoscendo l’ipotesi di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90, avesse
ritenuto non grave il fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La Corte d’appello ha escluso la concedibilità della sospensione condizionale della
pena ritenendo che il complessivo disvalore della vicenda non consentiva di ritenerla
occasionale, così da impedire un positivo giudizio prognostico nei confronti dell’imputato.
Tale motivazione risulta sufficiente ed immune dal vizio di illogicità denunciato
dal ricorrente, avendo la Corte territoriale fatto riferimento alla vicenda nel suo
complesso, come ricostruita nella sentenza, da cui si ricava la (quantomeno parziale)
destinazione della sostanza stupefacente detenuta dal ricorrente alla cessione a terzi ed
una certa organizzazione di tale attività (desumibile dagli strumenti e dalle sostanze per
il confezionamento in dosi rinvenuti nella disponibilità dell’imputato), per escluderne la
occasionalità e formulare dunque un giudizio prognostico negativo. Non vi è alcuna
illogicità tra tale conclusione e la ritenuta minore gravità del fatto, ricondotto alla ipotesi
attenuata di cui al quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90, essendo state chiarite le
ragioni della formulazione di un giudizio prognostico negativo pur in presenza di un fatto
ritenuto meno grave rispetto alla iniziale contestazione, ben potendo un siffatto giudizio
negativo essere formulato anche in relazione a fatti di minore gravità, qualora vi siano
elementi (nella specie evidenziati) che inducano a ritenere che l’imputato non si asterrà
dalla commissione di altri analoghi reati.
Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile a cagione della
sua manifesta infondatezza.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
1

mesi otto di reclusione ed euro 6.000 di multa.

inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016

Il Consigliere estensore

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