Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 28407 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 28407 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DRAZZA ANTONIO COSIMO N. IL 11/05/1981
avverso la sentenza n. 6294/2015 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di LECCE, del 11/11/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/04/2016

RILEVATO IN FATTO

Con sentenza emessa 1’11/11/2015 il G.I.P. del Tribunale di Lecce applicava
ad Antonio Cosimo Drazza, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni
tre di reclusione e 6.000,00 euro di multa, per i reati di cui ai capi A) e B) della
rubrica, commessi a Sant’Isidoro, frazione di Nardò, in data successiva al
14/07/2014.
Si contestava, in particolare, la ricettazione e la detenzione di una pistola

Polizia Forestale dello Stato di San Cataldo.
Avverso tale sentenza il Drazza ricorreva personalmente per cassazione,
deducendo vizio di motivazione, essendosi limitato il giudice a verificare la
correttezza della qualificazione giuridica effettuata dalle parti in sede di
patteggiamento, senza fornire ulteriori elementi valutativi sul compendio
probatorio acquisito, ai fini dell’esclusione delle cause di non punibilità di cui
all’art. 129 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’applicazione della pena su richiesta delle
parti è un meccanismo processuale in conseguenza del quale l’imputato e il
pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione tra le stesse e
sull’entità della pena. Da parte sua, il giudice ha il dovere di controllare
l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di
applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle
cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne discende che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena,
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché risultano coperti dal
patteggiamento; né può revocare la richiesta una volta ottenuto il consenso della
parte pubblica.
Nel caso di specie, le doglianze difensive proposte nell’interesse
dell’imputato appaiono prive di specificità e comunque manifestamente
infondate, in ragione del fatto che il G.I.P. del Tribunale di Lecce, oltre a
qualificare correttamente i fatti di reato contestati al Drazza ai capi A) e B) della
rubrica, si soffermava analiticamente sulle modalità e sugli esiti degli

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mitragliatrice M12 S2, precedentemente sottratte al Posto fisso del Corpo di

accertamenti investigativi da cui traeva origine il presente procedimento penale,
eseguiti dai Carabinieri del Comando provinciale di Lecce.
Si richiamavano, in tale ambito, le attività di intercettazione captate tra
Antonio Boris Arcati e Angelo Buccarella, dalle quali si evinceva che – dopo che
era stato eseguito il furto presso il Posto fisso del Corpo di Polizia Forestale dello
Stato di San Cataldo – il Drazza veniva incaricato di conservare l’arma in
contestazione dal Buccarella, venendo più volte citato nei colloqui intercettati con
il soprannome di “Antonio Pecuraru”. Sul contenuto di tali captazioni ci si

termini processuali tali da escludere la sussistenza di cause di non punibilità
rilevanti ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Questa motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc.
pen., risulta pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di
decisioni, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 3
del 25/11/1998, Messina, Rv. 212438).
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Antonio Cosimo
Drazza deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di
esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile
in 1.500,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.500,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 14/04/2016.

soffermava analiticamente nelle pagine 2 e 3 del provvedimento impugnato, in

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