Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2845 del 11/12/2012

Penale Sent. Sez. 1 Num. 2845 Anno 2013

Presidente: GIORDANO UMBERTO

Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BJ

LL

DD

BA

GG

BL

CL

avverso la sentenza n. 2812/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del

23/11/2011

visti gli atti, la sentenza e il ricorso

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2012 la relazione fatta dal

Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ,E2.r..c.-Li zw,.. CESUv i

che ha concluso per

Data Udienza: 11/12/2012

ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 23.11.2011 la Corte d’appello di Milano parzialmente

riformava la sentenza pronunciata dal gip del Tribunale della medesima città che

aveva riconosciuto l’esistenza di un’associazione diretta al traffico degli stupefacenti,

ritenendo il LL un mero partecipe al sodalizio e riconoscendo a tutti gli

imputati le circostanze attenuanti generiche valutate per BJ ed il

imputati con giudizio di prevalenza. Le pene inflitte in primo grado venivano quindi

ridotte in seconde cure ad anni sedici e mesi otto di reclusione per BJ, ad anni otto e mesi quattro di reclusione per LL, ad

anni sei di reclusione per la DD, ad anni quattro e mesi otto di reclusione

per BA, ad anni sei di reclusione per GG, ad anni cinque

di reclusione per CL ed infine ad anni sei e mesi sei di

reclusione per BL. GG, DD, CL,

BA e B L avevano rinunciato ai motivi di appello

diversi da quelli sulla determinazione della pena, così residuando nel merito solo i

gravami interposti da BJ e dal LL

La Corte territoriale ha premesso che le indagini avevano consentito alla polizia

giudiziaria di accertare che la famiglia B gestiva nel complesso di San

XX, ubicato in via M, un fiorente traffico di

stupefacente; ciò alla luce dell’esito di intercettazioni telefoniche, di intercettazioni

ambientali e di interventi di controllo sul territorio ad opera della Polizia Giudiziaria.

Con lo sviluppo delle indagini veniva così ad emergere un sodalizio criminoso

promosso da BJ che si avvaleva non solo della sua compagna DD ma anche dei suoi familiari, BA, BL, CL e SS(non ricorrente); che il ruolo di

finanziatore era stato assunto dal LL e che il GG operava come

LL con giudizio di equivalenza alle aggravanti contestate e per tutti gli altri

collaboratore , ma al di fuori del patto associativo. Emergeva altresì che tutti gli

imputati facevano uso di stupefacente, il che riduceva molto il loro guadagno. La

necessità di smerciare con continuità ed intensamente era stata ricondotta dagli

investigatori al fatto che il gruppo, in data 22 agosto 2008, aveva subito il sequestro

di tre chili e mezzo di stupefacente rinvenuto al marito di BL, che

era stato ovviamente arrestato. Le basi operative dell’illecito commercio venivano

individuate negli appartamenti di BA e di BL,

entrambi in via M, di difficile monitoraggio secondo gli inquirenti attesa

l’alta densità della popolazione.

BJ, stando al contenuto delle conversazioni ascoltate a distanza,

risultava come colui che si dedicava all’approvvigionamento dello stupefacente (sia

2.

JL-

presso fornitori di rilievo, sia presso spacciatori con caratura inferiore, sulla spinta

dell’ impellente necessità di disporre anche per sé di stupefacente), curava la raccolta

del denaro presso i correi, svolgendo compiti di coordinamento degli associati,

decidendo lui da chi e quanto comprare, nonché la strategia da seguire, di concerto

con la compagna DD. Il LL emergeva chiaramente come colui che

finanziava le singole operazioni di acquisto, avendo disponibilità da investire anche

attorno a 20/25 mila euro per volta. BL risultava offrire un’attività di

accompagnare il fratello presso i fornitori. A sua volta CL, cugino del

BJ, veniva delineato come il diffusore dello stupefacente, oltre che accompagnatore

del cugino presso i fornitori. Il GG invece risultava estraneo al sodalizio, ma

interessato a numerosi episodi di spaccio che peraltro aveva ammesso in sede di

appello.

