Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28428 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 28428 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCALET CORRADO N. IL 11/12/1978
SPERANDIO LAURA N. IL 24/05/1950
SCALET GLORIA N. IL 07/02/1977

I

#.1 (M.e4<0 avverso la sentenza n. 10030/2013 TRIB SEZ.DIST. di BORGO VALSUGANA, del 13/03/2013 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO; lette/septire le conclusioni del PG Dott. kvc›..).-3. ,...,,e‘-)->-:\et.’9,- i
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 23/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del 13 marzo 2013 il Tribunale di Trento Sezione Distaccata di Borgo Valsugana – applicava, su richiesta delle parti, nei confronti di
SCALET Corrado, imputato di numerosi episodi di violazione della disciplina in tema di rifiuti (D.
Lgs. 152/06 – artt. 137, 256 comma 1 lett. a), 257, [capi 1, 2, 6, 11 e 16] nonchè di
numerosi episodi in materia di violazione delle legge sulla sicurezza del lavoro (D. L.vo 81/08)

ed ancora dei reati di cui agli artt. 650 cod. pen. (capo 10), 340 cod. pen. (capo 8), 483 cod.
pen.. [capo 17], ritenuto più grave il reato di cui al capo 17) (art. 483 cod. pen.) ed unificati i
detti reati per continuazione, la pena, condizionalmente sospesa, di mesi tre e giorni quindici
di reclusione, sostituita con la corrispondente sanzione pecuniaria di C 26.250,00 di multa. Con
la medesima sentenza il Tribunale applicava nei riguardi di SPERANDIO Laura e SCALET Gloria,
imputate in ordine ai reati loro contestati ai capi 1), 2) e 3) la pena di C 3.000,00 di ammenda
ritenuto assorbito nel reato sub 1) quello sub 2).
1.2 Avverso il detto provvedimento propongono ricorso tutti gli imputati a mezzo del
proprio difensore deducendo tre specifici motivi a sostegno. Con il primo viene denunciato il
difetto di motivazione in ordine alla esatta qualificazione giuridica delle condotte concorsuali
con riferimento ai capi 1) e 3) della imputazione. Con il secondo motivo viene denunciata
violazione della legge penale per avere il Tribunale operato l’aumento per la continuazione con
riguardo ai reati “satelliti” rispetto al reato ritenuto più grave, senza distinzione delle quote di
aumento per ciascuna delle condotte contestate. Con il terzo motivo viene dedotta,
limitatamente alla posizione del ricorrente SCALET Corrado, violazione della legge penale (art.
81 cpv. cod. pen.) e difetto di motivazione per avere il Tribunale applicato la pena sostitutiva
anche per reati la cui pena edittale era congiunta (arresto ed ammenda), sollevando, in caso di
ritenuta infondatezza di tale motivo questione di legittimità costituzionale dell’art. 136 cod.
pen. in riferimento agli artt. 13 e 25 Cost.
1.3 Il Procuratore Generale ha depositato memoria con la quale ha richiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza dei motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato.
2.

Va, anzitutto, premesso che la richiesta di applicazione della pena concordata

costituisce negozio giuridico processuale recettizio che, una volta pervenuto a conoscenza
dell’altra parte, non è suscettibile di modifiche né può essere revocato. Peraltro, una volta
intervenuta la ratifica dell’accordo da parte del giudice, è inibito alle parti muovere censure con
riguardo alla sussistenza del fatto, alla attribuzione di esso all’imputato (o indagato), ed alla
1

[capi 12 e 13]; inoltre, di violazione della disciplina urbanistica (D.P.R. 380/01 art. 44 lett. b)

entità e modalità di applicazione della pena (in termini Sez. 5″ 25.3.2010 n. 21287, Legari e
altro, Rv. 247539); le uniche eccezioni riguardano il caso in cui il giudice sia incorso in una
errata qualificazione giuridica del fatto-reato oggetto dell’accordo (Sez. 6^ 27.11.2010 n.
15009, Bisignani,. Rv. 254865). ovvero nella determinazione di una pena illegale (Sez. 6^
30.10.2013 n. 44909, P.G. in proc. Elmezleni, Rv. 257152).
2.1 Ma con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto ha precisato questa Suprema
Corte, con orientamento che qui si condivide (peraltro noto agli stessi ricorrenti) che la

