Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28439 del 19/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 28439 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
Astro Alessandro, nato il 4 maggio 1981
avverso l’ordinanza del Tribunale dell’Aquila del 31 ottobre 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 19/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con ordinanza del 31 ottobre 2013, il Tribunale dell’Aquila ha rigettato la
richiesta di riesame dell’indagato avverso l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale,
con la quale era stata applicata all’indagato stesso la misura della custodia cautelare
in carcere, in relazione al reato di cui all’art. 74, commi 1, 2, 3, 4, 5, del d.P.R. n. 309
del 1990, per essersi associato, quale organizzatore e promotore, con altri soggetti nel
traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente (cocaina, eroina, marijuana,

alcune dedite all’uso di stupefacenti nell’ambito dell’associazione, nonché ad una serie
di reati-scopo ex art. 73 dello stesso d.P.R. relativi a cessione, approvvigionamento,
trasporto di eroina, marijuana e hashish, dettagliatamente elencati nel capo
d’imputazione provvisorio; con recidiva reiterata.
2. – Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo, con un primo motivo di doglianza, la violazione dell’art. 273
cod. proc. pen., nonché la mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine
ai gravi indizi di colpevolezza. Vi sarebbe, in particolare, circa gli indizi’ dei reati
contestati, un’omissione di motivazione in relazione alle censure mosse al titolo
cautelare. In primo luogo, non si sarebbe affrontato il tema della sussistenza
dell’associazione, in quanto desunta dalla mera commissione di più reati inerenti gli
stupefacenti. Non si sarebbe considerato, inoltre, che l’indagato era stato scarcerato
solo alla fine del 2010 e che i reati-fine sarebbero stati commessi fino all’inizio del
giugno 2012, momento in cui i principali associati erano stati arrestati, cosicché
l’ipotizzata associazione aveva potuto operare solo per un trascurabile lasso di tempo.
Né l’associazione stessa disponeva di armi o si era fatta carico delle spese legali per i
componenti arrestati o per il mantenimento del loro familiari. Del resto, l’indagato
viveva in condizioni di indigenza e, dalle conversazioni telefoniche intercettate,
emergevano scambi per cifre minime, incompatibili con l’entità del narcotraffico
ipotizzato dall’accusa. I riferimenti alla persona dell’imputato emergenti dalle indagini
sarebbero, poi, vaghi e non sufficientemente specifici, per la mancanza di prova
dell’effettiva conoscenza dell’indagato da parte di altri appartenenti all’ipotizzato
sodalizio. Quanto a uno dei reati-scopo, relativo al trasporto di un quantitativo di 5 kg
di eroina, le conversazioni intercettate avrebbero contenuto equivoco. In relazione,
poi, ad altri capi di imputazione, non si sarebbe considerato che lo stupefacente non
era stato trovato o, in alcuni casi, aveva una qualità scarsissima. Non vi sarebbero,
inoltre, collegamenti fra l’indagato e i destinatari delle cessioni.

hashish e metadone), con le aggravanti della presenza di più di 10 persone tra cui

Con un secondo motivo di doglianza, si deduce la mancanza di motivazione in
ordine alla censura mossa in sede di riesame circa l’omessa valutazione del tempo
trascorso dalla commissione dei presunti reati, al fine di ritenere affievolite le esigenze
cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è infondato.
3.1. – In relazione ai gravi indizi di colpevolezza del reato associativo e dei reati

coerente con riferimento a tutti i profili oggetto di critica da parte del ricorrente,
perché il Tribunale prende le mosse da una serie di dati risultanti dalle indagini,
correttamente ritenuti rilevanti. In particolare si evidenzia che: a) l’indagato ha un
ruolo di primo piano all’interno dell’associazione criminale e attorno a lui ruotano, in
posizione subordinata, gli altri associati; b) il ruolo di vertice ricoperto dall’indagato
emerge dalle numerose conversazioni telefoniche e ambientali intercettate richiamate
nell’ordinanza del Gip e, in particolare, dalla conversazione del 16 febbraio 2012,
svoltasi all’interno dell’auto del coimputato Cagnazzo; c) il ruolo di vertice
dell’imputato, ricoperto insieme allo stesso Cagnazzo, consiste nell’elaborazione di
strategie dell’organizzazione, nel reperimento di stupefacenti e nel loro smistamento
per la vendita, fino al conseguimento di ingenti ricavi; d) tale ruolo viene
esplicitamente riaffermato con la violenza, come nel caso del pestaggio subito da tale
Battista, documentato dalle registrazioni ambientali e dall’intervento dei carabinieri; e)
dalle indagini svolte risulta un diretto coinvolgimento dell’imputato nella detenzione,
attraverso altro soggetto, di circa kg 77 di marijuana, nell’approvvigionamento di circa
kg 5 di eroina, nella detenzione di circa !t 15 di metadone, nell’approvvigionamento di
altri indeterminati ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, nella detenzione di kg
4,5 di eroina oltre che di g 84 hashish, sequestrati in occasione dell’arresto di uno dei
concorrenti.
Tali elementi sono ancor più evidenziati nell’ordinanza applicativa della misura
cautelare, alla cui motivazione il Tribunale fa legittimamente espresso riferimento.
Deve ricordarsi, infatti, che il giudice dell’appello o del riesame può legittimamente
avvalersi di tale tecnica motivazionale a condizione che le censure mosse
dall’appellante al provvedimento impugnato non contengano elementi nuovi rispetto a
quelli già esaminati e disattesi dal primo giudice (ex plurimis, sez. 5, 8 aprile 1999, n.
4415; sez. 5, 11 giugno 1999, n. 7572; sez. 6, 15 luglio 2004, n. 31080; sez. 3, 16
febbraio 2011, n. 8424). È dunque consentito al secondo giudice uniformarsi, tanto

