Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28420 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28420 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: DI STASI ANTONELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DRITA GENCI N. IL 06/02/1977
avverso la sentenza n. 888/2015 GIP TRIBUNALE di RIMINI, del
16/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI
STASI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di
Rimini ha applicato all’imputato la pena da questa richiesta, per il reato di cui
all’art.73 comma 4 d.P.R. n. 309/1990 perche deteneva illecitamente II
confezioni in plastica contenenti sostanza stupefacente del tipo marijuana.
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, per
il tramite del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento e lamentando la
carenza di motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Il ricorso è inammissibile.
2.

Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto

riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice
avrebbe applicato una pena eccessivamente gravosa.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte,
secondo cui l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e
125, comma 3, cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento,
rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una funzione
di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione.
Ne consegue che con riferimento alla motivazione in ordine all’entità della
pena, il relativo obbligo deve essere ritenuto assolto da parte del giudice quando
– come nel caso di specie – egli dia atto di avere positivamente effettuato la
valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del fatto,
dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della
congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della gravata sentenza, una
tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo di motivazione
è stato dunque rispettato (ex plurimis, sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489, rv.
215489).
3. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché
2

129 cod. proc. pen. e circa la determinazione della pena

quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende,
equitativannente fissata in C 2000,00.

R.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, 22.4.2016

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