Veniva evidenziato che la struttura associativa era apprezzabile seppure con

caratteri rudimentali, in ragione della volontà dei sodali di dedicarsi stabilmente al

traffico di droga. I vincoli parentali, le quantità trattate, l’assenza di cassa comune,

ovvero la presenza costante del BJ a quasi tutte le cessioni, non costituivano secondo la Corte- dati con portata dimostrativa dell’insussistenza dell’associazione,

attesi i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento, l’

esistenza di due basi logistiche individuate, le forme di copertura usate e la ricerca

del denaro da investire nelle azioni delittuose che costituivano la riprova di un

sodalizio, al vertice del quale operava il BJ e dove era percepibile una divisione di

compiti . Il LL veniva ritenuto il finanziatore del gruppo, alla luce di

inequivoci colloqui tra lui ed il BJ( peraltro alla fine confesso sulle proprie

responsabilità) da cui emergeva il suo diretto coinvolgimento nelle operazioni, tanto

che tra i due intercorsero conversazioni aventi ad oggetto le risorse economiche

necessarie per attuare il progetto dell’associazione, cui il LL era direttamente

interessato.

Non venivano ritenuti sussistenti i presupposti per l’applicazione della

diminuente di cui all’art. 74 c. 6 dpr 309/90, poiché dovevasi tenere conto delle

quantità effettivamente scambiate, ma anche di quelle trattate in via generale e di

quelle complessivamente offerte in vendita dai partecipanti all’associazione ,

risultando intervenuto un acquisto di mezzo chilo di cocaina per volta.

2. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati

sopramenzionati

2.1 DD e CL si dolgono per la mancanza di

motivazione quanto al trattamento sanzionatorio. La prima si lamenta

dell’intervenuta riduzione della pena per effetto delle circostanze attenuanti generiche

3

significativo appoggio al fratello, mentre BA risultava

non nella massima estensione, bensì in misura contenuta (riduzione di due anni

anziché di tre anni ed un mese), senza esplicitazione delle ragioni di tale opzione,

laddove la stessa aveva ammesso le sue colpe, aveva spiegato di essere passata da

uno sporadico consumo di cocaina ad una dipendenza piena, anche in ragione di

vincolo personale che la legava a BJ, rispetto al quale era più giovane

di ben 17 anni, circostanze queste che avrebbero dovuto indurre ad una maggiore

indulgenza . Il B invece, pel tramite del difensore, si duole del fatto che la

richiesta dal Pm, senza nulla specificare sulla portata delle ammissioni rese, sui

parametri rilevanti ex lege ai fini della determinazione della pena, quali la giovane

età e l’incensuratezza.

2.2 BL e BA hanno

lamentato, pel tramite del loro difensore, la decisione della Corte territoriale quanto

alla sussistenza del reato associativo, ancorché abbiano in seconde cure rinunciato ai

motivi sul merito; si dolgono della illogicità della motivazione sul punto e poi per la

mancanza di discorso giustificativo quanto al trattamento sanzionatorio , non essendo

stata data un’adeguata e precisa giustificazione della misura della pena inflitta.

2.3 GG lamenta la pesantezza degli aumenti di pena determinati in

ragione dei numerosi episodi di cessione a lui contestati, avulsi dalla reale entità dei

singoli episodi, stabiliti in serie, senza adeguata contezza della portata degli stessi,

quanto alla quantità diffusa. Chiede quindi che venga ricalcolata la misura della

sanzione. Si duole poi del fatto che, seppure sia stata ridotta la pena detentiva da

dieci a sei anni di reclusione, non sia stata revocata la misura di sicurezza della

libertà vigilata disposta in primo grado.

2.4 BJ deduce illogicità della motivazione quanto alla ritenuta

sussistenza dell’associazione: secondo la difesa il reato sarebbe stato solo desunto,

mancando specifici ancoraggi dimostrativi dell’esistenza del programma associativo,

di una struttura stabile, con una precisa distribuzione di compiti, con finalità comuni

da perseguire. La cessione di stupefacente per conto di un’associazione non può

costituire il reato di partecipazione all’associazione medesima, occorrendo

l’assunzione di un ruolo funzionale all’associazione ed alle sue dinamiche operative,

che sia espressione non occasionale dell’adesione al sodalizio ed alla sua sorte , con

l’immanente coscienza e volontà di farne parte e di contribuire al suo illecito

sviluppo.

