Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28445 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28445 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EZINWA MIKE N. IL 01/01/1984
avverso la sentenza n. 7635/2015 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PADOVA, del 14/10/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di
Padova ha applicato all’imputato la pena da questi richiesta, per il reato di cui
all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, perché illecitamente deteneva un involucro
contenente sostanza stupefacente del tipo cocaina (tre ovuli contenenti gr
25,730 netti di sostanza stupefacente con una percentuale di principio attivo
media di oltre 1’85%) non destinata ad uso esclusivamente personale.

cassazione, chiedendone l’annullamento e lamentando la violazione di legge e
carenza di motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art.
129 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Il ricorso è inammissibile.
2.

Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto

riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non
avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e
125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento,
rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione
di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 3, 29
maggio 2012, n. 36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27
settembre 1995, n. 10372; sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).

2

2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto personalmente ricorso per

Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex
art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti
di indagine, evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore
dell’imputato.
3. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte

di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in C 2.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, 22.4.2016

abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa

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