Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28426 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28426 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BONIFIGLIO ALFONSO N. IL 13/08/1959
avverso la sentenza n. 1040/2011 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 14/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catania ha respinto
l’impugnazione proposta da Alfonso Bonfiglio nei confronti della sentenza del Tribunale di
Rossano del 12 gennaio 2011, che lo aveva condannato alla pena di mesi sei di
reclusione ed euro 120 di multa per il reato di cui all’art. 349 cod. pen. (per avere violato
i sigilli apposti ad un magazzino-deposito adibito a polveriera, divellendo la catena e la
serratura della porta d’ingresso ed accedendovi).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, mediante il suo difensore,

prospettando violazione vizio di motivazione in riferimento alla attribuzione all’imputato
della violazione dei sigilli apposti alla polveriera-casamatta, giacché il Bonfiglio era stato
trovato nell’area antistante la polveriera per manifestare, dopo aver prelevato un
esplosivo dal deposito attraverso un accesso non sigillato, con la conseguente illogicità
della affermazione della sua responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Le censure sollevate dal ricorrente, oltre che generiche e completamente
disancorate dalla motivazione della sentenza impugnata, non tengono conto che il
controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle
proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del
provvedimento impugnato, senza alcuna possibilità di rivalutare in una diversa ottica, gli
argomenti di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o di
verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti
alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo. Anche a seguito della
modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen, con la I. 46/06, il sindacato della Corte di
Cassazione rimane di legittimità: la possibilità di desumere la mancanza,
contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del
processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di
legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma solo quello di
valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere
all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla
motivazione censurata (Sez. 6, n.752 del 18.12.2006; Sez. 2, n. 23419 del 2007,
Vignaroli; Sez. 6 n. 25255 del 14.2.2012).
La Corte territoriale ha, con motivazione congrua ed immune da vizi logici,
fondato l’affermazione di responsabilità dell’imputato sulle risultanze dell’istruttoria, sui
verbali di sequestro ed apposizione dei sigilli e sulle riproduzioni fotografiche dello stato
dei luoghi, da cui risultava evidente che i sigilli apposti al magazzino di esplosivi erano
stati divelti, sia al cancello sia all’ingresso del deposito, evidenziando che i testi escussi
avevano constatato che il Bonfiglio aveva fatto ingresso dal cancello ed era entrato in
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uno dei depositi sequestrati per prelevare un ordigno esplosivo. In tale motivazione non è
ravvisabile alcuna illogicità o contraddittorietà e nel ricorso non ne sono stati evidenziati
vizi o carenze, giacché il ricorrente si è limitato a prospettare una diversa ricostruzione
fattuale della vicenda, senza individuare vizi del complesso argomentativo della sentenza
impugnata, con la conseguente inammissibilità della censura.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia

inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di

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