Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28418 del 22/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28418 Anno 2016
Presidente: GRILLO RENATO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MUSUMECI GIUSEPPE N. IL 05/04/1953
avverso la sentenza n. 5430/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
20/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, che aveva condannato Giuseppe Musumeci
alla pena di anni uno e mesi due di reclusione per il reato di cui all’art. 8, commi 1 e 3,
d.lgs. 74/2000 (per avere emesso una fattura per operazioni inesistenti per consentire a
terzi di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto), ha dichiarato la recidiva solo
reiterata e ridotto la pena a mesi dieci di reclusione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato,

avendo emesso la fattura per operazioni inesistenti allo scopo di ottenerne lo sconto
bancario.
Ha proposto altro ricorso anche il difensore dell’imputato, lamentando violazione
di legge e vizio di motivazione, per l’insufficiente considerazione della consapevolezza del
ricorrente della rilevanza penale della sua condotta, avendo emesso la fattura oggetto
della contestazione nella prospettiva dell’affidamento di lavori edili, poi non verificatasi
per la sopravvenuta crisi del settore.
Il ricorrente ha depositato personalmente motivi aggiunti, lamentando l’omessa
escussione del mediatore della operazione illecita, ribadendo le ragioni che lo avevano
indotto ad emettere la fattura, e chiedendo, mediante ulteriore memoria, la dichiarazione
di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
La Corte territoriale ha adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento
della affermazione di responsabilità dell’imputato, sulla base delle dichiarazioni
dell’utilizzatore della fattura e degli altri accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza,
circa l’inesistenza delle operazioni cui la stessa si riferisce, ed escluso la particolare
tenuità del fatto in considerazione della entità della somma portata da tale fattura e del
conseguente danno arrecato all’erario.
A fronte di tale motivazione il ricorrente, in entrambi i ricorsi ed anche nei motivi
aggiunti, ha ribadito la propria buona fede, l’insufficienza della indagine circa la propria
consapevolezza della illiceità della condotta e la particolare tenuità del fatto, omettendo
qualsiasi confronto, tantomeno critico, con la motivazione della sentenza impugnata
(nella quale è anche stata esclusa la particolare tenuità del fatto in ragione della entità
della somma portata dalla fattura oggetto di contestazione, con motivazione sufficiente
quanto alla gravità del fatto), ed anche l’individuazione di vizi specifici del provvedimento
gravato, con la conseguente inammissibilità di tutte le censure a causa della loro
genericità.
I ricorsi devono, in conclusione, essere dichiarati inammissibili.

1

prospettando violazione di legge e vizio di motivazione e la particolare tenuità del fatto,

Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 1.500,00.
P.Q.M.

processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016
Il Consigliere estensore

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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