Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28441 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28441 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BARHOMI GAMAL N. IL 17/10/1982
avverso la sentenza n. 2244/2015 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata in data 17.9.2015, la Corte di appello di
Bologna, pronunciando a seguito di rinvio in virtù della sentenza n.10914/15 di
questa Corte di Cassazione, rideterminava la pena inflitta a Barhomi Gamal,
dichiarato responsabile del reato di cui all’articolo 73 comma 5 dpr n. 309/90, in
mesi sette e giorni dieci di reclusione ed euro 2.200,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto personalmente ricorso per

legge e vizio motivazionale in relazione al trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

– Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo

proposto.
2.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del

trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame,
tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente
e atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento
discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in
misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena
concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è
censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, “a
fortiori”, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le
argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione
di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una
visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di
quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego,
rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di
stretta contestazione (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).
Del resto costituisce principio consolidato che la motivazione in ordine alla
determinazione della pena base (ed alla diminuzione o agli aumenti operati per
le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) è necessaria solo quando la
pena inflitta sìa dì gran lunga superiore alla misura media edittale. Fuori di
questo caso anche l’uso di espressioni come “pena congrua”, “pena equa”,
“congrua riduzione”, “congruo aumento” o il richiamo alla gravita del reato o alla
capacità a delinquere dell’imputato sono sufficienti a far ritenere che il giudice
abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall’art. 133 c.p. per
il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al
2

cassazione e ne ha chiesto l’annullamento, lamentando vizio di violazione di

”quantum” della pena.(Sez.2,n.36245 del 26/06/2009 Rv. 245596;

Sez.4,

n.21294 de/20/03/2013, Rv.256197).
Il ricorrente articola motivo che contrasta con tale giurisprudenza
costante, le cui ragioni non tenta di confutare adducendo specifici motivi
nuovi o diversi per sostenere l’opposta tesi.
3. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile ai
sensi dell’articolo 606 comma 3 cod. proc. pen.
4.- Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte

ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria
dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.500,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, 22.4.2016

costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per

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