Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28436 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28436 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
OBI SOFIA N. IL 22/10/1977
avverso la sentenza n. 5971/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
18/10/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha respinto
l’impugnazione proposta da Sofia Obi nei confronti della sentenza del 29 aprile 2009 del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che la aveva condannata alla pena di anni mesi
otto di reclusione per il reato di cui all’art. 6 d.l. 210/2008 (per avere depositato rifiuti
speciali, costituiti da pezzi di mobilio in legno, reti metalliche per materassi, una
bicicletta, un lettino di metallo ed altro, ed effettuato attività di raccolta, trasporto,
recupero e smaltimento di tali rifiuti).

lamentando violazione di legge per la mancata verifica della sussistenza di cause di non
punibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile a causa della genericità di entrambi i motivi.
Deve ribadirsi che, secondo la uniforme e costante interpretazione della
giurisprudenza di legittimità, i motivi di ricorso per cassazione devono ritenersi generici
non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino
della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento
impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568), cosicché è inammissibile il
ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto
d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (cfr.,
ex plurimis, Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109). Ai fini della validità del ricorso
per cassazione non è, perciò, sufficiente che il ricorso consenta di individuare le
statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì necessario
che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificità e
che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che
se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed
assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del ricorso – che
alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del
ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico- giuridico delle prime. È quindi onere
del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in
considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti s’intende – delle censure di legittimità.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha chiarito le ragioni della affermazione di
responsabilità della imputata, richiamando il verbale di arresto e le dichiarazioni della
coimputata, ed a fronte di tali argomentazioni la ricorrente si è limitata ad affermare del
tutto genericamente la sussistenza di una violazione di legge per la mancata verifica della
ricorrenza di cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. e vizio di motivazione,
1

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputata, mediante il suo difensore,

senza indicare specifiche mancanze od errori della motivazione, con la conseguente
inammissibilità di entrambe le censure a causa della loro genericità.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del

in C 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata

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