quei casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui
reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini
di opinabilità. Peraltro la verifica sull’osservanza della previsione contenuta nell’art. 444,
comma 2 cod. proc. pen. va effettuata solamente sulla base dei capi di imputazione, della
succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso (Sez. 6^ n. 15009/12 cit.).
Non è, peraltro, consentita una censura per difetto di motivazione, tranne nella ipotesi della
assenza assoluta sui punti oggetto dell’accordo (Sez. 5^ 28.10.1999 n. 5210, P.M. in proc.
verdi, Rv. 215467; Sez. 4^ 8.7.2002 n. 38286, P.G. in proc. Leone, Rv. 222959).
2.2 Poste tali premesse, nel caso in esame non ricorre in alcun modo l’errore manifesto
nella applicazione della legge penale con riferimento alla erronea qualificazione della fattispecie
che viene prospettata dai ricorrenti sotto forma di mancata motivazione in ordine al concorso
nella commissione dei reati (in specie quelli di cui ai capi 1 e 3) e, in ultima analisi, in ordine
alla attribuibilità dei fatti, essendo stato assolto correttamente l’onere motivazionale da parte
del giudice in termini tali da impedire la deducibilità del vizio in sede di legittimità.
2.3 Altrettanto è a dirsi con riguardo al computo degli aumenti di pena effettuati
globalmente, fermi restando i rilievi di ordine generale in punto di censurabilità in sede di
legittimità della sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. con riguardo alla determinazione della
pena, se non nella residuale ipotesi della pena cd. “illegale”. E’, infatti, assolutamente
dominante l’orientamento di questa Corte Suprema in virtù del quale nella ipotesi di reato
continuato, ai fini del calcolo della pena complessiva l’aumento di pena va operato sul reato
ritenuto più grave e può essere determinato in termini cumulativi non essendo per nulla
necessario l’aumento di pena correlato a ciascun reato satellite, in quanto non previsto dalla
norma (in termini tra le più recenti Sez. 5^ 11.1.2011 n. 7164, De Felice, Rv. 249710; Sez.
1^ 27.1.2009 n. 3100, Amatrice e altri, Rv. 245958).
2.4 Considerazioni analoghe, tanto sotto il profilo generale quanto sotto l’aspetto specifico,
vanno svolte con riguardo alla terza censura riguardante il criterio di conversione della pena
pecuniaria in detentiva in caso di reati puniti con pene eterogenee rispetto a quella prevista
per il reato base. Che non si verta nella ipotesi della pena illegale, unica ipotesi che consente il
ricorso in sede di legittimità per la sentenza ex art. 444 cod. proc., è principio ormai pacifico

2

possibilità di ricorso in siffatte ipotesi va circoscritta ai soli casi di errore manifesto, ossia a

nella giurisprudenza di questa Corte secondo il quale nel caso di condanna per più reati uniti
dal vincolo della continuazione, quando il reato-base sia punito con la pena della reclusione e
quello cd. “satellite” con la pena della reclusione o della multa, è possibile irrogare la pena
prevista per la continuazione nella forma della pena pecuniaria e non necessariamente con
quella detentiva. E’ stato peraltro precisato che

“La ammissibilità della continuazione anche

tra reati puniti con pena eterogenea consente infatti l’unificazione delle pene appartenenti allo
stesso “genus” reclusione/arresto o multa/ammenda, ma, per il rispetto del principio di

commisurato al reato più grave ed il rispetto del limite massimo fissato per l’aumento, che può
arrivare sino al triplo, è garantito dal sistema del ragguaglio fissato dall’art. 135 c.p..” (Sez. 5^
24.4.1996 n. 1953, P.G. in proc. Mangieri, Rv. 206143; Sez. 3^ Ord. 30.9.2004 n. 44414,
Novaresi e altri, Rv. 230490). Da qui la conseguenziale manifesta infondatezza della questione
di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 136 cod. pen. con l’art. 1 stesso codice e 13
e 25 Cost.
3. Alla stregua di tali considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile: segue la
condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento trovandosi gli stessi in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – della somma
di C 1.500,00 (che si ritiene congrua) in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma 23 gennaio 2014
Il Presidente

legalità, non tra quelle appartenenti a “genus” differenti. L’aumento di pena dovrà essere

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