Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28430 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28430 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANNINO GIUSEPPE N. IL 24/11/1975
avverso la sentenza n. 732/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
03/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, in parziale
riforma della sentenza del 14 luglio 2014 del Tribunale di Noia, che aveva condannato
Giuseppe Sannino alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 601.333,34
di multa, disponendo anche la confisca e la distruzione dei tabacchi di contrabbando e del
veicolo in sequestro, per il reato di cui all’art. 291 bis, comma 1, d.P.R. 43/73), ha
revocato la confisca del veicolo, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, mediante il suo difensore,

costitutivi di tale reato, e insufficienza della motivazione in ordine alla determinazione
della misura della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Come risulta dal testo della sentenza impugnata l’imputato aveva rinunciato a
coltivare i motivi di gravame relativi alla responsabilità, insistendo solamente su quelli
relativa alla misura della pena ed alla confisca dell’autoveicolo, con la conseguente
inammissibilità delle censure formulate con il ricorso in esame e relative alla
affermazione di responsabilità, peraltro del tutto generiche e disancorate dalla
motivazione della sentenza impugnata, precluse dalla rinuncia nel corso del giudizio
d’appello a contestare la responsabilità.
Altrettanto generiche risultano le censure in ordine alla misura della pena,
motivata sufficientemente dalla Corte territoriale con riferimento al quantitativo di
tabacchi di contrabbando detenuti dall’imputato, considerando che la determinazione in
concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un
giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, e che quindi l’obbligo della
motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente
osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli,
accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla
adeguata o non eccessiva (Sez. 6, n. 10273 del 20.5.1989 Rv 181825).
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in € 1.500,00.

1

prospettando violazione dell’art. 291 bis citato, per l’insussistenza degli elementi

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016

Il Consigliere estensore

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