2.5 LL ha dedotto : a) violazione dell’art.74 dpr 309/90, in

quanto egli ebbe ad ammettere le cessioni di stupefacente, ma ha contestato che nel

breve periodo di soli quattro mesi abbia potuto intessere uno stabile vincolo con i

coimputati con adesione al loro programma, essendosi limitato ad anticipare somme

di denaro per l’acquisto di mezzo chilo stupefacente , cosicché il rapporto con

4

Corte territoriale non abbia spiegato il perché sia stata inflitta pena superiore a quella

BJ doveva ritenersi limitato a questa unica intrapresa. Tra l’altro il

LL già in precedenza era stato attinto da due ordinanze di custodia cautelare

per lo stesso tipo di reato, senza essere ritenuto coinvolto in realtà associative, in

epoche sovrapponibili a quelle del presente processo: la difesa sostiene quindi che la

presenza di pregressi giudicati permetterebbe di smentire la tesi accusatoria , così

escludendo sia l’esistenza dell’associazione, che la partecipazione ad essa. Nulla

permetterebbe di ritenere che nel caso in oggetto si sia di fronte ad un’attività

associativa si ridurrebbe a pochi mesi, LL avrebbe avuto contatti solo con il

Jhon , dalle conversazioni si desume che i due operavano ciascuno per conto proprio,

tanto che in alcune occasioni fu LL che vendeva al B piccoli

quantitativi. La difesa ritiene quindi che si tratti di concorso nel reato e non di reato

associativo, mancando un’affectio societatis, un minimum di organizzazione, una

suddivisione di ruoli e soprattutto una suddivisione degli utili. Il ruolo di finanziatore

al LL non poteva essere attribuito, alla luce di un unico episodio di messa a

disposizione del denaro per un unico acquisto; b) Illogicità della motivazione quanto

al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve, considerato che la struttura in questione

doveva definirsi minore, sia per il numero degli associati, che per i quantitativi

movimentati, tanto più che si trattava di cessioni fatte direttamente ai consumatori;

c) mancanza di motivazione in ordine all’aggravante di cui all’art. 74 c. 3 dpr 309/90:

nel caso di specie non si sarebbe registrato lo sfruttamento dei tossicodipendenti per

la loro particolare condizione , risultando gli stessi imputati consumatori di sostanza

stupefacente , situazione questa che non è quella prevista dal legislatore che quindi

giustifica un aggravamento della pena.

Considerato in diritto.

I ricorsi sono inammissibili, fatta eccezione per quello del GG, in quanto i

motivi sono manifestamente infondati, ovvero meramente ripetitivi di doglianze

avanzate in sede di merito e sulle quali è intervenuta adeguata motivazione in grado

di appello.

In primis deve essere precisato che per quanto riguarda BJ il

medesimo ebbe ad ammettere in seconde cure, a mezzo di memoriale , tutti i reati

che gli furono addebitati , riconoscendo di avere condizionato alle sue decisioni sia la

DD che le sorelle, con ciò assumendo la responsabilità del coinvolgimento delle

stesse in un rapporto che andava ben al di là della semplice diffusione dello

stupefacente ma che riguardava , come correttamente rilevato dai giudici del merito,

un progetto di coinvolgimento stabile nel traffico dello stupefacente a lui riportabile

come ideazione e concretizzazione. I motivi avanzati sono del tutto privi di specificità,

organizzata, né tanto meno stabile e duratura nel tempo ; la stessa attività

avendo dato conto la Corte territoriale di una base inferenziale solida costituita da

inequivoci elementi (tratti dalle conversazioni registrate) dimostrativi della

sussistenza di un programma delittuoso di lunga portata , ampiamente condiviso e

non solo di singoli episodi delittuosi.

I motivi di doglianza avanzati da BL e da

BA sono inammissibili per quanto riguarda la contestazione

sulla sussistenza del reato associativo, avendo le medesime rinunciato a tale motivo

per espressa preclusione normativa. Quanto alla restante censura sul trattamento

sanzionatorio, va sottolineato che la sanzione è stata inflitta su base minima per

entrambe, è stata operata la massima riduzione per le concesse circostanze

attenuanti generiche per Antonietta e riduzione pressoché massima per BL; minimo è stato l’aumento a titolo di continuazione (mesi quattro di

reclusione), per entrambe. La lieve differenza di trattamento tra le due posizioni si

giustifica con il fatto che BL ha un maggior numero di addebiti. Come è

immediato rilevare non vi erano spazi per trattamenti di miglior favore , come preteso

dalle ricorrenti: i giudici di seconde cure non hanno affatto abusato del loro potere

discrezionale, avendo tenuto la pena su un livello minimo.

Quanto ai motivi avanzati da DD e CL, parimenti

sono manifestamente infondati avendo la Corte territoriale operato il calcolo della

pena per la DD sul minimo della pena (anni dieci); la riduzione per effetto

delle circostanze attenuanti generiche non è stata effettuata nella massima

estensione essendo stato ritenuto il ruolo svolto dall’Imputata tutt’altro che

marginale, anche in ragione del numero delle imputazioni ascritte che ha

ampiamente giustificato l’aumento di un anno ex art. 81 cod.pen. Quanto invece a

CL , la pena è stata calcolata su una base leggermente superiore al

minimo, in quanto è stato ritenuto che abbia svolto un ruolo particolarmente

significativo nell’ambito del gruppo, avendo operato come il braccio destro del cugino;

la sanzione ha del resto ricalcato quanto avevano richiesto Pm e difesa.

