Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28446 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28446 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIAGNE CISSE N. IL 03/03/1990
avverso la sentenza n. 3141/2015 CORTE APPELLO di TORINO, del
14/10/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Torino ha respinto
l’impugnazione proposta da Cisse Diagne nei confronti della sentenza del 13 febbraio
2015 del Tribunale di Torino, che, in esito a giudizio abbreviato, lo aveva condannato alla
pena di anni due di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73,
comma 1, d.P.R. 309/90 (per avere detenuto a fine di spaccio 27 involucri contenenti

Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, prospettando vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena,
per l’omessa considerazione della sua “bassa caratura criminale” del suo comportamento
processuale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.

La Corte d’appello di Torino ha esaustivamente illustrato le ragioni del rigetto del
gravame proposto dall’imputato, relativo al solo trattamento sanzionatorio, evidenziando:
i plurimi, recenti e specifici precedenti da cui è gravato l’imputato (dimostrativi della non
occasionalità della condotta); l’avvenuto riconoscimento delle attenuanti generiche; la
riconducibilità delle ammissioni di responsabilità ad un contesto probatorio assolutamente
inequivoco; il numero di dosi detenute dall’imputato, le modalità di organizzazione della
sua attività di spaccio e la disponibilità di stupefacenti di diverso tipo.
Sono, dunque, stati approfonditamente considerati sia la le modalità del fatto,
sia la personalità dell’imputato, sia il suo comportamento processuale, con la
conseguente evidente insussistenza delle doglianze dallo stesso formulate, peraltro in
modo del tutto generico, disgiunto da qualsiasi confronto, tantomeno critico, con la
motivazione della sentenza impugnata.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in € 1.500,00.
1

sostanza stupefacente del tipo cocaina).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016

Il Consigliere estensore

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