Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28450 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28450 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FORTINO CARMINE N. IL 17/07/1992
DE RISI GIACOMO N. IL 22/11/1984
VILLANI GIUSEPPE N. IL 09/07/1964
avverso la sentenza n. 3955/2015 GIP TRIBUNALE di NOCERA
INFERIORE, del 21/10/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Nocera
Inferiore ha applicato a Giuseppe Villani, De Risi Giacomo e Fortino Carmine la pena da
questi richiesta in relazione a plurime violazione dell’art. 73 d.P.R. 309/90.
Avverso la sentenza il Villani ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone
l’annullamento, lamentando illogicità della motivazione, per l’omessa indicazione degli
elementi di prova a suo carico; violazione dell’art. 43 cod. pen., per la mancata
indicazione degli elementi da cui trarre la dimostrazione della sussistenza dell’elemento

art. 129 cod. proc. pen.
Ha proposto ricorso, per il tramite del suo difensore, anche Giacomo De Risi,
lamentando l’omessa verifica della sussistenza di cause di proscioglimento ai sensi
dell’art. 129 cod. proc. pen., non essendo sufficiente l’indicazione generica della
insussistenza di tali cause contenuta nella motivazione della sentenza impugnata.
Ha proposto ricorso personalmente anche Giacomo Fortino, prospettando illogicità
della motivazione, violazione dell’art. 43 cod. pen., per la mancata indicazione degli
elementi da cui trarre la dimostrazione della sussistenza dell’elemento soggettivo, e
violazione di legge penale circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
I ricorrenti si limitano, infatti, a lamentare, senza alcun concreto riferimento
critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non avrebbe fornito
alcuna motivazione circa gli elementi della loro responsabilità, il relativo elemento
psicologico e l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui
l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod.
proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura
giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il
compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le
parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i
fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di
una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità,
dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente
nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle leggi
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soggettivo; violazione di legge penale circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex

e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod.
proc. pen. (ex plurimis, Sez. 3, 29 maggio 2012, n. 36610; Sez. 3, 22 settembre 1997,
n. 2932; Sez. un. 27 settembre 1995, n. 10372; Sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen., appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti di indagine e,
per relationem, l’ordinanza applicativa della custodia in carcere nei confronti di tutti e tre
gli imputati (come consentito in caso di atto conosciuto dall’imputato, cfr. Sez. 6,

del 13/05/2010, 0., Rv. 247287; Sez. 2, Sentenza n. 19619 del 13/02/2014, Bruno, Rv.
259929), evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore dei ricorrenti.
I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

Sentenza n. 53420 del 04/11/2014, Mairajane, Rv. 261839; Sez. 3, Sentenza n. 24252

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