Nessuna forzatura è seriamente apprezzabile nel discorso giustificativo della

sentenza quanto al trattamento sanzionatorio neppure in relazione al GG che è

stato condannato ad una sanzione calcolata su una base di poco superiore al minimo

edittale previsto dall’art. 73 dpr 309/90, che è poi stata legittimamente aumentata in

misura considerevole in ragione della pluralità e consistenza degli addebiti in

continuazione. E’ fondata invece la doglianza quanto alla misura di sicurezza della

libertà vigilata che deve essere revocata, essendo venuti meno , a seguito della

rideterminazione della pena in appello , i presupposti ex art. 230 cod. pen. ( pena

della reclusione per non meno di dieci anni).

di gravame in appello che pertanto non può essere sviluppato in sede di legittimità

Anche il ricorso del LL è manifestamente infondato; la Corte territoriale

ha evidenziato come sempre dal compendio delle conversazioni intercettate sia

emerso che il prevenuto era interessato agli acquisti più rilevanti del gruppo, che lo

stesso mise a disposizione cospicue risorse per gli acquisti di maggiore consistenza e

che venne indicato da CL come il socio del cugino negli affari di

droga, circostanza conclamata proprio dai colloqui intercorsi tra il BJ ed il ricorrente

messo a giorno sulle singole intraprese del gruppo. Il fatto che la partecipazione del

LL abbia avuto una durata di soli quattro mesi nulla può togliere alla

fondatezza dell’accusa, quanto ad una sua proiezione nell’attività illecita che

ancorchè rudimentale posta in essere per diffondere presso terzi lo stupefacente. Il

fatto che in precedenza l’imputato abbia avuto condanne per fatti isolati e non inseriti

in una logica associativa non poteva essere letto in chiave di esclusione della

partecipazione al sodalizio capeggiato da BJ , considerato che nulla

esclude che la condotta del prevenuto abbia subito una successiva caratterizzazione

nei termini delineati nell’ipotesi d’accusa , in concomitanza con l’incontro e gli accordi

intessuti appunto con il B. Accordi in forza dei quali il LL assunse un

ruolo chiave nella logica del gruppo, che fu quello appunto del finanziatore , così

come evidenziato dai giudici del merito con un incedere argomentativo privo di

forzature.

Quanto al mancato riconoscimento dell’ipotesi lieve, come hanno rilevato

correttamente i giudici di merito, della diminuente non sussistevano gli estremi

considerata la quantità complessivamente trattata e l’intensità del traffico gestito, con

acquisti anche di mezzo chilo di stupefacente per volta.

Quanto infine al motivo sulla mancata esclusione dell’aggravante di cui all’art.

74 c. 3 dpr 309/90, deve essere sottolineato che la tesi sostenuta, basata sull’essere

stata l’associazione ritenuta composta interamente da soggetti che facevano uso di

stupefacente e quindi sull’essere stata costituita da soggetti con il ruolo sia di

spacciatore che di consumatore che non configurerebbe quella condizione di

soggezione a cui il legislatore avrebbe fatto riferimento nel formulare l’ipotesi

aggravata, non può essere recepita. Il LL infatti per quanto assuntore di

stupefacente non ha affatto dimostrato di essere stato tossicodipendente, con il che

non può essere fondatamente ritenuto – come vorrebbe la difesa- che egli abbia fatto

parte a sua volta del gruppo dei soggetti più deboli ( in quanto tossicomane) e

quindi non possa essere chiamato a rispondere di una condotta di maggior vantaggio

tratto dallo stato di tossicodipendenza degli associati che ne erano portatori.

I ricorsi degli imputati tutti, ad eccezione di quello del GG vanno in

conclusione dichiarati inammissibili, con il che a tale declaratoria segue di diritto

la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di

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prescindeva dai singoli episodi delittuosi e che faceva perno su una struttura,

elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di

Inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore

della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare

in euro mille ciascuno, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di GG

limitatamente alla libertà vigilata, che elimina. Dichiara inammissibile nel resto il

ricorso del GG e dichiara inammissibili i ricorsi di tutti gli altri ricorrenti che

condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di euro

mille alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma , addì 11 Dicembre 2012.

p.q.m

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