Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28427 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28427 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAHMOUNI HICHAM DETTO MICHEL ALIAS… N. IL 22/11/1970
ABIDI ZIED N. IL 27/10/1983
HARJI AMINE DETTO SLIM ALIAS… N. IL 30/10/1985
FATHALLI MOHAMED ALI DETTO ALEX ALIAS… N. IL
25/02/1983
avverso la sentenza n. 606/2014 GIP TRIBUNALE di PERUGIA, del
14/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di
Perugia ha applicato agli imputati la pena da questi richiesta, per i reati di cui
agli artt. 81,110, 73, commi 1 e 6, 80 comma 2 d.P.R. 309/1990.
2.

– Avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per

cassazione, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, chiedendone
l’annullamento e lamentando la carenza di motivazione circa l’insussistenza di
cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. e circa il mancato

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
2.

I ricorrenti si limitano, infatti, a lamentare, senza alcun concreto

riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non
avrebbe fornito alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e
125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento,
rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione
di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una
delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una
specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata
compiuta la verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la
pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 3, 29
maggio 2012, n. 36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27
settembre 1995, n. 10372; sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex
art. 129 cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti
di indagine, evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore degli
imputati.
2

riconoscimento della ipotesi delittuosa di cui al comma 5 d.P.R. n. 309/1990.

3.

Si è, poi, ripetutamente affermato che, nel procedimento speciale

disciplinato dagli articoli 444 ss. c.p.p., l’applicazione della pena si fonda
sull’accordo delle parti le quali convengono sulla qualificazione giuridica del fatto,
sull’applicazione e la comparazione delle circostanze, sulla entità della pena,
sulla eventuale concessione della sospensione condizionale della stessa
L’errata qualificazione giuridica del fatto può essere fatta valere solo dinanzi
ad un evidente error in iudicando che “dissimuli un’illegale trattativa sul nomen
iuris, ma non in presenza di una qualificazione che presenti oggettivi margini di

Hernandez; Sez. 3, 23 ottobre 2007, n. 44278, P.G. in proc. Benha; Sez. 6, 20
novembre 2008, n. 45688, P.G. in proc. Bastea; Sez. 6, 10 aprile 2003, n.
32004, P.G. in proc. Valetta, sez. 4^, n. 10692 dell’11.3.2010, Hernandez, rv.
246394; sez. 6”, n. 15009 del 27.11.2012 dep. il 2.4.2013, Bisignani, rv.
254865, Sez.3, n.34902 de124/06/2015, dep.17/08/2015, Rv.264153).
Nella specie, alla luce dei fatti integranti l’imputazione, la qualificazione degli
stessi non appariva ictu ocu/i frutto di errore manifesto.
4.

I ricorsi, conseguentemente, devono essere dichiarati inammissibili.

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativamente fissata in C 2.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 2000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma,22.4.2016.

opinabilità (tra le tante v., Sez. 4, 11 marzo 2010, n. 10692, P.G. in proc.

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