Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28447 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28447 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

Dott. LUCA RAMACCI
Dott. ALDO ACETO
Dott. GIOVANNI LIBERATI
Dott. ANTONELLA DI STASI

– Consigliere – Consigliere – Consigliere – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEN MOSBAH MOEZ N. IL 01/07/1961
GHIATI HAKIMA N. IL 14/06/1989
avverso la sentenza n. 1295/2015 TRIBUNALE di FERRARA, del
01/10/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

REGISTRO GENERALE
N. 49989/2015

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di
Ferrara ha applicato agli imputati la pena dagli stessi richiesta, per i reati di cui
agli artt. 81 e 73 comma 5 d.P.R. n. 309/1990 per detenzione e cessione di
sostanza stupefacente del tipo marijuana.
2.

– Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per

cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento e

accertamenti tossicologici e circa la determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – I ricorsi sono inammissibili.
2. Con riferimento al primo motivo, va richiamato il costante orientamento
di questa Corte, secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli
artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può
non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del
giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo
sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Inoltre, le cause che possono dare luogo
ad un proscioglimento non possono discendere da un esame, nel merito, della
fattispecie, in quanto questo può svolgersi solo in contraddittorio, vale a dire con
il dibattimento, al quale le parti, formulando la richiesta di applicazione della
pena, hanno rinunciato (Sez.4, n. 830 del 07/06/1994, Rv.199232).
Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 3, 29
maggio 2012, n. 36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27
settembre 1995, n. 10372; sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex
2

lamentando la carenza di motivazione circa il mancato espletamento di

art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti
di indagine, evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore
dell’imputato.
Con riferimento al secondo motivo, va richiamato il costante orientamento di
questa Corte, secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli
artt. 111 Cost. e 125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può
non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del

sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Ne consegue che con riferimento alla motivazione in ordine all’entità della
pena, il relativo obbligo deve essere ritenuto assolto da parte del giudice quando
– come nel caso di specie – egli dia atto di avere positivamente effettuato la
valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del fatto,
dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della
congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza, una
tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione
è stato dunque rispettato (ex plurímis, sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, rv.
215489).
3. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in C 2000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 22.4.2016

giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo

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