scopo, la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta, infatti, pienamente adeguata e

per la ratio decidendi, quanto per gli elementi di prova, agli stessi argomenti
valorizzati dal primo giudice, specie se la loro consistenza sia così prevalente e
assorbente da rendere superflua ogni ulteriore considerazione (ex plurimis, sez. 5, 23
marzo 2000, n. 3751). In tale circostanza, ciò che si richiede al giudice del gravame è,
in definitiva, una valutazione critica delle argomentazioni poste a sostegno
dell’appello, all’esito della quale risulti l’infondatezza dei motivi di doglianza

(ex

plurimis, sez. 4, 20 gennaio 2004, n. 16886, Sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 8096). E ciò,

sostegno delle rispettive pronunce nelle sentenze di primo e secondo grado determina
una saldatura della struttura motivazionale della sentenza di appello con quella del
primo giudice tale da formare un unico, complessivo corpo argomentativo

(ex

plurimis, sez. 5, 16 febbraio 2006, n. 6221). La tecnica della motivazione per
relationem non può, invece, essere utilizzata laddove essa consista in un mero
richiamo in termini apodittici o ripetitivi alla prima pronuncia o nella semplice
immotivata reiezione delle censure dell’appellante (sez. 5, n. 6221 del 2006; sez. 6,
15 settembre 2008, n. 35346; sez. 4, 14 ottobre 2008, n. 38824; sez. 3, 24 giugno
2010, n. 24252).
È sufficiente qui ricordare che già il Gip esclude in radice la fondatezza delle
ragioni del ricorrente, laddove riporta integralmente i brani di conversazioni
intercettate ritenuti rilevanti e ne evidenzia puntualmente la valenza probatoria (vedi,
in particolare, le pagine 14-15, in relazione associativo, e 47-50, in relazione ai reatiscopo), delineando con sufficiente chiarezza, ai fini cautelari, la composizione e il
modus operandi dell’associazione criminale, nonché i singoli episodi delittuosi ascritti
agli associati.
3.2. – Quanto alle esigenze cautelari, oggetto del secondo motivo di ricorso,
l’ordinanza impugnata motivatamente evidenzia sia il pericolo di inquinamento delle
prove (legato all’assiduità dei rapporti tra gli associati e all’uso della violenza per
recuperare i proventi dello spaccio al minuto), sia il pericolo di fuga (per la presenza di
una fitta rete di rapporti con soggetti sparsi per tutta Italia), sia il pericolo di
reiterazione (per la notevole pericolosità sociale, legata alla presenza di
un’organizzazione attiva, ai notevoli quantitativi di stupefacente trattati, alla
mancanza di fonti di reddito lecite).
A fronte di una siffatta motivazione, puntualmente argomentata in fatto e in
diritto, le censure contenute nel ricorso circa il tempo ormai trascorso dai reati si
risolvono nella richiesta di una reinterpretazione del quadro generale, che potrebbe, a

perché la conformità tra l’analisi e la valutazione degli elementi di prova posti a

tutto voler concedere, concretizzarsi in un riesame del merito del provvedimento
impugnato, precluso in sede di legittimità. Deve, infatti, farsi richiamo alla consolidata
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato
al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione
normativa dell’art. 606, primo comma, lettera

e),

cod. proc. pen., al solo

accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento
a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa

scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei
fatti (ex plurimis, tra le pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 cod.
proc. pen. dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46: sez. 6, 29 marzo 2006, n. 10951; sez.
6, 20 aprile 2006, n. 14054; sez. 3, 19 marzo 2009, n. 12110; sez. 1, 24 novembre
2010, n. 45578; sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 8096).
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere rigettato, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2013.

lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA