Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28423 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28423 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAUSHAJ ASIM N. IL 08/02/1971
KAPAJ ERVIS N. IL 03/03/1989
KAPAY HAXHI N. IL 03/03/1989
avverso la sentenza n. 996/2014 CORTE APPELLO di MESSINA, del
20/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata in data 20.4. 2015, la Corte di appello di
Messina, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Messina emessa in
data 4.7.2014 nei confronti degli odierni ricorrenti, dichiarati responsabili del
reato di cui agli artt. 110 cp, 73 e 80 dpr n. 309/1990 (per illecito trasporto e
deteneva al fine di vendita di sostanza stupefacente del tipo marijuana),
rideterminava la pena inflitta in anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro

2. – Avverso la sentenza, gli odierni ricorrenti hanno proposto ricorso per
cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, e ne hanno chiesto
l’annullamento, lamentando violazione di legge e vizio motivazionale in relazione
alla valutazione del compendio probatorio ed al trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – I ricorsi vanno dichiarati inammissibili.
2. Il primo motivo articolato è inammissibile per violazione dell’art. 606
comma 3 cod. proc. pen., atteso che lo stesso involge esclusivamente censure di
merito nei confronti dell’impugnata sentenza, riguardanti la rivalutazione del
compendio probatorio.
Il vizio risulta diretto ad indurre la rivalutazione del compendio probatorio,
senza l’indicazione di specifiche questioni in astratto idonee ad incidere sulla
capacità dimostrativa delle prove raccolte.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere
diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve
invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità
manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione
argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli
argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle
componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla
rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi
specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di
competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario.
Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per essere
rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere
idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa.
2

30.000,00 di multa per ciascuno.

2. Il secondo motivo è manifestante infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle
circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente
all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma
richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il
diniego di concessione delle circostanze in parola; l’obbligo di analitica
motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la
decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la

del 10.7.2009, Squillace ed altro, rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014,
Rv.260610).
Inoltre, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini del
trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame,
tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente
e atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento
discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in
misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena
concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è
censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, “a
fortiori”, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le
argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione
di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una
visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di
quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego,
rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di
stretta contestazione (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).
Del resto costituisce principio consolidato che la motivazione in ordine alla
determinazione della pena base (ed alla diminuzione o agli aumenti operati per
le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) è necessaria solo quando la
pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale. Fuori di
questo caso anche l’uso di espressioni come “pena congrua”, “pena equa”,
“congrua riduzione”, “congruo aumento” o il richiamo alla gravita del reato o alla
capacità a delinquere dell’imputato sono sufficienti a far ritenere che il giudice
abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall’art. 133 c.p. per
il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al
“quantum” della pena.(Sez.2,n.36245 del 26/06/2009 Rv. 245596;
n.21294 de/20/03/2013, Rv.256197).

3

Sez.4,

decisione opposta (Sez.1, n. 3529 del 22/09/1993, Rv. 195339; sez. 2, n. 38383

I ricorrenti articolano, dunque, motivo che contrasta con tale giurisprudenza
costante, le cui ragioni non tentano di confutare adducendo specifici motivi nuovi
o diversi per sostenere l’opposta tesi, con conseguente inammissibilità ai sensi
dell’articolo 606 comma 3 cod. proc. pen.
4.- Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte
costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per
ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria

l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.500,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 22.4.2016

dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,

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