Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28429 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28429 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COMAND EMANUELE N. IL 25/05/1986
avverso la sentenza n. 147/2014 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
25/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Trieste, in parziale
riforma della sentenza del 4 dicembre 2013 del Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Udine, che aveva condannato Emanuele Comand alla pena di anni quattro di
reclusione ed euro 18.000 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90
(per avere ceduto in almeno 10 occasioni sostanza stupefacente del tipo hashish al
prezzo unitario di 12 euro al grammo), ha ridotto la pena a mesi cinque di reclusione ed
euro 1.200 di multa.

prospettando violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, per la
mancanza di riscontri alle dichiarazioni accusatorie rese da Massimo De Luca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Deve ribadirsi che, secondo la uniforme e costante interpretazione della
giurisprudenza di legittimità, i motivi di ricorso per cassazione devono ritenersi generici
non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino
della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento
impugnato (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568), cosicché è inammissibile il
ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto
d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (cfr.,
ex plurimis, Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109). Ai fini della validità del ricorso
per cassazione non è, perciò, sufficiente che il ricorso consenta di individuare le
statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì necessario
che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificità e
che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che
se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed
assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del ricorso – che
alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, mediante il suo difensore,

ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico- giuridico delle prime. È quindi onere
del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in
considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti s’intende – delle censure di legittimità.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha fondato l’affermazione di responsabilità
del ricorrente sulle dichiarazioni accusatorie rese da Massimo De Luca, di cui la Corte
d’appello ha sottolineato la precisione, evidenziando anche l’assenza di elementi idonei a
far ritenere false o calunniose tali dichiarazioni, ed il ricorrente si è limitato al riguardo a
ribadire genericamente la insufficienza di tali dichiarazioni a consentire di giungere alla
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affermazione della sua responsabilità e la contraddittorietà della motivazione (in
particolare tra l’affermazione dello svolgimento dì attività di spaccio e la partecipazione
dell’imputato ad un percorso terapeutico di recupero), con censura del tutto generica
quanto alla insufficienza di dette dichiarazioni e manifestamente infondata quanto al vizio
di motivazione, non essendovi alcun contrasto tra proposizioni della motivazione.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia

inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di

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