Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28437 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28437 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAMA FULVIO N. IL 17/05/1982
avverso la sentenza n. 9244/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
09/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha respinto
l’impugnazione proposta da Fulvio Lama nei confronti della sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 3 luglio 2010, che
lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro 1.600 di
multa per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 (per avere illecitamente detenuto, a
scopo di cessione, grammi 63 di sostanza stupefacente del tipo marijuana, pari a 220
dosi medie singole).

mezzo del suo difensore, prospettando vizio di motivazione, deducendone la illogicità e
contraddittorietà per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
negate dalla Corte d’appello per la mancanza di elementi apprezzabili, omettendo di
considerare la sua collaborazione (estrinsecatasi nell’indicare un deposito dello
stupefacente) e la confessione resa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va ricordato che, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, ai fini del
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non è necessaria una analitica
valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o rilevabili
dagli atti, essendo sufficiente la indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti,
rimanendo disattesi o superati tutti gli altri.
Il preminente e decisivo rilievo accordato all’elemento considerato implica infatti
il superamento di eventuali altri elementi, suscettibili di opposta e diversa significazione,
i quali restano implicitamente disattesi e superati. Sicchè anche in sede di impugnazione
il giudice di secondo grado può trascurare le deduzioni specificamente esposte nei motivi
di gravame quando abbia individuato, tra gli elementi di cui all’art.133 c.p., quelli di
rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell’imputato e le
deduzioni dell’appellante siano palesemente estranee o destituite di fondamento
(cfr.sez.6 n.34364 del 16.6.2010).
L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state
prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una
valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior
rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni
preponderanti della decisione non può, purchè congrua e non contraddittoria, essere
sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato.
Nella specie la corte territoriale, sia pure con motivazione stringata, ha negato
la concessione delle circostanze attenuanti generiche a cagione dei precedenti penali e
1

L

Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per il

delle modalità del fatto, evidenziando la mancanza di elementi di segno positivo da
considerare al fine del riconoscimento di dette circostanze, ritenendo scarsamente
significativa al riguardo la confessione resa dall’imputato, in quanto sostanzialmente
necessitata dalle emergenze processuali.
Ha quindi ritenuto assolutamente prevalente il richiamo, sia pure implicito, alla
personalità negativa dell’imputato, quale emergente dal certificato penale e dalle
modalità del fatto, per negare l’invocato beneficio.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.

rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in € 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e

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